giovedì 24 febbraio 2011

IO NON COSTRINGO, CURO

Appello dei medici e degli operatori sanitari
per la libertà di scelta sul testamento biologico e contro l'accanimento terapeutico




Promosso dalla Fp-Cgil e dalla Fp-Cgil Medici


io non costringo, curo

I medici e gli operatori sanitari non vogliono una legge che costringa a mantenere in vita con tecnologie straordinarie o sproporzionate chi ha deciso di rifiutarle in modo consapevole e non ha più una ragionevole speranza di recupero.

Non vogliono calpestare, per scelte legislative ideologiche, la deontologia professionale e la stessa Costituzione che garantiscono il rispetto della volontà dell'individuo sulle terapie da effettuare.

Non vogliono che l'idratazione e la nutrizione artificiale siano strumentalmente considerate nella legge come "pane ed acqua", in contrasto con la comunità scientifica internazionale e negando l'evidenza della necessità per la loro somministrazione di competenze mediche e sanitarie.

Vogliono invece poter lavorare secondo scienza e coscienza in una alleanza terapeutica con la persona assistita, alla quale devono sempre essere garantite la dignità e la decisione finale.



mercoledì 23 febbraio 2011

Libia: fermate la repressione





Le forze armate della Libia stanno usando mitragliatrici e caccia da combattimento contro i manifestanti pro-democrazia: migliaia di loro sono stati ammazzati e senza un'azione internazionale immediata la repressione potrebbe tramutarsi in un bagno di sangue nazionale.


L'Unione europea e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si sono riuniti d'emergenza sulla Libia. Hanno condannato la violenza, ma se riusciremo a farli passare dalle parole ai fatti, affinché si accordino per istituire una zona di non sorvolo sulla Libia, il congelamento dei beni di Gheddafi e dei suoi generali, sanzioni mirate contro il regime e l'avvio di un procedimento presso i tribunali internazionali per tutti gli ufficiali militari coinvolti nella repressione, ciò potrebbe fermare i bombardamenti aerei e dividere la struttura di comando di Gheddafi.


Non abbiamo tempo da perdere: le persone in Libia sono massacrate dal loro stesso governo. Clicca per mandare un messaggio direttamente a tutti i delegati del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, ai Ministri degli esteri dell'UE e all'Alto Rappresentante dell'UE per fermare la violenza, e fai il passaparola con tutti. Sproniamo l'ONU e l'UE ad agire ora inondandoli di messaggi.

Il colonnello Gheddafi ha comandato il paese da tiranno per 42 anni, senza parlamento né costituzione. E' il dittatore più longevo di tutta l'Africa e del Medio Oriente. Nessun giornalista straniero è potuto entrare in Libia, e il governo ha chiuso internet e la rete dei telefoni cellulari nel tentativo di nascondere la brutale violenza in corso. Ma i manifestanti, che chiedono il cambiamento del regime e i diritti fondamentali, dicono che migliaia di persone sono ancora per le strade nonostante migliaia di loro siano state massacrati. Il commissario ONU per i diritti umani Navi Pillay ha detto che gli attacchi da parte del governo "potrebbero essere considerati crimini contro l'umanità".


Sconvolti dalle atrocità, i diplomatici libici e alcuni alti comandanti dell'esercito hanno già disertato dal regime. Sia il Consiglio di Sicurezza dell'ONU che l'UE hanno chiesto la cessazione immediata della violenza, ma nessuno dei due finora ha agito. Se l'UE e l'ONU alzassero la pressione su Gheddafi e la sua corte - confiscando le loro ricchezze e minacciando di processarli - quelli che ora danno l'ordine di uccidere potrebbero ripensarci e fermare il bagno di sangue.


Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU si tiene ora in Brasile, un governo fortemente impegnato nei diritti umani nei confronti del quale Avaaz ha costruito una reputazione solida di impegno e attivismo. Non ci rimane molto tempo per convincere l'ONU e l'UE: inondiamo le loro e-mail di messaggi da tutto il mondo!


Le persone in Libia vengono ammazzate perché chiedono libertà, salute, educazione e un salario decente: bisogni primari che tutti noi condividiamo. Oggi alziamo le nostre voci da ogni angolo del mondo come comunità globale per condannare questi massacri vergognosi e insieme agiamo per fermare il bagno di sangue e sostenere il giusto appello al cambiamento dei libici.


Con speranza e determinazione,

Alice, Ricken, Pascal, Graziela, Rewan e tutto il team di Avaaz

martedì 15 febbraio 2011

Jeans sabbiati e "letali": la tecnica di scolorimento uccide i lavoratori

Prende il via oggi la Clean clothes campaign contro lo "sandblasting", il metodo di lavorazione del denim che causa la silicosi, grave malattia negli operatori del settore. Su Facebook gli utenti chiamati a diventare attivisti cambiando l'immagine del profilo


Per essere veramente bello un jeans deve essere un po' usurato. I dettami della moda ormai da alcuni anni impongono pantaloni che sembrano già usati in origine. Per questo molte case di moda utilizzano un trattamento detto sandblasting (sabbiatura), per scolorire i jeans e dargli l'effetto invecchiato. Una tecnica, però, molto pericolosa, per i lavoratori che possono contrarre in soli 6-24 mesi una forma acuta di silicosi, spesso letale. Lo denunciano le organizzazioni aderenti alla Clean clothes campaign, che da alcuni mesi hanno iniziato una campagna per dire basta all'uso di questa tecnica e da oggi lanciano un'iniziativa internazionale per l'abolizione dei jeans sabbiati.


I rischi per i lavoratori. L'esposizione alla silice provoca la silicosi ai polmoni quando i lavoratori inalano la polvere. La patologia è stata diagnosticata in associazione con la sabbiatura del denim per la prima volta in Turchia nel 2005. Un medico ha osservato che i lavoratori di sesso maschile, per lo più giovani, che avevano lavorato nelle fabbriche di jeans, contraevano la malattia. In precedenza, era stato loro erroneamente diagnosticata la tubercolosi. Fino ad allora, la silicosi era stata associata principalmente al lavoro nelle miniere e nei cantieri edili, nonché alla fabbricazione di vetro e ceramica. La malattia in genere si verifica dopo 20 o 30 anni di esposizione nel settore minerario. Tuttavia, se i lavoratori sono esposti a polveri intense si ammalano prima. In Turchia, i lavoratori della sabbiatura si sono ammalati anche dopo un periodo di tempo pari ai sei mesi.

I motivi della protesta. "Migliaia fra attivisti, medici, sindacalisti e organizzazioni per i diritti umani chiedono l'immediata eliminazione di questa tecnica", sostengono i promotori dell'iniziativa. "I produttori di denim hanno volontariamente ignorato i continui appelli di sindacati, organizzazioni per i diritti dei lavoratori e associazioni mediche. I grossi marchi internazionali della moda hanno rifiutato di instaurare un dialogo che portasse all'eliminazione definitiva del sandblasting dalle loro filiere di produzione, dimostrando molta più attenzione verso i loro interessi che verso i diritti dei loro lavoratori". La Clean clothes campaign, ribadiscono le associazioni, "chiede ai produttori che ancora vendono jeans sabbiati di eliminare tale tecnica dai loro stabilimenti con effetto immediato e invita i consumatori a prendere parte attivamente alla campagna comunicando alle imprese di abbigliamento la loro indisponibilità a comprare jeans assassini".


Alcuni marchi hanno già detto "basta". In Turchia, dove la tecnica è stata proibita nel 2009, gli attivisti hanno già intentato cause legali contro i marchi affinché vengano accertate le responsabilità per i danni provocati e vengano assicurate cure mediche e risarcimenti adeguati alle vittime del sandblasting. Alcune imprese come Levi-Strauss e Hennes & Mauritz (H&M) hanno annunciato che cesseranno la vendita di jeans sabbiati: "segno che un cambiamento di rotta è possibile", sostengono le associazioni-. Anche Gucci ha fornito una strategia chiara per abolire il sandblasting dai suoi stabilimenti. Mancano all'appello le altre imprese italiane contattate da Abiti Puliti che non hanno ancora espresso una posizione chiara e pubblica in tal senso".


La campagna di comunicazione virale. La campagna di "comunicazione virale" per sensibilizzare i consumatori sul tema sarà portata avanti attraverso diversi canali. Prima di tutto i cittadini saranno invitati a inviare una lettera di pressione ai più importanti marchi di moda e a firmare l'appello internazionale rivolto a imprese e governi. Attraverso il social network Facebook, inoltre, verrà chiesto agli utenti di cambiare l'immagine del proprio profilo con il logo della campagna e a inviare foto e video con lo slogan dell'iniziativa. Infine i consumatori critici potranno trasformarsi in veri e propri attivisti scaricando dal sito una "tasca virale" da ritagliare e infilare nei jeans sabbiati in vendita nei negozi alla moda.

lunedì 14 febbraio 2011

IRAN HUMAN RIGHTS: ALMENO 546 GIUSTIZIATI IN IRAN NEL 2010

Sono almeno 546 le persone giustiziate in Iran nel 2010, tra queste due minori e almeno 8 donne.


A rivelarlo è il Rapporto annuale stilato dalla Ong internazionale Iran Human Rights (Ihr) e presentato oggi in una conferenza stampa ad Oslo in Norvegia.

Secondo il documento si tratta del numero più alto di esecuzioni dal 2000 ad oggi. Un numero che, per il portavoce della Ong, Mahmood Amiry-Moghaddam, «è destinato a crescere nel 2011, superando di gran lunga il livello di allarme. Diversi prigionieri politici e non politici sono in imminente pericolo di esecuzione».

Delle 546 esecuzioni riportate nel rapporto, «solo il 57% è stato confermato da fonti ufficiali» mentre i restanti casi sono stati riferiti «da fonti interne all'Iran, tra cui diverse organizzazioni per i diritti umani», ha precisato Ihr.


Gran parte delle esecuzioni non confermate ufficialmente ha avuto luogo nella provincia del Razavi Khorasan - nell'Iran nordorientale - in particolare nel penitenziario della città di Mashhad. Lì, secondo fonti interne al carcere, nel solo periodo di febbraio-aprile sono stati giustiziati 50 prigionieri. Mentre, in tutto il Paese, il mese con il più alto numero di casi è stato quello di agosto, quando circa 200 persone sono stare messe a morte.

Il 66% dei giustiziati era stato accusato di traffico di droga, mentre il 13% era stato arrestato con l'accusa di essere «nemico di Dio, ovvero coinvolto in scontri armati contro le autorità».

L'Ong ha evidenziato che solo nel 32% dei casi le autorità hanno fornito nome e cognome di chi è stato messo a morte. Rispetto al 2009, sono state giustiziate quasi 150 persone in più e - è l'allarme di Ihr - nel 2011 potrebbe andare ancora «peggio» visto che nel mese di gennaio già «85 prigionieri» sono stati messi a morte.

“Chiediamo alle Nazioni Unite di inviare immediatamente un suo Special Rapporteur in Iran”, ha aggiunto Amiry-Moghaddam.

domenica 13 febbraio 2011

17 marzo

Noi Italiani – 17 marzo: conosciamo il dolore di aver perduto l’Italia e il costo di averla ritrovata.
Bruno Di Porto su Moked

sabato 12 febbraio 2011

Commemorazione di David Kato

L’Associazione Radicale Certi Diritti e la Compagnia del Teatro dell’ Elfo, in scena con ‘Angels in America’ (fantasia gay su temi nazionali), testo – manifesto di battaglie per i diritti civili, terranno al Teatro Valle di Roma (Via del Teatro Valle, 21) una commemorazione – ricordo di David Kato Kisule, omosessuale ucciso in Uganda, dall’odio e dal pregiudizio.


L’invito a partecipare al ricordo della figura di David Kato Kisule, membro iscritto dell’Associazione Radicale Certi Diritti, è rivolto a personalità e rappresentanti di Associazioni con l’obiettivo di valorizzare l’impegno per la promozione e la difesa dei diritti civili e umani.

I testi e gli interventi verranno raccolti e condivisi con la Smug (Sexual Minorities Uganda), organizzazione di cui era dirigente David Kato Kisule.



CON LA PARTECIPAZIONE, TRA GLI ALTRI, DI:

EMMA BONINO, Vice Presidente del Senato; LUIGI MANCONI, sociologo; OUATTARA’ GUISSOU, Movimento Africani; VLADIMIR LUXURIA, artista; IVAN SCALFAROTTO, Vice Presidente Assemblea nazionale del Pd; AMALIA MACRI’, Responsabile Coordinamento Discriminazione Sessuale – LGBT Amnesty International - Sezione Italiana; PAOLO PATANE’, Presidente di Arcigay; RITA BERNARDINI deputata radicale, Presidente di Certi Diritti;; IMMA BATTAGLIA, Presidente DiGayProject; ROCCO BERARDO, Consigliere Regionale Lista Bonino Pannella, Federalisti Europei – Regione Lazio; MARIO STADERINI, Segretario Radicali Italiani; ELIO POLIZZOTTO, Non c’è Pace Senza Giustizia; SERGIO STANZANI, Presidente del Partito Radicale Nonviolento; MAURIZIO TURCO, deputato Radicale – Pd; ELISABETTA ZAMPARUTTI, deputata Radicale – Pd; ANDREA RUBERA, Nuova Proposta;, Segretario Associazione Radicale Certi Diritti.



CON, TRA LE ALTRE, LE ASSOCIAZIONI:

NON C’E’ PACE SENZA GIUSTIZIA - AGEDO - PARTITO RADICALE NONVIOLENTO - CIRCOLO MARIO MIELI - AMNESTY INTERNATIONAL, SEZIONE ITALIANA; RADICALI ROMA - ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI – ARCIGAY - NESSUNO TOCCHI CAINO – ASSOCIAZIONE DIGAYPROJECT - RADICALI ITALIANI - NUOVA PROPOSTA, DONNE E UOMINI OMOSESSUALI CRISTIANI.

David Kato Kisule era uno dei più importanti esponenti dell'organizzazione SMUG (Sexual Minorities Uganda), principale rappresentate del movimento gay ugandese. Grazie all’impegno di Elio Polizzotto e dell’Ong Non c’è Pace Senza Giustizia, David era stato ospite lo scorso novembre ai lavori del IV Congresso dell’Associazione Radicale Certi Diritti, dove aveva raccontato delle persecuzioni e di veri e propri linciaggi, di cui sono vittime le persone lesbiche e gay in Uganda, promosse da organizzazioni evangeliche del fondamentalismo religioso.

Il 16 ottobre 2010 la rivista ugandese Rolling Stones pubblicò in prima pagina le foto di 100 attivisti omosessuali (o presunti tali) ugandesi chiedendone l’arresto. Tra le 100 foto vi era anche quella di David Kato Kisule, l’esponente più noto del movimento. Il clima di odio contro le persone omosessuali è alimentato dal fondamentalismo religioso dei predicatori evangelisti che trovano terreno molto fertile tra la popolazione che vive nella miseria e nella disperazione.


Molte Ong internazionali si erano mobilitate in diversi paesi del mondo contro questa barbarie. Il Parlamento Europeo, grazie alla campagna internazionale di Non c'è Pace Senza Giustizia, aveva approvato una Risoluzione di condanna nei confronti dell'Uganda. David era stato anche audito dalla Sottocommissione Diritti Umani del Parlamento Europeo dopo aver partecipato a Roma al Congresso di Certi Diritti.

David con molto coraggio e determinazione aveva avviato una iniziativa legale contro la rivista “Rolling Stones” e lo scorso 7 gennaio l’Alta Corte ugandese aveva condannato la rivista per violazione della legge sulla privacy, difendendo le persone gay perseguitate. L’Alta Corte aveva dichiarato che nessuna delle persone la cui foto era stata pubblicata, aveva commesso reati, previsti dal codice penale ugandese per le persone omosessuali. In quell’occasione è stata anche ordinata la chiusura immediata della rivista.

David Kato, nel suo soggiorno a Roma, aveva raccontato di come la situazione in Uganda fosse divenuta per gli attivisti omosessuali molto pericolosa. Durante le udienze in Tribunale era protetto da volontari delle Ong internazionali che seguivano il processo e difeso da diplomatici di ambasciate occidentali che lo avevano salvato da diversi tentativi di linciaggio perché riconosciuto dalla folla inferocita.

L’Associazione Radicale Certi Diritti, insieme alle Associazioni e Ong Smug (Sexual Minorities Uganda), Human Rights Watch, Global Rights, Global LGBT Advocacy, Npwj, ha chiesto che il Governo si assuma le proprie gravi responsabilita’ per non essere intervenuto per fermare la campagna di odio e di violenza contro la comunita LGBTI e per proteggere gli attivisti in pericolo in Uganda, adoperandosi quanto prima ad avviare un clima di tolleranza e di dialogo tra le autorità e le organizzazioni politiche e religiose.

Ricorderemo inoltre il suo impegno anche durante i lavori del XXXIX Congresso del Partito Radicale Nonviolento, transnazionale e transpartito che si svolgeranno a Chianciano dal 17 al 21 febbraio 2011 al quale David avrebbe dovuto partecipare.

www.certidiritti.it - segretario@certidiritti.it

martedì 8 febbraio 2011

TUNISIA: HUMAN RIGHTS WATCH VISITA PRIGIONI

Il governo provvisorio tunisino ha permesso all’organizzazione Human Rights Watch di visitare due prigioni del Paese, mettendo fine a un divieto durato 20 anni che impediva alle Associazioni per i diritti umani di accedere alle prigioni.

una delegazione di HRW composta da due persone ha visitato Bourj er-Roumi, una prigione vicino alla città di Biserta. Il giorno prima, la delegazione aveva visitato la prigione di Mornaguia, la più grande della Tunisia.

“Consentendoci di entrare, il governo transitorio della Tunisia ha fatto un passo nella direzione della trasparenza che speriamo verrà esteso anche alle associazioni locali”, ha dichiarato Eric Goldstein, vice direttore di HRW per Medioriente e Nord Africa.

“Il governo transitorio deve inoltre mettere fine al disumano trattamento dei detenuti praticato dall’ultimo governo”.

Per Human Rights Watch il governo transitorio dovrebbe ora consentire ai 140 prigionieri del braccio della morte di ricevere visite di familiari, oltre a ridurre il problema del sovraffollamento cercerario.

Una delle prime promesse del governo transitorio è stata quella relativa ad una imminente amnistia per tutti i prigionieri politici.

Un funzionario del Ministero della Giustizia ha detto a HRW che i condannati a morte in Tunisia sono 140, la metà dei quali è rinchiusa nel carcere di Mornaguia, 14 km ad ovest della capitale.

Sempre il Ministero della Giustizia fa sapere che al momento dell’insediamento da parte del governo provvisorio, i prigionieri per motivi di natura politica sono poco più di 500.

sabato 5 febbraio 2011


Ieri, giovedì 3 febbraio, due rappresentanti di Amnesty International in missione in Egitto sono stati arrestati al Cairo, dopo un’irruzione della polizia militare nell’edificio in cui si trovavano.


I nostri colleghi sono stati condotti, insieme a un delegato di Human Rights Watch e ad altri attivisti per i diritti umani, in un luogo sconosciuto del Cairo e al momento non abbiamo informazioni sulla loro sorte. Sono migliaia le persone detenute dall’inizio delle proteste in Egitto, represse con una durezza estrema che ha causato numerosi morti e feriti.

La violenza scatenatasi in questi ultimi giorni sembra sia stata orchestrata dalla autorità per soffocare le manifestazioni che chiedono profonde riforme dopo 30 anni di stato d'emergenza e per colpire chi segue queste proteste.

Le autorità egiziane devono garantire il diritto di manifestare pacificamente senza ricorrere alla violenza o arrestare attivisti per i diritti umani e giornalisti.

Firma e diffondi gli appelli per la liberazione degli attivisti e dei giornalisti arrestati e per i manifestanti che rischiano violenze e arresti arbitrari !

Grazie per il tuo aiuto.


Annunziata Marinari

Coordinatrice Campagna "Individui a rischio"

Amnesty International - Sezione Italiana

giovedì 3 febbraio 2011

L'onda lunga della rivoluzione popolare


Milioni di egiziani coraggiosi si trovano di fronte a una scelta che segnerà il loro destino. In migliaia sono stati arrestati, feriti o uccisi nei giorni scorsi. Ma se continueranno le loro proteste pacifiche, potrebbero porre fine a decenni di tirannia.

I manifestanti hanno chiesto la solidarietà internazionale, ma la dittatura è consapevole della potenza dell'unione in momenti come questi, e infatti hanno cercato disperatamente di tagliare le comunicazioni degli egiziani con il resto del mondo e fra di loro spegnendo internet e i cellulari.

Le comunicazioni via satellite e via radio possono però ancora sfondare il blackout imposto dal regime: inondiamo quelle frequenze con un grido enorme di solidarietà per dimostrare agli egiziani che noi siamo dalla loro parte, e che chiederemo ai nostri governi di fare altrettanto. E' un momento decisivo, e ogni ora è cruciale: firma il messaggio di solidarietà.

Il potere dei cittadini si sta diffondendo in tutto il Medio Oriente. Nel giro di pochi giorni i manifestanti pacifici in Tunisia hanno abbattuto una dittatura che durava da 30 anni. Ora le proteste si sono propagate in Egitto, Yemen, Giordania e oltre. Questo potrebbe essere l'abbattimento del muro di Berlino del mondo arabo. Se la tirannia cadrà in Egitto, un'ondata di democrazia potrebbe inondare l'intera regione.


Il dittatore egiziano Hosni Mubarak ha provato ad annientare le manifestazioni. Ma con un coraggio e una determinazione incredibili, i manifestanti non si sono fermati.

Ci sono momenti in cui la storia è scritta non dai potenti, ma dalla gente. E questo è uno di quelli. Le azioni di egiziani comuni nelle ore a venire avranno conseguenze enormi in tutto il paese, nella regione e nel mondo. Salutiamoli con la promessa di stare dalla loro parte in questa battaglia.

La famiglia di Mubarak ha lasciato il paese, ma la scorsa notte ha ordinato ai militari di occupare le strade. Ha minacciosamente promesso tolleranza zero per quello che lui chiama "caos". In ogni caso, la storia sarà scritta nei prossimi giorni. Approfittiamo di questo momento per dimostrare a tutti i dittatori del mondo che non potranno durare a lungo contro il coraggio dei popoli uniti.

Con speranza e ammirazione per gli egiziani,


Ricken, Rewan, Ben, Graziela, Alice, Kien e il resto del team di Avaaz