lunedì 29 settembre 2008

Rosh HaShanà 5769


"Abbattiamo gli ostacoli alla reciproca comprensione”


Il giorno di Rosh ha-Shanà, il Capodanno ebraico, celebra, secondo la tradizione, il principio dell’esistenza di tutto il creato e l’inizio della storia dell’umanità.
E’ quindi una solennità non solo ebraica, ma universale, destinata a ricordare che tutto è stato creato dal D.o unico e che tutto il genere umano discende dal primo uomo al quale D.o volle infondere, con un unico gesto, la vita, l’afflato spirituale e la capacità di distinguere il bene dal male.
La concezione monoteistica dell’ebraismo fa discendere direttamente, dall’intuizione del D.o unico, l’unicità della condizione umana.
Tutta l’umanità, che fu unita alla nascita, potrà, nel tempo, ricomporre questa unità solo quando la giustizia regnerà sulla terra.
L’aspirazione alla Giustizia è un elemento essenziale dell’ebraismo, tanto che il Rosh ha-Shanà, il Capodanno, viene anche definito lo Yom ha-Din, il giorno del Giudizio, non solo per gli ebrei, ma per tutti gli uomini e per tutti i popoli. E’ questa un’ulteriore riaffermazione dell’unità e dell’uguaglianza di tutti gli uomini al cospetto di D.o, senza distinzioni etniche, culturali o nazionali.
In questo giorno viene riproposta, come principio fondamentale del vivere civile, la fratellanza umana che fu già posta da D.o all’inizio della creazione.
Nel mondo di oggi, nel quale esistono diverse nazionalità, diverse religioni, diverse tradizioni, si fa sempre più pressante l’esigenza di conciliare l’identità e il senso di appartenenza di ognuno, con lo spirito di fratellanza.
La travagliata storia del genere umano e la sua condizione attuale mostrano quanto diffuse siano le violenze, le guerre, le sopraffazioni e le situazioni di sfruttamento dell’uomo sull’uomo e quanto l’umanità si sia allontanata dal modello divino originario.
Ancora maggiore è il turbamento che ci assale, quando ingiustizie ed efferatezze vengono perpetrate con l’inaccettabile motivazione di imporre agli altri la propria fede religiosa, che così non viene più vissuta come regola morale, ma viene degradata a ideologia che si tenta di far prevalere a tutti i costi e con tutti i mezzi.
L’augurio, per questo anno 5769 che sta per cominciare, è che l’introspezione e la riflessione individuale e collettiva ci consentano di riconoscere e di eliminare dal nostro animo e dalle nostre menti qualsiasi ostacolo alla reciproca comprensione, alla reciproca accettazione e al riconoscimento della pari dignità.
Pur nella saldezza delle proprie convinzioni, ognuno di noi deve avvicinarsi all’altro senza superbia, ma con modestia, apertura e disponibilità ad ascoltare, ad imparare e ad arricchirsi dell’intelligenza altrui.
Tutto ciò non dovrebbe essere impossibile, fra popoli e individui che dichiarano di credere nell’unicità e nell’onnipotenza del Creatore e che, quindi, non possono che confidare nell’immutabilità dei principi che Egli stesso pose nel momento in cui iniziò la sua opera prodigiosa.


Renzo Gattegna (Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane)


Un buon anno anche da parte mia.

sabato 27 settembre 2008

Non è ammessa una terza possibilità


Il 17 settembre il tribunale di Catania ha assolto il giovane Rom che il 15 maggio era stato accusato di avere tentato di rapire, assieme ad una ragazza Rom, una bimba di tre anni nell'area di parcheggio di un ipermercato di Catania. L'episodio, forse lo ricorderete, aveva scatenato dei veri e propri pogrom a Ponticelli, con violenze e distruzione dei campi Rom. La sentenza del tribunale sembra ora considerare questa accusa come totalmente falsa. Significativo che la stampa, che aveva dato molto spazio al presunto rapimento, non dia alcuna pubblicità a questa sentenza assolutoria. I casi sono solo due: o i tribunali italiani assolvono i rom che tentano di rapire i bambini, o l'accusa è falsa, il risultato di paure alimentate da leggende e superstizioni. Tertium non datur.

Anna Foa, storica


(Nella foto: Bandiera Rom)

giovedì 25 settembre 2008

Proteggi la tua libertà di scelta


Domani giornata mondiale della contraccezione. Da quello che si legge riguardo ai sondaggi che periodicamente sono somministrati a giovani e meno giovani, l’ignoranza e la superficialità regnano sovrane. Educazione e informazione vicina allo zero. Un’interessante indagine riguardo al funzionamento dei consultori si può trovare su: Agenda Coscioni il mensile dell’Associazione Luca Coscioni, su 186 consultori intervistati in otto province d’Italia, soltanto 42 prescrivono la pillola del giorno dopo e ben 144 non offrono il servizio, pari al 77% del totale. Inoltre sul sito dell’associazione è possibile firmare un appello in cui si chiede che in Italia, così come in altri Paesi europei, si abbia la possibilità di acquistare la pillola del giorno dopo in farmacia senza ricetta medica, per chiunque in forma anonima e gratuitamente per le minorenni. Un’altra iniziativa utile e interessante dell’associazione è quella del soccorso civile, una serie di numeri di telefono attivati per ora solo in alcune province per ricevere assistenza immediata e inoltre consigli utili per dribblare l’ostruzionismo di medici, farmacisti, strutture ospedaliere e distrettuali. Liberi dall'ignoranza, liberi di scegliere.

martedì 23 settembre 2008

Bigiotteria stellare


Divisione di Guerin, separazione di Huygens, R/2004 S2, divisione di Keeler e tutti gli altri simpatici anelli che nel giro di pochi milioni di anni si disperderanno su Saturno, sembra abbiano barato sull'età infatti secondo un recente studio che verrà presentato al congresso europeo di scienze planetarie, in Germania, questi piccoli avanzi di collisioni satellitari sono vecchi di miliardi di anni. E io che mi ero bevuto la storia... Quando si dice la vanità.

lunedì 22 settembre 2008

Inizio democratico


Il nostro Primo Ministro durante il suo soggiorno parigino mentre riceveva il premio “Uomo dell’anno” dall’associazione Keren Hayesod si lascia andare ad una dichiarazione in cui paragona il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad a Hitler. Protesta ufficiale dell’Iran, nostro ambasciatore a Teheran convocato dal ministro degli esteri iraniano, risposta ferma della Farnesina anche se con un occhio al fatto che il volume degli interscambi commerciali italia-Iran ha raggiunto nel 2007 quota 5,7 miliardi di euro. Tutto bene quindi, una volta tanto ci facciamo sentire e chiamiamo le cose con il loro nome senza ritrattare subito dopo? Sembrerebbe di sì, almeno fino a quando non si legge parola per parola la dichiarazione del Nostro: ”Credo che dovremmo avere tutti la massima attenzione verso le follie di chi arriva a dire che bisognerebbe cancellare Israele dalle carte geografiche. Già una volta c’era un tal signore che all’ inizio sembrava un democratico e che poi ha fatto quel che ha fatto e voi sapete a chi mi riferisco”.
Avete capito bene all’inizio Hitler sembrava un democratico. Si è iniziato con la riabilitazione del fascismo si continua con frasi come queste che non ricevono alcuna attenzione né, tantomeno, nessuna critica. Non butta niente bene.
(Nella foto: rogo dei libri nel 1933)

sabato 20 settembre 2008

Naturali aspirazioni


Se pensavate di farvi qualche tirata elettronica, forse è il caso che desistiate. L’OMS, organizzazione mondiale della sanità, ci mette in guardia dall’uso delle sigarette elettroniche ponendo dei dubbi sulla loro sicurezza e mettendo in discussione il fatto che aiutino a smettere di fumare.
Prodotte soprattutto in Cina le sigarette elettroniche vengono vendute prevalentemente in Internet sono composte da un tubicino di metallo con una camera che contiene nicotina liquida in un serbatoio ricaricabile.
L’OMS dichiara che non c’è nessun appoggio né sostegno dell’organizzazione a questo prodotto come falsamente riportato da alcuni produttori.
Quindi è meglio tenersi lontani dal fumo elettronico e più in generale dal fumo. Se non ci si riesce o non si vuole è meglio utilizzare il buon vecchio tabacco, da ex fumatore consiglierei un buon sigaro, toscano, cubano, dominicano … la scelta come la salute e vostra.

venerdì 19 settembre 2008

Far breccia


Come celebrare il 20 settembre 1870? Un buon modo è quello di seguire il convegno, che si tiene a Londra : "Roma, 20 settembre 1870: data epocale del mondo contemporaneo? Eredità e attualità dello stato laico".

Credo che sia giunta di gran tempo l’ora di sottolineare che il 20 settembre 1870 (data della Breccia di Porta Pia e della liberazione di Roma dal potere pontificio) ha avuto un significato e un valore grande nella storia europea ed internazionale, sul piano istituzionale, politico, laico e religioso.
Il fatto è che da tempo le tradizionali celebrazioni (e non-celebrazioni!) del XX Settembre, a Porta Pia e con convegni Radicali, mi sembravano improprie, troppo “nazionali” e troppo poco europee (e oltre), come dovrebbero essere. Ora, all’improvviso, abbiamo deciso di rompere gli indugi: vorremmo celebrare questa data a Londra, con un primo Convegno di studio e di riflessione, di rilancio del valore europeo che ebbe nel mondo politico, culturale e religioso europeo e in particolare britannico, fra 3 settimane, il 20 Settembre 2008.
Visto il pochissimo tempo per organizzare questo appuntamento, pensiamo ad una giornata di lavori con presenze limitate e selezionate (semmai trasmettendolo in diretta in Italia su Radio Radicale, e ponendolo nei vari siti Internet nelle versioni inglese oltre che italiana, e fors’anche in francese).
Per sede possibile pensiamo a un ambiente londinese del Parlamento Europeo, a un’ospitalità parlamentare o universitaria, a quella di un Club Liberale… o di altra area politica che fosse disponibile e preferibile. Inviteremmo membri della Camera dei Comuni e dei Lord, oltre ai parlamentari del R. U. del Parlamento Europeo.
Temi possibili sono infiniti. L’imbarazzo della scelta è quindi grande, e da risolversi in base alle disponibilità ed alla condivisione delle utilità di questo rilancio di attualità della storia europea in relazione al Risorgimento liberale Italiano. Provo a compitarne alcuni: “Cause e conseguenze europee (o britanniche, o francesi, o austriache ecc…) del 20 Settembre italiano e della fine degli Stati Pontifici”; “Ernesto Nathan londinese e romano: radici culturali e politiche familiari e britanniche, vicenda storica italiana”; “Lord Acton e gli eventi religiosi e politici degli anni ‘860 e ‘870 pontifici e italiani”; “Cause e conseguenze in Europa, nel mondo politico, in quello religioso (in particolare cattolico, evangelico, anglicano), in quello massonico e laico”; “Cause e conseguenze francesi del 20 settembre 1870, dell’Unità italiana e della Terza Repubblica”…
Ci rendiamo perfettamente conto – credo che non sia difficile immaginarlo – della difficoltà di “improvvisare” questo inizio di impresa, nelle condizioni di tempo e di mezzi nelle quali ci troviamo. Abbiamo ritenuto necessario affrontarne il rischio e costi. Il ne s’agit plus de savoir si l’eau est froide, il faut traverser le courant.

Di Marco Pannella

giovedì 18 settembre 2008

REAGIRE

Ho saputo ora grazie a Calendula. Quello che leggete di seguito è una mail di protesta mandata da una mamma al servizio clienti del Carrefour.

Email che fanno male.
Alla CA. Gentile Direzione Carrefour di Assago
Mi chiamo Barbara e sono la mamma orgogliosa di un bambino autistico di quattro anni.Nel Vostro sito, leggo della Vostra missione e soprattutto del Vostro impegno nel sociale.“La nostra capacità di integrarci con il territorio in cui siamo presenti, di comunicare con le istituzioni locali e di sostenere progetti sociali e associazioni umanitarie si riscontra attraverso azioni concrete:• Finanziamento della ricerca contro alcune malattie del XXI secolo• Sostegno alla giornata nazionale indetta dal Banco Alimentare per la raccolta di generi alimentari• Sostegno di iniziative umanitarie di vario tipo”Lasciatemi dire che oggi nel punto vendita di Assago avete sfiorato la discriminazione punibile per legge.Era previsto un evento che mio figlio aspettava con ansia: il tour delle auto a grandezza reale del film Cars.Vestito di tutto punto con la sua maglietta di Cars, comprata DA VOI, oggi l’ho portato, emozionatissimo, ad Assago. Vista la posizione di Saetta, ci siamo avvicinati per fare una foto. Click, click, click, bimbo sorridente a lato della macchina. Avevate previsto un fotografo, sui sessant’anni, sembrava un rassicurante nonno con una digitale da 2000 euro, collegata a un pc dove un quarantacinquenne calvo digitalizzava un volantino carinissimo con le foto dei bimbi di fronte a Saetta, stampate all’interno della griglia di un finto giornale d’auto. Una copertina, insomma, che i bimbi chiedevano a gran voce e avrebbero poi incorniciato in una delle costose cornici in vendita nel Vostro reparto bricolage. Chiaramente, il mio biondino, che purtroppo per la sua malattia non parla (ancora), mi ha fatto capire a gesti che gli sarebbe piaciuto. Per quale ragione non farlo? Semplice, lo avrei capito dopo poco.Attendo il turno di mio figlio, con estrema pazienza, e senza disturbare nessuno. Ci saranno stati una ventina di bambini, non di più. Non cento, una ventina.Arriva il turno del mio piccolo, e non appena varca la transenna, resta il tempo di ben DUE SECONDI girato verso il suo idolo a grandezza naturale, invece di fissare l’obiettivo del fotografo. Mi abbasso, senza dar fastidio alcuno, scivolo sotto la corda e da davanti, chiedo a mio figlio di girarsi. Il fotografo comincia ad urlare “Muoviti! Non siamo mica tutti qui ad aspettare te” Mio figlio si gira, ma non abbastanza secondo il “professionista”. Gli chiedo “Per favore, anche se non è proprio dritto, gli faccia lo stesso la foto…” “Ma io non ho mica tempo da perdere sa? Lo porti via! Vattene! Avanti un altro, vattene!” Un bambino a lato urla “Oh, mi sa che quello è scemo” e il vostro Omino del Computer, ridendo “Eh, si! Vattene biondino, non puoi star qui a vita!” Mio figlio, che non è SCEMO, non parla ma capisce tutto, sentendosi urlare dal fotografo, da quello che digitalizzava le immagini e dalla claque che questi due individui hanno sollevato ed aizzato, si mette a piangere, deriso ancora dal fotografo che lo fa scendere dal piedistallo di fortuna che avete improvvisato davanti alla macchina, facendolo pure inciampare. A nulla valgono le imbarazzate scuse della guardia giurata,che poco prima aveva tranquillamente familiarizzato con mio figlio. L’umiliazione che è stata data dai Vostri incaricati, che avrebbero dovuto lavorare con i bambini, a un piccolo di quattro anni che ha la sfortuna di avere una sindrome che poco gli fa avere contatto visivo con il resto del mondo e non lo fa parlare, è stata una cosa lacerante. In lacrime, con il torace scosso dai singhiozzi, umiliato, deriso, leso nella propria dignità di bambino non neurotipico. Una signorina, con la Vostra tshirt, mi si è avvicinata per chiedermi cosa fosse successo. Alla mia spiegazione, dopo averle detto che il piccolo aveva una sindrome autistica, mi ha detto “Ma se non è normale non lo deve portare in mezzo alla gente“.Son stata talmente male da non riuscire a reagire, ho dovuto uscire all’aria aperta, con il bambino piangente, per prendere fiato dopo tanta umiliazione.Ho pianto. Dal dolore.Questo è l’articolo 2 comma 4 della legge 67 del 1 Marzo 2006, a tutela dei soggetti portatori di handicap:-Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti.Vorrei sapere come intendete agire, se con una scrollata di spalle come i Vostri dipendenti, di fronte a un trauma che avete fatto subire ad un bambino che già dalla vita è messo ogni giorno a dura prova.Manderò questa mail in copia alla segreteria dell’onorevole Carfagna, e alla redazione di Striscia la Notizia, oltre a pubblicarla sul mio sito personale.Tacere non ha senso, e ancora minor senso hanno le umiliazione che io e mio figlio abbiamo subito oggi.Firma.

Io ho inviato al servizioclienti@carrefour.com la seguente mail:

Egregi Signori,
Ho appreso del terribile trattamento riservato ad un bambino autistico nella vostra filiale di Assago, durante il " tour delle auto a grandezza naturale del film Cars".
Sono indignato e sgomento, spero vivamente che siano già stati presi seri provvedimenti, nei confronti del fotografo, dell'addetto al pc e della hostess che si sono rivolti alla madre e soprattutto al bambino con parole ignobili e offensive.
Mi chiedo se la vostra azienda abbia un responsabile delle risorse umane, e se si, in cosa sia impegnato visto che avvengono simili fatti.
Spero di avere presto notizie confortanti dalla mamma del bambino.
Resto in attesa di vostro cenno di riscontro, che mi auguro giunga al più presto e non risulti stereotipato e di facciata. Nel frattempo inizierò il boicottaggio dei vostri centri. Distinti saluti.

Vi invito a copiarla, oppure fate con parole vostre l’importante che inviate, inviate, inviate e fate inviare, ci conto. Non mollare.

Una mano santa



Beni Vaticani: abusi, sequestri, confisca di notizie. L’amara confidenza di Udo Gumpel

di Valter Vecellio


Cominciamo con una notizia. Una notizia che la maggior parte degli italiani ignora, perché fa parte di quelle notizie che non sono “divertenti”, e dunque non merita gli onori della cronaca.
Giorni fa a Roma si è scoperto un nuovo, clamoroso, abuso edilizio nella centralissima via della Pigna, nel palazzo Maffei-Marescotti, sede del Vicariato. Ai vigili, mandati dal sindaco Gianni Alemanno, che avevano il compito di verificare “lo stato dell’arte” della costruzione, è stato impedito l’accesso; e questo nonostante il palazzo in questione non goda del regime dell’extraterritorialità. L’abuso in questione non è il solo. Di fronte al vicariato, è stata costruita una “villetta” di circa 130 metri cubi, ricavandola dall’allargamento di una vecchia lavanderia. Anche in questo caso la proprietà è oltretevere.

Andiamo a Salerno, altra notizia non “divertente”. La procura dispone il sequestro di parte dei fondi dell’8 per mille versati dalla CEI alla diocesi campana. Dopo aver aperto il capitolo dell’albergo “Angellara home” (la trasformazione di un’ex colonia per bambini poveri in hotel di lusso) ci si è concentrati su operazioni immobiliari compiute dalla diocesi nel centro storico di Salerno, il convento Montevergine e il convento San Michele. Un’inchiesta importante, e per questo, a parte i giornali locali, ignorata; come non ci fosse.

Bisognerà ricordare alle eminenze quello che papa Benedetto XVI ebbe a dire il 28 maggio di quest’anno: “Una assoluta rettitudine nella gestione dei beni ecclesiastici è tra i principali insegnamenti lasciati alla chiesa da San Gregorio Magno, che ha impartito precise istruzioni affinché i beni della chiesa, utili alla sua sussistenza e alla sua opera di evangelizzazione nel mondo, fossero gestiti con assoluta rettitudine e secondo le regole della giustizia e della misericordia…”.

Più vicini a noi. Il cardinale emerito di Milano Carlo Maria Martini sferza impietoso la Chiesa, affetta del “vizio della vanagloria, del vantarsi. Ci piace più l’applauso del fischio, l’accoglienza della resistenza. E potrei aggiungere che grande è la verità nella Chiesa. Si mostra negli abiti. Un tempo i cardinali avevano sei mesi di coda di seta. Ma continuamente la chiesa si spoglia e si riveste di ornamenti inutili. Ha questa tendenza alla vanteria”.

Udo Gumpel è corrispondente della TV tedesca. A Curzio Maltese, autore di un bel libro inchiesta sulle finanze del Vaticano (con la collaborazione di Carlo Pontesilli e Maurizio Turco. Feltrinelli editore), Gumpel confida: “Voi giornalisti italiani siete capaci di scrivere poemi sull’ultima mezza cartuccia della politica e ignorate l’influenza della Chiesa…Avete San Pietro in casa e nell’archivio RAI non ho trovato un’inchiesta sul Vaticano, soltanto messe e interviste ai vescovi. Se scoppia uno scandalo come la pedofilia, dovete comprare i documentari dalla BBC”.

Soltanto messe e interviste ai vescovi. Ecco un buono spunto per chi si trova in commissione parlamentare di vigilanza. Sempre che una commissione di vigilanza venga messa in condizione di operare.

Fonte: Notizie Radicali

mercoledì 17 settembre 2008

Memoria


Il lager che rischia di diventare un negozio di mobili


Lo scrittore sloveno Pahor assieme a storici e associazioni friulane: fermare le speculazioni sul campo di Visco


Memoria Il vicesindaco: cerchiamo investitori. E dove venivano rinchiusi i deportati si addestrano cani da valanga


VISCO (Udine) — Il lager... «Innanzi tutto non era proprio un lager: era un campo di concentramento... ». Giuseppe Veteri, che a Visco fa da trentacinque anni il medico e da un po' meno il vicesindaco, ha idee chiare più sul futuro che sul passato del suo paese. Lì, dove il fascismo nel 1943 internò tremila jugoslavi che aveva rastrellato a colpi di lanciafiamme, e molte erano donne e centoventi erano bambini, lì dove stavano filo spinato e torrette e scheletri, dove sfiniti ne morirono «solo» venticinque perché poi arrivò l'8 settembre a liberare tutti, lì dove si sparava a vista e si faceva la fame nera e raccontano i reduci che « gi lava al sanc in aga », il sangue andava in acqua, lì dove si consumò un po' di quella pulizia etnica che a Gonars, Arbe, Monigo, Colfiorito uccise settemila slavi a lungo dimenticati dalla storiografia e dalla retorica del buon soldato italiano, in quello lì che insomma non era proprio un lager, il dottor Veteri s'è stufato: «Basta menare il can per l'aia e stare a controllare ogni mattone, che cos'era del campo e che cosa no, perché mantenere quella roba sono un sacco di soldi che pesano sui contribuenti e almeno un pezzo bisogna alienarlo, valutare le opportunità, trovare una destinazione... ».
Ma è vero che avete variato il piano regolatore per dare la licenza a un mobilificio, a qualche palazzinaro, magari a un magazzino merci che sfrutti l'autostrada vicina? «Fandonie, non abbiamo deciso niente. Stiamo solo valutando. Però qualcosa bisogna pur fare...». Dici lager e non lo vedi, in effetti. Visco è quasi l'ultimo comune verso la Slovenia, il terz'ultimo d'Italia per superficie: tre chilometri quadrati. Ha 800 abitanti e lapidi e vie e indicazioni dedicate ai Caduti delle due guerre e al «Museo della civiltà contadina» e all'illustre concittadino monsignor Antonino Zecchini nunzio apostolico nel Baltico e alla «Società friulana di caccia a cavallo» e in un campo di grano c'è perfino una scritta che ricorda il villaggio di San Lorenzo spianato dai francesi nel 1797. Ma uno straccio di cartello che segnali i 130 mila metri quadrati del vecchio lager, no: non esiste. Ai bordi del paese, il civico 32 di via Borgo Piave oggi è un cancello automatico, un accesso vietato, lucchetti e catene, un tavolo della Coca-Cola e l'insegna «Protezione civile-sede comunale».
Il vecchio corpo di guardia? «L'abbiamo abbellito con le porte e le finestre d'alluminio — dice il vicesindaco —, perché è la prima cosa che si vede e magari invogliamo qualche investitore». E la torretta di guardia? Tirata giù. Dove una volta c'erano le baracche dei deportati, ora s'addestrano i cani da valanga. Le camerate, le cucine, la cappella: tutto abbandonato ai topi e alle marcite. E l'unica lapide in ricordo di chi soffrì, data 2004, sta laggiù in fondo. Lontana. Invisibile. L'oblìo è durato decenni. Il lager, a Visco lo chiamano tutti «la caserma»: dalla Liberazione al 1996, gran parte dello scempio l'ha fatto l'Esercito italiano che ci teneva i carri armati. Un convegno nel 2000, qualche stanca cerimonia, una visita di Luciano Violante: poco altro. Quando l'area è tornata al Comune e la minuscola giunta di centrodestra ha pensato di venderla, però, la memoria s'è risvegliata. «È una vergogna, come chi voleva fare un hotel nello Spielberg o un luna park alla Risiera di San Sabba — ha lanciato l'allarme lo storico Ferruccio Tassini —. È un luogo di valore. Addestrereste i cani ad Auschwitz? O ci mettereste dei negozi? A parte qualche magazzino, le strutture del lager sono rimaste. Qui sono nate le poesie slovene di Ivo Gruden, qui dentro è risorto il battaglione Orien, protagonista della resistenza in Montenegro. Vengono da tutti i Balcani, per vederlo. Facciamo un museo del confine, piuttosto».
La protesta è partita da un'associazione cattolica italoslovena, dalle Acli, dall'università di Gorizia, ha investito la Regione Friuli e la Sovrintendenza dei beni culturali. Primo risultato: la speculazione su una piccola parte dell'area, 20 mila metri quadrati, è congelata. Da Trieste c'è l'adesione di Boris Pahor, il Primo Levi dell'olocausto sloveno: «Spero che la Sovrintendenza vincoli tutta l'area — dice lo scrittore di Necropoli —. Bisogna evitare vendite inconsulte. La salvaguardia di queste memorie ha una valenza che va oltre il dato nazionale. Io fui deportato nei campi nazisti e so quanti memoriali hanno allestito le autorità tedesche. Vorrei potermi complimentare anche con chi si preoccupa di tutelare il ricordo qui da noi». Racconta il professor Tassini che un giorno s'è fatta una commemorazione, a Borgo Piave. È arrivata una bella signora da Osoppo, pochi chilometri. Aveva un mazzo di fiori: «Sono felice. Di questo posto, non parlava più nessuno. E quando dicevo che a 16 anni ero stata in un lager a Visco, non mi credevano neanche i miei parenti. Passavo per matta. E invece i matti erano loro».

Fonte: Corriere della Sera
(Articolo a firma: Francesco Battistini)

BarCamp


Il BarCamp è "una rete internazionale di conferenze create dagli utenti - eventi aperti e partecipativi, i cui contenuti sono prodotti dai partecipanti".

http://barcamp.org/demcamp
Si tratta di un prodotto della cultura libertaria degli hacker e dei programmatori open source, originaria della California ma che ha trovato un florido terreno di espansione grazie al successo degli strumenti partecipativi e di comunicazione informale favoriti da internet. Il carattere aperto, autogestito e collaborativo di questo tipo di eventi ha attratto negli ultimi anni l'attenzione degli appassionati della rete anche in Italia.
Il primo BarCamp è stato organizzato a Palo Alto, in California, il 19 agosto del 2005. Un gruppo di programmatori creò l'attuale sito wiki per organizzare una conferenza in opposizione al Foo Camp, una serie di incontri innovativi promossi da Tim O'Reilly, celebre editore informatico e evangelista delle nuove tecnologie, dove l'agenda e i contenuti della discussione sono decisi dai partecipanti. Al contrario dei Foo camp, dove gli invitati erano selezionati da Tim O'Reilly e la sua cerchia (Foo sta per "Friends Of O'Reilly"), i BarCamp sono nati per consentire la partecipazione di tutti, in aperta critica rispetto all'approccio elitario e chiuso delle conferenze organizzate da O'Reilly.Il nome deriva da Camp, che sta per campeggio (i partecipanti ai Foo Camp e al primo BarCamp potevano campeggiare nei pressi del luogo della conferenza), e da Bar, un termine gergale utilizzato dagli hacker per dare un nome indefinito a un dato, una variabile, una funzione o un comando.Sia i Foo Camp che i BarCamp sono chiamati anche "nonconferenze", in quanto in opposizione alle conferenze tradizionali non è prevista una divisione prestabilita tra relatori e pubblico, i temi non sono predeterminati dagli organizzatori, e la discussione è l'aspetto centrale dell'evento, non un accessorio. Le regole per la tenuta di queste conferenze sono in gran parte ispirate dalle regole della Open Space Technology di Harrison Owen. Questo approccio si basa sull'idea secondo cui rendere il pubblico partecipe di un evento aumenta la creatività e produttività della discussione e consente l'emergere di una maggiore quantità e qualità delle informazioni scambiate. Inoltre, l'approccio aperto e partecipativo si rivela più vantaggioso per affrontare questioni complesse, la cui comprensione non può essere appannaggio di "esperti".I contenuti della discussione vengono proposti in rete nei giorni precedenti e il giorno dell'evento si trasformano in temi scritti su post-it attaccati su una tabella a griglia (in inglese si chiama "The Open Grid"). La giornata è suddivisa per le sale e disposizione e a ogni argomento proposto e relativi relatori viene assegnato un tempo per svolgere al discussione.Sul sito di Radio Radicale potete trovare le registrazioni audiovideo di alcuni barcamp svoltisi in Italia negli ultimi anni.Perché un BarCamp sulla democraziaL'approccio che caratterizza i BarCamp, seppure finora confinato principalmente nel campo informatico, crediamo possa rappresentare un'opportunità interessante per un incontro che si prefigge di affrontare una questione complessa come la crisi della (non)democrazia italiana, e di mettere in rete le esperienze di singoli e movimenti che tentano di contrastarla attraverso forme innovative di partecipazione e lotta politica.Inoltre, l'approccio libertario e aperto del BarCamp crediamo si coniughi bene con il tentativo di promuovere forme di democrazia diretta. Infondo, il nostro BarCamp non è altro che una forma moderna di assemblea di cittadini che vogliono prender parte alla discussione sulla città, usufruire del diritto di parola, e potersi confrontare sui temi di loro interesse.Sono 290 i partecipanti al DemCamp "Esperimenti democratici" che si terrà a Roma, presso la sede dell'Università Popolare, in via IV novembre 157, il prossimo 4 ottobre.http://barcamp.org/demcampSeguendo il modello dei Foo Camp, anche i BarCamp dovrebbero mettere a disposizione dei partecipanti uno spazio per campeggiare. In città come Roma questo non è possibile, e l'alternativa può essere rappresentata dall'ospitalità sui divani messa a disposizione gratuitamente da migliaia di persone tramite il sito couchsurfing.org


Quando
Sabato 4 ottobre 2008

Dove
Università popolare di Roma - Palazzo Englefield, Via Quattro Novembre 157 Nel cuore del centro di Roma, a due passi da piazza Venezia
Come funzionaChiunque può proporre un argomento di discussione aggiungendo più sotto il proprio nome e cognome e il titolo del tema che vuole affrontare nel corso del BarCamp. Chi intende partecipare al BarCamp può nello stesso modo indicare il suo interesse per gli argomenti proposti aggiungendosi tra i partecipanti di quella sessione.La mattina del BarCamp chi ha proposto argomenti di discussione dovrà segnalarlo all'ingresso. Gli organizzatori provvederanno a inserire su una lavagna i vari argomenti assegnando a ciascuno 20 minuti nella scaletta complessiva.I promotori delle sessioni dovranno presentare l'argomento e lasciare sufficiente spazio per la discussione con i partecipanti.

Per partecipare

Compila questo form


Per maggiori info visita fainotizia e radioradicale

martedì 16 settembre 2008

Pari e patta


L’associazione mondiale dei quotidiani (Wan), che rappresenta 77 organismi nazionali, ha chiesto all’autorità europea e nord americana per la concorrenza di bloccare un accordo pubblicitario tra Google e Yahoo in quanto lesivo della concorrenza. Secondo l’associazione questo accordo avrà un impatto negativo sui ricavi pubblicitari che i giganti della ricerca apportano ai giornali e agli altri siti, e sul costo della pubblicità pagante sui motori di ricerca. Insieme Google e Yahoo controllano il 75% delle ricerche su Internet e dei ricavi pubblicitari che ne derivano.
Non male davvero.
Tutti i dettagli in un articolo pubblicato oggi su Le Monde

lunedì 15 settembre 2008

David Foster Wallace


David Foster Wallace ci ha lasciati, si è impiccato venerdì sera nella sua casa di Claremont in California.
“Ha cambiato il linguaggio e l’uso dell’ironia nella narrativa Usa” così Fernanda Pivano in un
amorevole ricordo che potete leggere sul Corriere della sera.

venerdì 12 settembre 2008

Il nazista e la miss


Dopo aver letto l'articolo riportato di seguito, l'unica considerazione che mi viene da fare è che veramente al peggio non c'è fine, almeno in questo disgraziato Paese.


Eric Priebke, il novantacinquenne ufficiale delle SS condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine e collocato agli arresti domiciliari, farà stasera parte di una giuria di bellezza a Gallinaro, in provincia di Frosinone. In teleconferenza, perchè il giudice gli ha negato il permesso di andarvi di persona.Non arrabbiamoci, non ne vale la pena! Ma due riflessioni si impongono. La prima è sui concorsi di bellezza. Sfilare su un palco per farsi valutare tette e culo era stato considerato dalla mia generazione, negli anni Settanta, qualcosa di simile al mercato delle vacche. Ora, in età di veline, è ritornato in grande auge.E ancora, se il pluriassassino Priebke si compiace di fare il giudice in un concorso di bellezza, come non pensare, che il male non è mai assoluto, che è sempre frutto di stupidità, invidia, meschinità, conformismo, paura, tutta la gamma delle umane piccolezze: per dirla con Hannah Arendt, "banale". E così, non è poi tanto strano che la storia di Priebke finisca oggi a tarallucci e vino!


(Autrice dell'articolo: Anna Foa, storica)

giovedì 11 settembre 2008

Rigurgiti

Un' interessante riflessione sul nostro rapporto con la democrazia.

Il problema del fascismo è tornato ad occupare le prime pagine dei giornali. Ignoro se si tratti di parole in libertà, sentimenti profondi, oppure di un profilo culturale meditato. Forse sono anche le uscite di qualcuno che ha soprattutto il problema di sapere chi è, visto che ha dichiarato di essersi "liberato" della propria identità culturale e politica precedente, ma allo stesso tempo non averne scelta chiaramente un'altra.Tuttavia, a me sembra che il problema sia più profondo e non sia solo di chi ha rilasciato dichiarazioni su Porta San Paolo, su quelli della Nembo e sul fascismo. Il problema è anche nel silenzio complessivo di un'area politica, che rappresenta quell'ampia fascia degli "spettatori", della "zona grigia", che non reagisce o fa "spallucce", perché convinta che non schierarsi, rappresenti il punto di equilibrio, pensando così di proporsi come la "zona morale" di un Paese che comunque ha risorse migliori, di quelle dei suoi politici, a qualunque fede politica si richiamino.Una convinzione che ha il suo fondamento teorico nel disprezzo della democrazia e che è riassunta in forma impeccabile dal giudizio sulla democrazia espresso da Leo Longanesi: "La parola "democrazia" - scrive Longanesi - mi destava una insofferenza fisica, come l'odore stantio dei vecchi cassetti o l'alito guasto di certe vecchie; sentivo nell'aria un odore di muffa, di umida miseria, un odore di cavoli lessi nelle scale della nuova società, come in certe vecchie portinerie, un odore di farisei. Poi scoprii che corrispondevano a un mio giudizio storico e morale". (Un morto fra noi, Longanesi, Milano 1952, p.79).Si può dire meglio e più sinteticamente?

David Bidussa,storico sociale delle idee

martedì 9 settembre 2008

Pestifera Europa


E' allarme pesticidi negli alimenti dell'Unione europea

I limiti sarebbero stati uniformati a quelli del Paese più permissivo. In pericolo soprattutto i bambini.

Ci sono troppi pesticidi nei nostri alimenti. L'allarme viene lanciato da Legambiente insieme al Pesticide Action Network che insieme presentano un ricorso alla corte di giustizia europea.
"Legambiente in Pesticidi nel Piatto 2008 nella primavera scorsa aveva già lanciato l'allarme per la presenza di multiresidui chimici sull'ortofrutta - si legge in una nota dell'associazione ambientalista - e un'analisi di Greenpeace e della ONG austriaca Global 2000 evidenzia come i limiti per i residui dei pesticidi siano troppo elevati per garantire la sicurezza alimentare. Secondo questo studio pubblicato, circa 700 dei limiti massimi di residui di pesticidi legalmente ammessi su frutta e verdura in Europa sono troppo alti. La contaminazione permessa su mele, pere, uva, pomodori e peperoni in particolare è spesso così elevata da poter recare danni acuti e cronici alla salute, particolarmente nei bambini. In 570 casi presi in esame tali limiti stabiliti per frutta e verdura oltrepassano, infatti, la dose acuta di riferimento ammessa dalla stessa EFSA (l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare). Tra i rischi possibili anche quello per la salute a lungo termine, dal momento che 94 dei nuovi limiti ammessi dall'UE superano la dose giornaliera ammissibile e quindi aumenta la possibilità di subire danni cronici come il cancro o disturbi all'apparato riproduttore ed endocrino".
A peggiorare un quadro già allarmante c'è il fatto che dal primo settembre, i limiti legali massimi ammessi per i pesticidi nei cibi europei subiranno una sostanziosa impennata. Il cambiamento avverrà in ragione dell'entrata in vigore della nuova legislazione comunitaria in materia (regolamento 149/2008) realizzata con l'intento di armonizzare i limiti di tolleranza a livello europeo. "Il criterio seguito dalla Commissione europea è pericolosissimo: si è individuato il paese europeo che aveva il limite più permissivo per ogni pesticida e si è esteso questo alto livello a tutti i paesi membri – ha spiegato Francesco Ferrante, responsabile Agricoltura di Legambiente -. I consumatori europei adesso avranno una ben minore protezione rispetto alla loro quotidiana esposizione alimentare alle migliaia di pesticidi presenti sul mercato. E' una logica inaccettabile: almeno i bambini dovrebbero essere sicuri quando mangiano frutta e verdura e dovrebbero poterne mangiare quanta ne vogliono. L'UE deve rivedere questi limiti immediatamente".
Ecco perchè PAN Europe (Pesticide Action Network Europe), l'organizzazione che raggruppa le associazioni europee a difesa della salute e dell'ambiente contro i pesticidi di cui Legambiente fa parte e la ONG olandese Natuur en Mileiu, hanno presentato insieme un ricorso alla Corte di Giustizia Europea. "L'Ue con questa legislazione ha tradito l'impegno di portare i limiti al minimo livello tecnicamente raggiungibile, previsto nel regolamento 369 sui pesticidi del 2005, ed a tutti gli effetti vincolante" ha commentato Elliott Cannell coordinatore del PAN Europe."In Italia – ha dichiarato Rina Guadagnini biologa di Legambiente - rimane ancora alta, al 47,4% la percentuale di campioni di frutta contaminati da uno o più residui chimici e molto significativi sono anche i numeri relativi alla presenza di pesticidi nei prodotti elaborati come vino e olio, con una percentuale di 18,3% dei campioni contaminati da uno o più principi attivi. Una normativa efficace e moderna dovrebbe invece considerare la questione del multiresiduo, cioè la presenza contemporanea, anche entro i limiti di legge, di più principi attivi su uno stesso prodotto. Fenomeno non abbastanza studiato e del quale non conosciamo ancora i potenziali effetti sull’organismo umano. E per questo la decisione della UE di aumentare i limiti è francamente allarmante".
Fonte: legambiente

Gay Pride 2009


Dal il Secolo XIX

Prima dichiarazione:

“Condivido – ha dichiarato - la richiesta e l’esigenza di difendere i diritti di ogni singola persona e la necessità di vedere sempre più combattuti quei pregiudizi che creano discriminazioni ed emarginazioni. Non penso solo all’omosessualità ma alle diverse situazioni sociali complesse, spesso drammatiche e quasi sempre subìte in una connivente indifferenza generale. Trovo pertanto legittimo combattere e difendere i valori della dignità, parità e laicità, valori che, tuttavia, non ritengo siano né difesi né rappresentati da una manifestazione provocatoria come il Gay Pride. Non è attraverso quel tipo di iniziativa che si possono ottenere rispetto e attenzione, a meno che non si desideri semplicemente porsi sotto i riflettori per qualche giorno, alimentando polemiche e disapprovazione generali. Inoltre, - ha concluso Repetto - aver scelto come data il giorno dedicato al Corpus Domini è irrispettoso verso le persone che credono, offende una sensibilità religiosa e spirituale che non è meno degna del rispetto che i manifestanti chiedono. Ritengo sarebbe più incisivo ed efficace dimostrare mantenendo la tolleranza nei confronti degli altri modi di pensare. Genova resta medaglia d’oro della Resistenza e simbolo di una cultura laica, una città dove tradizionalmente hanno sempre trovato spazio popoli, culture e differenti individualità. Resterà una città dei diritti anche senza il Gay Pride”.

Seconda dichiarazione:

“Le manifestazioni del proprio pensiero, quando avvengono con modalità corrette, nel rispetto della civiltà e senza recare offesa, sono un dato acquisito”.
“Il Gay Pride si è già svolto a Roma nell’anno del Giubileo.”

Autore della prima dichiarazione:
Il presidente della Provincia Alessandro Repetto del Partito Democratico.

Autore della seconda dichiarazione:
Il Presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco.

No comment.


(Nella foto: Gay Pride 2008 - fonte Repubblica.it)

Quant’è lontana Tbilisi?


Una lucida analisi sulla crisi in Georgia, sulle debolezze europee, sulle responsabilità della Russia di Putin, ci viene offerta da Bernard-Henri Lévy nell’articolo pubblicato ieri sul Corriere della sera e riportato qui di seguito. Da leggere.




L'Ue trovi il coraggio di «morire per Tbilisi» 8 settembre 2008

Bernard-Henry Lévy - Il Corriere della Sera

Sanzioni o no? L'Europa, visibilmente, esita. Si spaventa della propria eventuale audacia. E, come sempre quando soffia lo spirito malvagio del cedimento e della paura, cerca tutte le buone ragioni per non fare niente.Per esempio, ci continuano a dire che il presidente georgiano Saakashvili sarebbe un personaggio «imprevedibile», addirittura «irresponsabile » e «pericoloso».Ma chi si vuole prendere in giro? E come si osa pronunciare queste parole quando, di fronte a lui, c'è un uomo che, fra altre prodezze, ha raso al suolo Grozny, ha liquidato un quinto della popolazione cecena, si è alleato con l'iraniano Ahmadinejad, ha riarmato la Siria e ha deciso, così, un bel giorno, di far volare di nuovo bombardieri strategici con testate nucleari? Ecco la «irresponsabilità». Ecco, concretamente, un personaggio «imprevedibile ».E definire «pericoloso» il Presidente di una piccola nazione che resiste a quell'uomo, affibbiargli un appellativo che viene risparmiato all'ex dirigente del Kgb riconvertitosi al crimine di massa, mostrare nei confronti del debole una severità spietata, mentre si trovano tutte le scuse nei confronti del forte che non sa più cosa inventare per fare, ogni mattina o quasi, un brutto gesto all'Occidente, significa avere una concezione singolare e del rapporto di forze e dell'equità.C'è chi dice: «Questa guerra era prevista; si sarebbe dovuto presagirla, prevenirla, ecc». È vero. Ma che cosa, esattamente, era prevedibile? E come si può, ancora una volta, invertire in questo modo i ruoli? Da un lato, dunque, il georgiano, il cui unico sbaglio è stato, forse, di sopravvalutare la nostra determinazione a sostenerlo. Dall'altro, il russo, che applica il programma definito, nell'aprile del 2005, in un discorso all'Assemblea federale, dove diceva che il crollo dell'Unione Sovietica era stato «la più grande catastrofe del XX secolo».Sì, avete letto bene. La più grande catastrofe. Più grande, quindi, delle due guerre mondiali. Più grande di Hiroshima, di Auschwitz, della Cambogia, del Ruanda.È da quel giorno, se proprio bisogna sceglierne uno, che inizia la nuova era dei nostri rapporti con la Russia. È da quell'istante, da quando è stata proferita simile enormità, che bisognava cominciare a spiare i segni premonitori di una guerra fredda di nuovo tipo.Non voler vedere questo, rimanere con gli occhi fissi sull'eventuale errore tattico dell'uno dimenticando il disegno strategico dell'altro (cioè, per parlare chiaro, la sua volontà di cancellare la «catastrofe» che fu il passaggio alla democrazia di una parte dell'ex impero sovietico) significa veramente prendere in giro il mondo intero.C'è chi dice: «L'errore, il vero errore, è stato quello di andare a stuzzicare l'orso russo evocando l'entrata della Georgia nella Nato; perché non accontentarsi di un bel partenariato politico con l'Unione europea?». Anche in questo caso, che faccia tosta! E che incredibile malafede, da parte di chi impartisce lezioni! Infatti, la verità è che, se la Georgia ha chiesto di entrare nella Nato, è proprio perché l'Unione europea le ha sbattuto la porta in faccia.La triste realtà è che, se alcune persone — come André Glucksmann in particolare e il sottoscritto — hanno perorato la causa per fare entrare la Georgia nella Nato, lo hanno fatto dopo che era stato notificato alle giovani democrazie ucraina e georgiana che la situazione non era matura, il momento non adatto, l'allargamento troppo rapido e mal digerito.Dimenticare questo, non volerne sapere del contesto; insomma, rimproverare a Saakashvili una scelta alla quale noi l'abbiamo discretamente ma fermamente spinto, significa aggiungere l'impudenza alla disinvoltura e l'ingiuria a questo abbandono inglorioso.C'è chi dice infine: «Ammettiamo che abbiate ragione; che fare, in tal caso? Quale grande Paese accetterà di andare a morire per Tbilisi?».Anche qui, la verità è che non si tratta di morire, ma di essere decisi e di condizionare i nostri rapporti con la Russia al rispetto di un minimo di regole nelle sue relazioni con i propri vicini.E la verità è che in questa vicenda non si tratta solo dei sopracitati vicini, ma di noi.Perché? Perché in gioco c'è anche la possibilità per l'Europa di approvvigionarsi in energia. O la Georgia resiste e mantiene la propria sovranità, e quindi l'integrità territoriale, e l'oleodotto BTC (Baku-Tbilisi-Ceyhan) resterà un'alternativa alle grandi vie energetiche di Gazprom e soci.Oppure la Georgia cede e ritorna nel girone post-sovietico, e allora francesi, tedeschi e altri europei dipenderanno quasi interamente, per riscaldarsi, da una Russia che terrà tutte le leve di comando. Ricatto... Suicidio col gas... Coma petrolifero annunciato... È dicendo questo che si è concreti, realistici, pragmatici. Non volerlo dire né vedere, mercanteggiare il nostro appoggio a una Georgia la cui sopravvivenza è una delle condizioni della nostra prosperità e, indirettamente, della nostra democrazia, ecco la mancanza di realismo, ecco l'assenza di pragmatismo ed ecco la vera irresponsabilità.Che la Russia sia un «grande Paese», nessuno lo nega. Che sia un partner «inevitabile», è evidente. Ma un partner può essere anche un avversario. E avere rapporti normali con l'avversario non esclude che gli si parli con il linguaggio della verità e dei principi.(traduzione di Daniela Maggioni)

lunedì 8 settembre 2008

La scelta


Nel 2003 viene rubata una statuina d’oro di Gesù Bambino dalla chiesa di Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, nei Quartieri Spagnoli a Napoli.
Le suore della chiesa in un primo momento si rivolgono alle forze dell’ordine, poi decidono di rivolgersi a esponenti della camorra, i quali si mettono alla ricerca della statuina, per altro senza risultato. Tutti i particolari di questa vicenda si possono leggere su Siciliainformazioni.
Altro articolo su Repubblica, Roberto Saviano, autore di Gomorra, che chiudendo il festival della letteratura di Mantova ci parla della difficoltà della sua vita blindata e di tanto altro ancora. Leggi l’articolo, ma soprattutto il libro.
Stesso Paese, due strade, una scelta.

domenica 7 settembre 2008

Regresso strisciante


L’assessore alla salute Vladimir Kosic fa approvare dalla giunta, di cui fa parte, un progetto che prevede la circoncisione gratuita agli immigrati nelle strutture pubbliche del Friuli Venezia Giulia.
L’assessore leghista Seganti vota a favore ma il capogruppo della Lega Nord in consiglio regionale Danilo Narduzzi insorge chiedendo le dimissioni dell’assessore Kosic perché dice “in questo modo si legittima la spesa di soldi pubblici, 200 mila euro, per l’effettuazione di pratiche di circoncisione tribale “, potete leggere per intero queste affermazioni orripilanti sul Messaggero Veneto. L’assessore Kosic fa notare che il provvedimento era stato preso nel pieno rispetto dell’articolo 19 della costituzione, qualificando la decisione come scelta di civiltà e come doveroso intervento atto a garantire il giusto supporto sanitario. Inoltre il costo di questo progetto sperimentale è inferiore a quello per la gestione delle emergenze derivanti da interventi fatti in maniera clandestina in abitazioni private. Interventi che come a Treviso e a Bari hanno causato la morte di due bambini o come a Pordenone dove per fortuna si è arrivati in tempo salvando un neonato.
Alla fine si arriva a un compromesso viene ritirata la richiesta di dimissioni e al termine della sperimentazione la circoncisione praticata nelle strutture pubbliche sarà a pagamento, perché “non si fanno regali” (sic!) sostiene il segretario regionale del Carroccio Pietro Fontanini.
Questo non è il racconto di una penosa vicenda accaduta in un microcosmo sperduto in qualche anfratto di un qualche Paese sottosviluppato, no, avviene sotto i nostri occhi, in questo caso nel laborioso Nord-Est e più precisamente in Friuli Venezia Giulia.
Questo tentativo, in parte riuscito, di negare dei diritti che in qualsiasi Paese mediamente civile e rispettoso della dignità umana troverebbero applicazione ci deve far riflettere su come la pianta del razzismo abbia messo radici nella nostra società, ma soprattutto nei nostri cuori e nelle nostre menti ormai pressoché indifferenti a simili notizie.
(Nella foto: La circoncisione nella stalla - Rembrandt - acquaforte del 1654)

sabato 6 settembre 2008

Stupefacente alternativa


Titolo scherzoso ma proposta seria quella che possiamo leggere qui di seguito. A firma Emma Bonino.



Per combattere i narco talebani legalizziamo l’oppio a fini terapeutici
• da Corriere della Sera del 5 settembre 2008, pag. 52
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di Emma Bonino
Caro Direttore, ho letto l’articolo di Bill Emmott di domenica scorsa dove propone d’introdurre in Afghanistan una sorta di Politica agricola comune per sostituire con frumento le vaste coltivazioni di oppio che hanno prodotto, nell’anno record 2006, il 93% dell’eroina mondiale. Sono lieta che Emmott condivida il giudizio da me espresso quando ero a capo della missione degli osservatori elettorali europei in Afghanistan nel 2005, cioè che la strategia dello sradicamento è stata fallimentare, ma rimango perplessa rispetto ai sussidi agricoli, una strada già ampiamente perseguita con risultati altrettanto fallimentari. E stato il governo britannico - assecondato dall’Onu, la Nato e l’Unione europea - a spingere per una strategia antidroga basata sulla conversione delle colture, riversando nel Paese decine e decine di milioni di dollari con la sola conseguenza di alimentare corruzione e omertà: i soldi consegnati ai governatori e ai capi della polizia locale sono stati usati dai contadini per aumentare la loro produzione di oppio oppure sono finiti direttamente nelle tasche dei signori della droga, come documenta in maniera dettagliata Ahmed Rashid nel suo ultimo libro Descent into chaos.

La lotta internazionale al narcotraffico è stata fin qui condotta sotto la pressione costante di risultati «rapidi e visibili» per l’opinione pubblica. Ma l’eradicazione forzata, aerea o terrestre che sia, colpisce solamente l’anello più debole della catena, i contadini, per i quali l’opzione di abbandonare la coltivazione del papavero è quasi impossibile, visti i debiti contratti con i trafficanti che forniscono loro utensili e semi, oltre a prestiti per superare l’inverno e garanzie di accesso al mercato. Anzi, sradicamenti limitati fanno pure comodo ai trafficanti visto che alzano il prezzo dell’oppio!

È oramai evidente che questa politica non ha intaccato ma anzi rafforzato il potere della narco élite, composta in gran parte dai neo Talibani con collegamenti Al Qaedisti, che continuano a operare in un ambito di sostanziale impunità. L’Afghanistan continuerà così a vivere di una rendita illegale che alimenta la corruzione, mantiene i gruppi armati e mina la stabilità a livello regionale, allontanando il Paese da ogni forma di Stato di diritto.

Sono d’accordo che non esiste una ricetta miracolistica, ma di fronte ai rovesci innegabili subiti dalla war on drugs così come impostata dagli americani seguiti a ruota dagli inglesi, perché scartare per ragioni ideologiche quella che invece appare come la soluzione più ragionevole? La posizione di noi radicali è nota: per sconfiggere le narco mafie una politica antiproibizionista di legalizzazione che azzerasse. sotto control- lo internazionale, il prezzo delle droghe determinerebbe l’immediato crollo dei giganteschi profitti oggi generati. Ma senza arrivare a questo, nel caso dell’Afghanistan, perché non riprendere la proposta lanciata dal Senlis Council e ripresa da una risoluzione del Parlamento europeo che propugna la coltivazione regolamentata del papavero attraverso la concessione di licenze per il mercato legale dei medicinali, in particolare per gli antidolorifici, come avviene per altri Paesi? Le Nazioni Unite da anni denunciano la crisi nell’approvvigionamento mondiale di antidolorifici, soprattutto per i Paesi del Terzo mondo dove la penuria è acuta. La domanda di produzione legale di oppio è enorme - oltre diecimila tonnellate l’anno - e l’Onu calcola che non se ne copre neppure l’80 per cento. Per non parlare, poi, dell’insopportabile paradosso per il quale negli ospedali del Paese massimo produttore di oppio la scarsità di antidolorifici è pressoché totale e spesso si opera «a vivo». Senza l’esplosione nella produzione di oppio in Afghanistan, il ritorno dei Talebani e la riorganizzazione di Al Qaeda con i suoi campi dì addestramento non sarebbero stati possibili. È ora che i governanti del mondo capiscano che il fallimento della lotta alla droga è la principale causa del fallimento politico, economico e militare in Afghanistan.


NOTE
Vicepresidente del Senato


Dopo decenni di fallimenti ci decidiamo a mollare il proibizionismo e a sperimentare qualcosa d’altro?

Interminabili saluti


Partita da Trento nel 1972 arriva a Matera nel 2008, 36 anni dopo. Quando si dice la perseveranza. Tutti i particolari su SiciliaInformazioni.

venerdì 5 settembre 2008

A sud della meritocrazia


Grembiulini, maestro unico, sette in condotta e soprattutto qualità, qualità, qualità e naturalmente meritocrazia. Cambierà tutto, così ci dice il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Mariastella Gelmini. Siamo in una botte di ferro. A parte un piccolo particolare. Si tratta del fatto che nel 2001 il Ministro parte da Brescia e arriva a Reggio Calabria per sostenere l’esame di abilitazione per la professione di avvocato. Motivo della scelta? L’anno precedente la sede di Reggio aveva ottenuto il record di ammessi allo scritto con il 93%.
Naturalmente il Ministro avanza le sue giustificazioni che si possono leggere sul Corrire.it
A noi non resta che ritornare con i piedi sul suolo patrio, consapevoli di non vivere in un Paese civile del nord Europa, ma al contempo con la voglia e la necessità di non mollare, non lasciandoci sopraffare dall’aria mefitica che si respira in giro. A sud della meritocrazia e d’altro ancora.

mercoledì 3 settembre 2008

La banalità del male


Tre ragazze decidono di sposare gli uomini che amano, chiedono il permesso all’assemblea degli anziani la risposta e no, ma loro non demordono.
Il giorno delle nozze vengono sequestrate insieme alla madre e alla zia di una di loro.
Sette vigliacchi assassini dopo aver picchiato le ragazze aprono il fuoco, ancora vive le gettano in una buca e le seppelliscono vive tra le urla della madre e della zia che di li a poco subiscono la stessa sorte.
Succede in Beluchistan. I dettagli di questa orrenda vicenda potete trovarli nell’articolo di Michele Farina sul Corriere della Sera.
Appena letta la notizia mi ha preso un senso di scoramento e di rabbia difficile da descrivere, immaginando la sofferenza di queste donne.
Ma il loro coraggio e la loro determinazione nell'ascoltare i propri sentimenti, rimarranno indelebilmente fissati nella mia memoria e nel mio cuore.
Sul sito di Asian Human Rights Commission (Ahrc) si può trovare un appello da inviare al Dott. Yakin Ertürk Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne.
Per non dimenticare.

Distrazioni mortali


Ancora una segnalazione che purtroppo riguarda la morte di un giornalista nel Caucaso. La fornisce la Reuters. I nostri mezzi d'informazione non brillano certo per la puntualità con la quale riferiscono di questi terribili fatti. Distrazione?
Di qui a poco il nostro ministro degli esteri Frattini incontrerà il presidente Putin, gli uscirà il fiato per porre qualche domanda, per chiedere spiegazioni?
Altre notizie sulle questioni relative alla libertà di stampa si possono trovare su Reporters sans frontières.





martedì 2 settembre 2008

Recuperiamo un sorriso


Visto che il signor Steve Jobs è considerato a livello planetario un genio, che né dite se ci facciamo aiutare da lui chiedendogli di darci una mano a rintracciare la ragazza, nella foto, detta iPhone-Girl. Operaia presso la filiale di Shenzhen della taiwanese Foxconn fornitrice della Apple, si sono perse le sue tracce dopo che ha regalato a tutti noi il suo simpatico sorriso immortalandolo su un iPhone finito nelle mani di un compratore inglese. Saputasi la cosa, la ragazza sembra si sia volatilizzata. Licenziata? Sia chiaro, qui non si tratta di curiosità, ma della preoccupazione per la sorte della ragazza.
Potrebbe pure trattarsi di una trovata pubblicitaria, ma visto i luoghi da cui giunge la notizia meglio non demordere. Nel frattempo non sarebbe male approfondire le nostre conoscenze indagando sulle condizioni di lavoro di questi operai, che assemblano per noi questo ipertecnologico oggetto del desiderio.

Putin e il sonno dell'informazione


Il presidente russo Putin spara ad una tigre siberiana, addormentandola, salvando così alcuni giornalisti di una troupe televisiva. Si potrebbe archiviare il tutto alla voce pagliacciata fasulla, se non fosse che i giornalisti nella Russia di Putin hanno una sorte ben diversa. Ci si può fare un'idea leggendo su http://www.radioradicale.it/lista-di-giornalisti-uccisi-in-russia-negli-ultimi-anni. Riporto di seguito parte dell'articolo stesso davvero impressionante.

"Pubblichiamo in questo spazio l'elenco dei giornalisti uccisi, partendo da Antonio Russo, corrispondente di Radio Radicale, ucciso in Georgia il 16 ottobre del 2000 mentre documentava la guerra in Cecenia.
Antonio Russo, giornalista di Radio Radicale, ucciso in Georgia attraverso lo schiacciamento del torace, un metodo tipico dei servizi segreti sovietici. Russo era in procinto di rientrare in Italia per portare nuove testimonianze e documenti sull’atrocità della guerra in Cecenia. Il suo corpo privo di vita è stato trovato sulla strada dove si trovava la base russa di Vasiani
Ilyas Shurpayev , giornalista Dagestano responsabile per la copertura delle notizie del Caucaso Settentrionale su Channel One; muore strangolato con una cintura a Mosca.
Gaji Abashilov, responsabile della Tv di Stato del Daghestan, VGTRK, fucilato nella sua auto.
Magomed Yevloyev, proprietario di Ingushetiya.ru, ucciso a colpi di pistola in un’auto della polizia.
Khabarovsk Konstantin Brovko, giornalista della compagnia televisiva “Gubernia”, ucciso a Khabarovsk.
Ivan Safronov, militare opinionista del quotidiano “Kommersant”. Morto a Mosca il 2 marzo; la causa della sua morte non è mai stata chiarita.
Vadim Kuznetsov, redattore capo della rivista “World and home. Saint Petersburg”, ucciso a San Pietroburgo.
Vaghif Kochetkov, del quotidiano Trud (Labor), ucciso a Tula;
Ilya Zimin, ha lavorato per il canale televisivo NTV Russia, ucciso a Mosca.
Vyacheslav Akatov, reporter speciale dello show televisivo “Business Mosca”, ucciso a Mosca.
Anton Kretenchuk, cameraman del canale TV 38 °, ucciso a Rostov-on-Don;
Yevgeny Gerasimenko, del giornale “Saratovsky Rasklad”, ucciso a Saratov;
Vlad Kidanov, giornalista freelance, del Cheboksary;
Alexander Petrov, redattore capo, della rivista “Right for Choice”, ucciso vicino a Omsk – nella Repubblica di Altai.
Vyacheslav Plotnikov, reporter del canale “41a TV Channel”, Voronezh;
Anna Politkovskaja, del quotidiano Novaya Gazeta, Mosca,
Anatoly Voronin, capo del settore commercio di ITAR-TASS; Mosca.
Pavel Makeyev, reporter per la SocietàTNT-Pulse, Rostov-sul-Don;
Magomedzaghid Varisov, Makhachkala;
Alexander Pitersky, reporter di Radio Baltika, San Pietroburgo;
Vladimir Pashutin, del giornale Smolensky Literator, Smolensk;
Tamirlan Kazikhanov, capo del servizio stampa Anti-terrorismo del Centro Russian Ministry of Internal Affairs’s, Dipartimento per il Distretto Federale Meridionale, Nalchik;
Kira Lezhneva, cronista del quotidiano “Kamensky Worker “, nella regione di Sverdlovsk
Yefim Sukhanov, ATK-Media, Archangelsk;
Farit Urazbayev, cameraman, Vladivostok TV / Radio Company, città di Vladivostok;
Adlan Khassanov, Reuters reporter, ucciso a Grozny;
Shangysh Mondush, corrispondente per il quotidiano Khemchiktin Syldyzy, Repubblica di Tuya
Paul Klebnikov, redattore della versione russa di Forbes Magazine, Mosca;
Payl Peloyan, redattore della rivista Armyansky Pereulok, Mosca;
Zoya Ivanova, dell’ emittente televisiva BGTRK, Repubblica di Buryatia;
Vladimir Pritchin, redattore capo del canale Nord Baikal TV / Radio Company, Repubblica di Buryatia;
Ian Travinsky, San Pietroburgo, ucciso a Irkutsk,
Aleksei Sidorov, Tolyatinskoye Obozreniye. È il secondo redattore capo del giornale locale, “Tolyatinskoye Obozreniye” ad essere ucciso.
Yuri Shchekochikhin, Novaya Gazeta, Mosca. Vice redattore della Novaya Gazeta, morì pochi giorni prima del suo viaggio in programma negli Stati Uniti d’America per discutere i risultati della sua inchiesta giornalistica con i funzionari dell’FBI. Ha investigato su alcuni scandali di corruzione delle che ha coinvolto alti funzionari FSB. Shchekochikhin è morto per un “grave reazione allergica” ad una sostanza che presumibilmente è stata identificata come tallio.
Dmitry Shvets, della TV-21 Northwestern Broadcasting, morto a Murmansk. E’ stato vice direttore della stazione televisiva indipendente TV-21 Northwestern Broadcasting. E’ stato ucciso al di fuori del suo ufficio. Shvets’ aveva detto ai colleghi di aver ricevuto molteplici minacce per la sua relazione sugli influenti politici locali.
Natalia Skryl, del giornale Nashe Vremya, città di Taganrog;
Konstantin Pogodin, Novoye, del quotidiano Delo, città di Niznij Novgorod;
Valeri Batuev, giornale di Moscow News, Mosca;
Sergei Kalinovski, Moskovskiy Komsomolets, Smolensk;
Vitali Sakhn-Val’da, fotoreporter, della città di Kursk;
Leonid Shevchenko,del giornale Pervoye Chteniye , Volgograd;
Valeri Ivanov, redattore capo del Tol’yattinskoye Obozrenie , nella regione Samara;
Sergei Zhabin, al servizio stampa del governatore della regione di Mosca;
Nikolai Vasiliev, di Cheboksary , Chuvashia;
Leonid Kuznetsov, del giornale Mescherskaya Nov’ , della regione di Ryazan;
Paavo Voutilainen, redattore principale della rivista Kareliya, Kareliya;
Roddy Scott, della Frontline-TV inglese.
Alexandr Plotnikov, del giornale Gostiny Dvor, della città di Tyumen;
Oleg Sedinko, fondatore della Novaja Volna TV e Radio Company, di Vladivostok;
Nikolai Razmolodin, direttore generale della Europroject TV e Radio Company, Ulyanovsk
Igor Salikov, capo del Dipartimento di informazioni di sicurezza dei Moskovskiy Komsomolets, giornale in Penza;
Leonid Plotnikov, della casa editrice “Periodici di Mari-El”, Yoshkar-Ola.
Eduard Markevich, curatore ed editore del giornale locale Novy Reft, a Sverdlovsk. Viene trovato morto, colpito alla schiena. Ha spesso criticato i funzionari locali ed aveva ricevuto minacce prima dell’assassinio.
Vladimir Yatsina, corrispondente di ITAR-TASS, rapito e poi ucciso da un gruppo di Wahhabis in Cecenia
Aleksandr Yefremov, Cecenia. Fotoreporter della Siberia occidentale del giornale Nashe Vremya, ucciso in Cecenia dai ribelli.
Igor Domnikov, dalla Novaya Gazeta, Mosca. Uno sconosciuto assassino lo colpisce ripetutamente alla testa con un martello, all’ingresso del suo palazzo a Mosca. L’assassino non è mai stato trovato.
Sergey Novikov, Radio Vesna, Smolensk. E’ colpito e ucciso nel vano scala del suo appartamento. Ha spesso criticato il governo di Smolensk.
Iskandar Khatloni, Radio Free Europe, Mosca. È ucciso di notte con un ascia nel suo appartamento di Mosca da uno sconosciuto. Khatloni lavorava sugli abusi dei diritti umani in Cecenia.
Sergey Ivanov, Lada-TV. E’ colpito cinque volte alla testa e al torace davanti al suo palazzo. È stato direttore della Lada-TV, la più grande televisione indipendente nel Togliattigrad.
Adam Tepsurgayev, Reuters. Cameraman ceceno, ha prodotto la maggior parte delle riprese Reuters’ dalla Cecenia nel 2000, tra cui gli scatti del ribelle ceceno Shamil Basayev.
Cynthia Elbaum. fotografo per Time magazine, Cynthia èstata uccisa nel corso di bombardamenti russi nel 1994.
Vladimir Zhitarenko, veterano militare corrispondente per le forze armate russe per il quotidiano Krasnaya Zvezda (Stella Rossa), è colpito da due proiettili di un cecchino al di fuori della città di Tolstoy-Yurt, nei pressi della capitale cecena di Grozny.
Nina Yefimova, reporter per il giornale locale “Revival” è stata rapita dal suo appartamento e uccisa insieme a sua madre. Diversi giornalisti a Grozny e a Mosca credono che il suo omicidio sia legato ai suoi articoli sulla criminalità in Cecenia.
Jochen Piest. È ucciso in un attacco suicida da un ribelle ceceno nel villaggio di Chervlyonna, a nord-est della capitale cecena.
Farkhad Kerimov. Autore delle riprese di Associated Press dei “ribelli” della Cecenia. Non è mai stato stabilito il motivo dell’uccisione.
Natalya Alyakina Free-lance corrispondente per la Germania, è uccisa da un soldato vicino alla città meridionale russa di Budyonnovsk.
Shamkhan Kagirov. Reporter per il quotidiano di Mosca Rossiyskaya Gazeta e il giornale locale Vozrozheniye, è colpito e ucciso in un agguato in Cecenia.Tre agenti di polizia locale che viaggiavano in automobile con lui vengono anch’essi uccisi.
Viktor Pimenov. Fatalmente colpito alla schiena da un cecchino posizionato sul tetto di un edificio a Grozny.
Nadezhda Chaikova. Il suo corpo è stato trovato sepolto nel villaggio ceceno di Geikhi bendato e recante segni di percosse. La causa della morte è un colpo d’arma da fuoco.
Supian Ependiyev. Muore in un affollato mercato all’aperto nel centro di Grozny, in un raid che causò l’uccisione o il ferimento di centinaia di persone. Secondo altre fonti, morì due giorni dopo.
Ramzan Mezhidov. Uccisi in un attacco aereo a un convoglio di rifugiati lungo la Rostov-Baku, strada da Grozny a Nazran nella vicina Inguscezia.
Vladimir Yatsina , corrispondente per ITAR-TASS, è rapito e ucciso da un gruppo di Wahhabis.
Roddy Scott. Ucciso nella repubblica russa di Inguscezia. Soldati russi hanno trovato il suo corpo nella regione di Galashki, vicino al confine con la Cecenia, a seguito di una sanguinosa battaglia tra le forze russe e un gruppo di combattenti ceceni.
Magomedzagid Varisov , scienziato politico e giornalista, è colpito a morte nei pressi della sua abitazione a Makhachkala. Aveva ricevuto minacce e aveva chiesto, senza ottenerla, l’aiuto della polizia locale. Sharia Jamaat ha rivendicato la responsabilità per l’uccisione."
Fonti
Committee to protect journalists
Glasnot defence foundation

lunedì 1 settembre 2008

Il nostro deserto

Cinque miliardi di dollari di risarcimenti alla Libia per i danni inferti alla popolazione libica dalla dominazione coloniale italiana. Scuse da parte del nostro primo ministro a nome di tutto il popolo italiano. Restituzione della Venere di Cirene. In cambio contratti forniture di gas e petrolio libico all'Italia, le imprese italiane saranno privilegiate nella realizzazione delle grandi opere, inoltre il governo libico provvederà a mettere un'argine all'immigrazione clandestina. Tutto bene allora?
Non per fare il guastafeste ma vorrei ricordare che il colonnello Gheddafi e un dittatore che ha preso il potere nel 1969 con un colpo di stato e lo ha mantenuto con il pugno di ferro, che è responsabile tra le altre cose: dell'attentato ad un aereo di linea della Pam Am che è costato la vita a 259 passeggeri più 11 abitanti della cittadina di Lockerbie su cui sono caduti i resti dell'aereo, è responsabile del lancio di missili Scud su Lampedusa, del sostegno e della sponsorizzazione del terrorismo, e si potrebbe continuare. Ma a parte questi dettagli che, in questa occasione storica, non vengono certo evidenziati dai nostri mezzi d'informazione, una cosa non mi è chiara ed è la seguente: come il nostro recente alleato Gheddafi intende fermare i flussi di disperati che cercano di arrivare da noi. A me vengono in mente immagini di corpi che galleggiano ormai privi di vita o per contro altre immagini che vengono poco mostrate, forse perché darebbero il vero senso della tragedia che tocca e annichilisce migliaia di esseri umani, immagini del deserto, immagini di morte per fame, sete e stenti.
Il nostro ministro degli interni in un 'intervista al Corriere della sera dice che"il vero problema e che la maggior parte dei clandestini provengono da Paesi in guerra e dunque non ci sono le condizioni per rimpatriarli. Chiedono asilo politico e molti hanno i requisiti per ottenerlo" hai capito la sfiga se questi riescono a sopravvivere a dei viaggi infernali ed arrivano mezzi vivi sulle nostre coste la maggior parte di loro a pure il diritto di restare perché vengono riconosciuti come rifugiati politici. Che bizzarria questi diritti umani.
Non ci resta che rimanere vigili puntare il cannocchiale sul deserto, non girare la testa dall'altra parte, farci sentire. NON MOLLARE.