Un migliaio di anni fa, il ramo Sud e quello Nord della Via della Seta convergevano su Kashgar, la città-oasi all’estremità occidentale del deserto di Taklamakan. Mercanti andavano da Delhi a Samarcanda attraversando montagne gelide e impervie, scaricavano qui i loro cavalli e vendevano zafferano e mastice. Così facevano anche i mercanti cinesi, con i cammelli carichi di seta e porcellana. Oggi nei vicoli della città, dove gli asini trascinano carretti pieni di mercanzie e le case sono di fango e paglia, passeggiano i turisti. Ma quelle case, nelle cui finestre un tempo si potevano guardare le merci senza comprarle, dopo i saccheggi di Tamerlano e Gengis Khan stanno per conoscerne un altro. Novecento famiglie sono già state sfrattate dalla Città Vecchia, «l’esempio meglio conservato di città tradizionale islamica in Asia centrale», come ha scritto l’architetto e storico George Michell nel suo saggio «Kashgar, città-oasi sull’antica Via della Seta cinese». Nei prossimi anni, dicono le autorità cittadine, si demolirà almeno l’85 per cento di questa pittoresca conigliera e verranno spostate molte delle 13 mila famiglia uigure - un’etnia turcomanna e musulmana. Devono lasciare il posto a una nuova Città Vecchia, una combinazione di case da appartamento, piazze e viali, nello stile dell’antica architettura islamica «per preservare la cultura uigura», come ha spiegato in un’intervista telefonica il vicesindaco di Kashgar, Xu Jianrong.La demolizione è considerata una necessità urgente perché in qualunque momento la terra potrebbe tornare a tremare, facendo crollare edifici vecchi di secoli e uccidendo migliaia di persone. «L’intera area del Kashgar è a rischio terremoti - ha detto Xu -. Ora io le chiedo: quale governo non proteggerebbe i suoi cittadini dai pericoli di un disastro naturale?». I critici parlano di ben altro disastro. «Da un punto di vista culturale e storico, questo piano è stupido», spiega Wu Lili, direttore del Centro per la protezione culturale di Pechino, un gruppo non governativo che si dedica alla conservazione storica -. Dal punto di vista della popolazione locale, è una crudeltà». Nel corso del lungo boom della Cina la ricostruzione urbana ha distrutto molti centri storici, a cominciare dagli antichi vicoli e dai cortili abitati della capitale Pechino. Kashgar, però, non è una tipica città cinese. I funzionari che si occupano della sicurezza interna la considerano il terreno di coltura di un piccolo ma coriaceo movimento di separatisti uiguri che, secondo Pechino, avrebbero legami con la Jihad internazionale. Così il nuovo sviluppo di questo antico centro della cultura islamica coincide con un po’ di normalizzazione forzata. Le autorità cinesi hanno offerto spiegazioni confuse dei loro piani. Xu Jianrong chiama Kashgar «un esempio originale di una importante storia culturale ma anche un’importante città turistica». Eppure il progetto di demolizione ridurrà in macerie proprio la principale attrazione turistica, quella Città Vecchia che è un magnete per il milione di persone che ogni anno la visita. Tra l’altro, la Cina appoggia un progetto internazionale per far designare i punti più importanti della Via della Seta «Patrimonio dell’Umanità» Unesco, ma nell’elenco dei siti da proporre Kashgar non c’è. Un diplomatico straniero che non vuole essere identificato per paura di guastare i rapporti del suo Paese con la Cina ha detto che il progetto della Città Vecchia è stato appoggiato in modo insolitamente forte dal governo. Si dice che costerà 440 milioni di dollari ed è iniziato a sorpresa quest’anno, poco dopo l’annuncio del governo centrale cinese di un investimento di 584 miliardi di dollari in lavori pubblici per combattere la crisi finanziaria globale. Questo piano completerebbe lo smantellamento finora frammentario iniziato qualche decennio fa. Le mura della città, un terrapieno largo sette metri e alto dieci, sono state in larga parte demolite. Negli Anni 80 la città riempì e pavimentò il fossato che la circondava per creare un anello, poi aprì la strada principale attraverso il centro. Ciò nonostante gran parte della Città Vecchia rimane com’era e com’è sempre stata. Dalla cima delle quaranta piccole moschee i muezzin chiamano alla preghiera con la loro voce, non ci sono altoparlanti. Centinaia di artigiani martellano recipienti in rame, intagliano legno, affilano scimitarre e vendono di tutto, dai pani piatti ai rospi secchi ai cappelli per la preghiera. Decine di migliaia di uiguri vivono ancora qui, dietro le porte di pioppo intagliate a mano, in alloggi fatiscenti o in case a due piani che si allungano a volta sui vicoli e si aprono su cortili pieni di rose e vessilli. Le autorità cittadine dicono che i residenti uiguri sono stati consultati in ogni fase della pianificazione, ma la maggior parte di loro replica che viene semplicemente convocata a riunioni in cui si annuncia il calendario degli sfratti, con le somme offerte in risarcimento. La città offre agli sfrattati la possibilità di costruire le loro case nuove sul terreno delle vecchie, ma alcuni si lamentano che i soldi ricevuti non coprono l’intero costo del nuovo edificio. «La mia famiglia ha costruito questa casa 500 anni fa - dice il muscoloso Mr Hajji, 56 anni e capelli a spazzola bianchi, mentre la moglie ci serve il tè nella loro casa a due piani -. Era fatta di fango, è stata migliorata negli anni, ma le stanze sono rimaste com’erano». Costruita nello stile uiguro, la casa ha pochi mobili. Dai muri pendono gli arazzi, i tappeti coprono il pavimento e ci sono zone rialzate per dormire e ricevere gli ospiti. La stanza per l’inverno ha una stufa a carbone panciuta; il garage è stato trasformato in negozio, dove la famiglia vende dolciumi e gingilli. Ci sono nove stanze sotto e sette sopra, il frutto di trasformazioni secolari. «Questa casa ci appartiene - dice la moglie -. È grande e ci possono vivere molte, molte generazioni. Ma se andiamo in un appartamento, quello lo buttano giù ogni 50-70 anni. Come possiamo lasciare in eredità a nostro figlio un appartamento? Questo è il nostro maggior cruccio». Gli ispettori cittadini hanno considerato insicure quasi tutte le case più antiche, a partire da tutte quelle in fango e paglia. Verranno rase al suolo e, in molti casi, ricostruite in stile uiguro ma con criteri anti-sismici. Tre dei sette quartieri della Città Vecchia sono stati però giudicati inadatti all’architettura uigura e verranno ricostruiti in modo decisamente più anonimo. Altre duemila case dovranno lasciare il posto a piazze e scuole. I residenti più poveri, che vivevano nelle più piccole, sono già stati trasferiti in periferia. Quello che resterà della vecchia Kashgar non è chiaro, anche se Xu dice che gli edifici importanti sono stati inclusi nell’elenco speciale dei beni da conservare. Se non ci sono archeologi a controllare la situazione, spiega, è perché già si sa tutto. Le autorità di Kashgar hanno però buone ragioni per temere i terremoti. Lo scorso ottobre un sisma di magnitudo 6,8 ha colpito a un centinaio di miglia più in là. Uno di magnitudo 8, nel 1902, ha ucciso 667 persone. Poi ci sono gli abitanti che preferiscono vivere in un ambiente più moderno. Secondo Xu, la demolizione darà agli uiguri una vita migliore e li metterà al sicuro dai disastri. Le autorità, da Kashgar a Pechino, sono così inquiete alla prospettiva di un terremoto «che non riescono a dormire la notte».
di Michael Wines
(Fonte: New York Times)
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