giovedì 2 settembre 2010
IRAN: SAKINEH, FINTA ESECUZIONE PER TORTURARLA
Il 31 agosto 2010 le autorità del carcere iraniano in cui è rinchiusa Sakineh Mohammadi Ashtiani hanno annunciato alla donna che sarebbe stata impiccata il giorno seguente, cosa che non è poi avvenuta, ha denunciato al giornale inglese The Guardian il figlio della Ashtiani.
In base alla falsa comunicazione data alla donna il 28 luglio, l’impiccagione sarebbe dovuta avvenire la mattina seguente all’alba.
La Ashtiani, che è stata condannata alla lapidazione per adulterio, ha messo per iscritto le proprie volontà ed ha abbracciato i compagni di cella nel carcere di Tabriz all’approssimarsi della chiamata per la preghiera del mattino, quando cioè si aspettava di essere portata al patibolo.
“Le pressioni internazionali hanno finora evitato che le autorità iraniane eseguissero la condanna a morte, ma la stanno uccidendo ogni giorno in tutti i modi possibili”, ha detto al giornale uno dei due figli della Ashtiani, il 22enne Sajad.
L’annuncio alla donna della finta esecuzione è giunto dopo che per giorni le autorità carcerarie hanno negato a familiari ed avvocati la visita alla prigioniera.
Ai suoi bambini è stato detto che la donna non voleva vederli mentre a lei è stato detto che nessuno aveva chiesto di incontrarla.
Sajad è venuto a conoscenza di questo ultimo episodio di violenza psicologica contro sua madre da una telefonata avuta con lei ieri.
“Sono furiosi per la mobilitazione internazionale in favore di mia madre, così si vendicano contro di lei”, ha detto. “Più sono le pressioni provenienti dall’estero, più loro la maltrattano”.
La Ashtiani, 43 anni, ha già subito 99 frustate per aver avuto “una relazione illecita fuori dal matrimonio” nel 2006, ma un altro tribunale ha riaperto il suo caso dopo l’omicidio di suo marito. La donna è stata assolta dall’accusa di omicidio ma giudicata colpevole di adulterio e condannata alla lapidazione.
Da quando il suo caso è alla ribalta internazionale, le autorità iraniane la indicano come complice nell’omicidio di suo marito, nonostante il suo avvocato Houtan Kian, nominato dal governo, abbia accusato le stesse autorità di aver inventato accuse contro di lei.
Sajad crede che l’unico motivo per cui sua madre è ancora viva sia la mobilitazione internazionale per il suo rilascio. “Prego che tutti nel mondo continuino a sostenerla, è l’unico modo utile per evitarle l’esecuzione”.
In un incontro avuto oggi nell’ufficio della magistratura della sua città, a Sajad è stato detto che il fascicolo relativo all’omicidio di suo padre è andato perso. “Stanno mentendo sulle accuse mosse a mia madre. Lei è stata assolta rispetto all’omicidio di mio padre, ma ora il governo sta presentando la propria falsa versione”.
La settimana scorsa l’abitazione dell’avvocato Kian è stata rovistata da agenti in borghese e diversi documenti, compreso quello che attesta l’assoluzione di Sakineh nel caso dell’omicidio del marito, sono stati confiscati.
Da allora le autorità hanno reso impossibile reperire una copia della sentenza. “Stanno distruggendo tutti i documenti ufficiali”, denuncia Sajad, “perché sanno che contengono molte discrepanze e contraddizioni”.
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