Sessantuno anni dopo l’Unità d’Italia, nel 1922, avveniva la Marcia su Roma. Ancora oggi si sta discutendo in Italia su come rappresentare la liberazione dalle conseguenze di quell’infausto momento. Oggi, nella data ebraica del 5 di Iyàr, festeggiando il 61° anniversario dell’Indipendenza dello Stato d’Israele ci chiedevamo se sarebbe possibile anche qui una “Marcia su Gerusalemme”. La storia insegna come le vicissitudini delle nazioni, le guerre, le grandi crisi economiche, possano scardinare i principi della convivenza civile generando sconsiderate e tragiche avventure. La società israeliana non è meno complessa e frastagliata rispetto a quella italiana, nelle diverse ideologie politiche e nei contrasti socioeconomici. E in più ha dovuto sopportare l’incessante ostilità del contesto geopolitico che in 61 anni ha causato 22.570 vittime militari e civili. Lo Stato israeliano ha finora saputo esprimere meccanismi di autocritica e di autocontrollo che ne hanno garantito il carattere civile democratico e rappresentativo. La chiave della futura esistenza di Israele sta nella sua capacità di difendere i propri interessi di sopravvivenza e di politica reale, che a volte impongono anche l’uso della forza, senza però mai dimenticare l’eterno imperativo ebraico di perseguire la verità, la giustizia, la vita, l’amore per il prossimo, la pace. È questo il vero senso dell’esigenza irrinunciabile che Israele sia lo Stato ebraico.
Sergio Della Pergola, demografo, Università Ebraica di Gerusalemme
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