lunedì 20 aprile 2009

Non uccidete il re. Per la laicità

Un prete radicale nella rivoluzione francese (*)

di Angiolo Bandinelli

Chiunque segua il dibattito in corso sui temi dell’incontro - o scontro - tra laici e cattolici, i vestali dello Stato e gli alfieri della Chiesa, non può non aver avuto, prima o poi, la sensazione di scorrere i capitoli di una apologetica monotona e arida, povera di basi storiche, ideali, religiose e filosofiche, preoccupata soprattutto di nutrire una schermaglia più aggressiva che convincente. I laici appaiono impacciati e sulla difensiva, mentre la parte cattolica si accontenta di giocare una partita evasiva e ripetitiva. La cultura cattolica ha valori grandiosi e rispettabili ma, nell’attuale polemica, solo raramente i suoi paladini avanzano tesi e posizioni di un qualche spessore: più spesso, queste vengono eluse o, se affiorano, sono accantonate con fretta sospetta, quasi per non offrire spazio al nuovo, al profondo, all’essenziale, valori o passioni senza i quali gli slanci della fede intristiscono come piantine rinsecchite.

A chi volesse rintracciare i termini alti della problematica cattolica siamo oggi in grado di consigliare una gratificante lettura, che ci immerge in un clima di discussioni su temi non distanti dall’oggi, però tenuti ad un eccezionale livello. Il libro, compatto ed essenziale, tratteggia la figura e alle opere di un prete, Baptiste-Henri Grégoire (1750-1831), in gioventù partecipe, seppur defilato, dello scontro tra giansenismo (con annessi gallicanesimo, figurismo, richerismo…) e gesuiti, poi invece protagonista originale delle vicende della rivoluzione francese, cui partecipò fin dall’inizio come eletto agli Stati Generali in rappresentanza del basso clero. Nell’acceso clima di Versailles l’abbé Grégoire si segnala come uno dei “venti o trenta deputati più noti, subito riconoscibili già dalla voce”. Sarà tra i promotori della Pallacorda, poi figura eminente della Assemblea Costituente, della Legislativa e della Convenzione. Benché avesse votato contro la costituzione civile del clero accettò, alla fine, di essere nominato vescovo “assermenté” di Blois e di Mans.

Il libro si sofferma in particolare sulla presa di posizione del nostro abate contro la pena capitale irrogata a re Luigi XVI, il sovrano che lui (di passioni repubblicane) aveva contribuito a far processare e condannare. A sottolinearne l’attualità, il curatore Luigi Recupero fa un puntuale riferimento alla campagna per la moratoria della pena di morte dei radicali di “Nessuno tocchi Caino”. Ma l’intervento parlamentare per evitare la decapitazione di Luigi XVI è solo uno dei tanti con i quali l’abbé viene man mano costruendo l’immagine di un credente, un cattolico, fautore coraggioso di grandi principi liberali e di modernissimi valori democratici. A pochi giorni dalla nascita dell’Assemblea Costituente, Grégoire presentava una mozione per chiedere l’ammissione dei delegati ebrei. Interverrà poi a più riprese, a favore del basso clero angariato dalle gerarchie o per chiedere che alla “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” ne venisse allegata una sui “Doveri” e che nel documento fosse fatto esplicito riferimento a Dio quale garante di quei diritti; ma anche per opporsi al sistema elettorale censitario o per fare estendere l’elettorato passivo alla gente di colore. Temi ecclesiali e laici insieme, l’elenco completo sarebbe troppo lungo.

L’abbé Grégoire deve essere considerato uno dei padri del liberalismo, cui arriva non da posizioni laicoborghesi o di stampo protestante, ma da profonde meditazioni sui valori della fede cattolica. Le chiavi filosofico-teologiche di cui egli essenzialmente si serve sono il gallicanesimo e il giansenismo di Port- Royal, con il suo severo agostinismo. Il gallicanesimo propugnava non solo il controllo dei sovrani francesi sulle nomine dei vescovi, ma anche la tesi che il potere del papa trovi un limite nell’autorità dei vescovi riuniti in concilio. E sono ben note le tesi gianseniste sulla grazia, la predestinazione e il libero arbitrio, come anche sulla severità e semplicità del culto e dei costumi ecclesiastici. Il suo gallicanesimo, il suo giansenismo, sono un fecondo humus di valori liberali e democratici i cui frutti si ritroveranno nel pensiero di un Manzoni come di un Buonaiuti, fino a certe indicazioni e percorsi riformatori del Concilio Vaticano II.

Cinque, i testi qui tradotti: i due interventi pronunciati nelle sedute del 12 e 18 agosto 1789, riguardanti la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino; il grande discorso del 15 novembre 1792 per evitare la pena di morte a Luigi XVI e quello “sulla libertà dei culti” del 21 dicembre 1974. Infine, viene presentata la “Lettera del cittadino Grégoire, vescovo di Blois, a Monsignor Ramon-Joseph de Arçe, arcivescovo di Burgos, inquisitore generale di Spagna”, per caldeggiare la soppressione dell’odioso tribunale. Ogni documento si giova di una presentazione di Luigi Recupero, che cura anche il ricco apparato di note e una utile bibliografia generale.

Baptiste-Henri Grégoire
“Non uccidete il re. Per la laicità”
a cura di Luigi Recupero, prefazione di Stefania Mazzone
pp. 170, Euro 13,40
Selene edizioni 2008
NOTE

(*) Da “L’Indice dei libri del mese”, aprile 2009

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