mercoledì 17 dicembre 2008

Violenza di Stato


Da 17 anni prigioniera in stato vegetativo permanente, sequestrata dal proprio corpo e da uno Stato che, con brutale violenza le nega il diritto di dar seguito a quelle che erano le sue libere convinzioni. Eluana Englaro aveva espresso chiaramente le proprie volontà di fine vita, rifiutando quei trattamenti che uno Stato codardo e violento continua a imporle.
Dopo un’estenuante battaglia legale durata 10 ANNI il padre con un coraggio e una perseveranza, degne della più profonda ammirazione era finalmente riuscito a trovare un giudice anche in Italia. Anche in Italia come in molti altri Paesi civili un cittadino poteva decidere della propria vita, dei trattamenti sanitari a cui essere sottoposto. Si doveva in sostanza rispettare le libere volontà di una cittadina della Repubblica, così aveva deciso da ultimo la Corte di Cassazione.
Ora un ministro di questa repubblica Maurizio Sacconi, con un provvedimento che ignora completamente alla decisione della corte, impartisce delle disposizioni alle strutture sanitarie pubbliche con l’obiettivo di impedire che a Eluana si possa staccare il sondino per l’alimentazione.
Un atto intimidatorio nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche e contro gli operatori che ci lavorano, ma soprattutto un atto di forza di uno Stato che si accanisce contro un corpo inerte di una giovane donna che non può più difendersi. Ignobile codardia.
Il padre, Beppino Englaro, in questi 17 anni non si è rassegnato ed ha continuato una battaglia alla luce del sole senza rifugiarsi nella clandestinità di un intervento pietoso di qualche medico più o meno caritatevole. Beppino Englaro lotta perché siano rispettate le volontà della figlia, ma la sua battaglia ci riguarda, perché riguarda il rispetto delle libertà che uno stato civile e di diritto deve garantire ai propri cittadini. Dobbiamo molto a quest’uomo, molto di più di quello che riesco a esprimere con questo forte abbraccio che voglio inviargli. Grazie dal profondo.

lunedì 15 dicembre 2008

Il governo delle ecoballe


Due miliardi di euro, e quanto ci costerà finanziare la costruzione dei termovalorizzatori in Sicilia, che, in teoria, dovrebbero impedire il verificarsi di una nuova emergenza rifiuti come quella Campana che ci è già costata, stando alle stime, circa 1,8 miliardi. Il sovraprezzo che ci verrà addebitato in bolletta, dell'ordine dei 100 euro annui a famiglia, sarebbe dovuto servire a finanziare la produzione di energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Tutto questo mentre governo e maggioranza continuano imperterriti a dichiarare che non metteranno le mani nei nostri portafogli ed anzi si vantano del fatto di aver messo sul piatto, dell'elemosina, 400 milioni per la social-card.

Mentre in Sicilia la raccolta differenziata raggiunge il 5%, in Svizzera ed in Germania continuano a produrre energia grazie ai nostri rifiuti che noi provvediamo a inviare loro via FS ad un costo difficilmente stimabile ma che di certo vale parecchi provvedimenti tipo social-card.

venerdì 12 dicembre 2008

Visione


La coscienza è una lampada accesa. Quando si tengono chiusi gli occhi, non la si vede.


Vittorio DanSegre, pensionato

mercoledì 10 dicembre 2008

60 anni dopo


“Provate a sfogliare un giorno qualunque della settimana il vostro giornale e vi troverete il resoconto da un certo canto del globo relativo al caso di qualche individuo imprigionato, torturato, giustiziato in ragione del fatto che le sue opinioni o il suo credo religioso risultano inaccettabili al proprio paese. Ci sono milioni di persone siffatte recluse in carcere e il loro numero non cessa di aumentare. Un senso sgradevole d’impotenza pervade il lettore. Cionondimeno se questi sentimenti di orrore affioranti nel mondo intero potessero amalgamarsi in uno sforzo comune, qualcosa di efficace potrebbe essere fatto.”
Cosi Peter Benenson, fondatore di Amnesty International. Trovo che queste parole, seppur pronunciate 47 anni fa, siano di grande attualità. Sia, purtroppo, per quel che concerne la situazione dei diritti umani nel mondo, sia a maggior ragione, per ciò che riguarda l’atteggiamento di chiunque voglia lottare dando il proprio contributo perché nel mondo si affermino quei diritti umani fondamentali che trovano posto nella Dichiarazione Universale di cui oggi si celebra il 60° anniversario.

martedì 9 dicembre 2008

Gli ultimi dieci, 60 anni dopo


Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.

Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.

La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.


Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.


Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.


Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.


Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.


Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.


Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.


Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.


Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.


Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

lunedì 8 dicembre 2008

I successivi dieci, 60 anni dopo


Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.


Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.


Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.


Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.

Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.


Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.


Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.

Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.


Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.


Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.


Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.


Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione

I primi dieci, 60 anni dopo


Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o punizione crudeli, inumane e degradanti.

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un’eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto da un’eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

venerdì 5 dicembre 2008

Miseria


La miseria è più facile da sopportare del desiderio di scacciarla.

Vittorio Dan Segre, pensionato

martedì 2 dicembre 2008

Limud in memoria delle vittime di Mumbai


L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Comunità Ebraica di Roma e l'Ambasciata d'Israele in Italia hanno indetto un Yzkor e limud in memoria delle vittime dell'attentato terroristico di Mumbai.La cerimonia si svolgerà presso il Tempio Maggiore di Roma mercoledì 3 dicembre 2008 alle ore 20,15.

lunedì 1 dicembre 2008

Usare il cervello, usare il preservativo


20° anniversario della giornata mondiale della lotta contro l’AIDS. Il virus che ha provocato qualcosa come 25 milioni di vittime, ancora oggi colpisce oltre 33 milioni di persone in tutto il mondo. Nel 2007 ci sono state 2,7 milioni di nuove infezioni, e 2 milioni di decessi legati all’AIDS di cui il 75% sono avvenuti nella sola Africa sub sahariana, regione in cui in questi 20 anni, l’AIDS ha reso orfani 12 milioni di bambini.
Per ciò che riguarda le nuove infezioni ci sono situazioni preoccupanti anche in paesi popolosi situati in altre regioni come la Federazione Russa e l’Indonesia.
A livello mondiale le donne sono la metà circa di tutte le persone colpite dal virus mentre i giovani tra i 14 e 25 anni rappresentano il 45% delle nuove infezioni. Si stima che 370000 giovani di età inferiore ai 15 anni siano stati infettati nel 2007 portando il numero di bambini che vivono con il virus ad un totale di 2 milioni erano 1,6 milioni nel 2001. Il 90% di questi 2 milioni di bambini vive nell’Africa sub sahariana. Si tratta di numeri davvero impressionanti, ma dietro ai numeri ci sono persone in carne e ossa che vengono quotidianamente colpite dal virus e che molto spesso non possono accedere a nessun tipo di assistenza sanitaria.
In Italia si verificano 4 mila nuove infezioni all’anno, le persone colpite dal virus sono ad oggi 59.500. La via di trasmissione del virus è quasi esclusivamente quella sessuale.
Cosa fanno le nostre amate istituzioni tipo il ministero del Welfare: censura la canzone “Quando sei li per li” degli Assalti Frontali, canzone scelta per la campagna di prevenzione. Motivo viene citato l’oggetto proibito: il preservativo. In questo disgraziato paese siamo a questi livelli. A parte questa iniziativa governo e istituzioni varie sono quanto mai latitanti. Vergogna.

domenica 30 novembre 2008

Massacri


Ancora massacri in Nigeria, le violenze sono scoppiate venerdì dopo che, a Jos, città incuneata tra il Nord del Paese a maggioranza mussulmana e il sud cristiano, sono stati contestati i risultati di un’elezione locale. Un responsabile della croce rossa protetto dall’anonimato ha dichiarato che all’interno della moschea della città di Jos, capoluogo dello stato di Plateau nel centro della Nigeria, ha potuto contare 218 corpi. Migliaia di persone hanno lasciato le loro case trovando rifugio in edifici governativi o all’interno di luoghi di culto. Mentre il bilancio delle vittime degli scontri sembra destinato ad aumentare, il governatore dello stato, Jonah Jang ha dichiarato il coprifuoco, ordinando alle truppe di sparare a vista. Intanto i soldati stanno provvedendo al recupero dei corpi abbandonati lungo le strade, cercando così di evitare la diffusione di epidemie. Lo scontro religioso, come spesso capita, si unisce e maschera le vere cause del conflitto che risiedono nella possibilità di accedere alle risorse naturali del luogo e al possesso della terra, non meno importanti sono i due milioni di barili di greggio che ogni giorno sono estratti in Nigeria.
Silenzio ed inerzia della comunità internazionale.

venerdì 28 novembre 2008

Differenze


C'è una differenza profonda fra piacere e gioia. Il primo muore con la sua soddisfazione, la seconda continua attraverso il piacere degli altri.


Vittorio Dan Segre, pensionato

giovedì 27 novembre 2008

Antisionismo, antisemitismo, negazionismo


Oggi, all’Università di Gerusalemme, ho avuto l’onore di leggere al Presidente Giorgio Napolitano la motivazione della sua elezione a Doctor Philosophiae Honoris Causa. Il Presidente Napolitano è innanzitutto uno Statista ammirevole per il suo lungo, coraggioso e non facile percorso sulla strada dei valori dell’antifascismo, della democrazia, della libertà, della giustizia sociale, e dell’unità nazionale. Ma il Presidente Napolitano ha saputo anche dire parole nobili e gratificanti sulle questioni che toccano più acutamente il popolo ebraico e lo stato d'Israele. Fu esemplare il suo discorso in occasione della Giornata della Memoria: “Dobbiamo combattere ogni rigurgito di antisemitismo, anche quando esso si travesta da antisionismo, perché antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello Stato ebraico, delle ragioni della sua nascita ieri e della sua sicurezza oggi, al di là dei governi che si alternano nella guida di Israele”.


Sergio Della Pergola
demografo, Università Ebraica di Gerusalemme

martedì 25 novembre 2008

Uomini e caporali


Ogni estate migliala di stranieri, provenienti dall'Africa e dall'Europa dell'Est, si riversano nel Tavoliere delle Puglie per impegnarsi nella raccolta dei pomodori e di altri frutti della terra. Sono i nuovi braccianti: vivono in casolari diroccati o in baraccopoli, in condizioni igieniche, lavorative e salariali atroci, che sembravano scomparse. La loro esistenza viene afferrata e stritolata da un sistema agricolo arcaico e disumano. Diventano vittime dei caporali i quali, d'accordo dei proprietari terrieri della zona, li smistano in tutta la regione. Tra i "nuovi schiavi" che hanno provato a ribellarsi, molti sono scomparsi nel nulla. Altri sono morti in circostanze misteriose. Ma nell'estate del 2005 tre ragazzi polacchi sono riusciti a scappare dai loro aguzzini e a raggiungere il consolato di Bari. Grazie alla loro denuncia, è stato possibile un blitz dei carabinieri e un'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia che ha portato all'arresto di decine di caporali. L'autore ha incontrato le vittime, ha studiato le tecniche e le "biografie" dei nuovi kapò, ha interrogato magistrati, avvocati, medici, sindacalisti che hanno provato a opporsi allo sfruttamento. Racconta un Sud in bilico tra arretratezza e modernità, all'avanguardia nella gestione del nuovo mercato delle braccia. Un Sud dinamico e al contempo immutabile, in cui la terra si lavora come cento anni fa quando a essere sterminati nelle campagne erano i braccianti pugliesi.


Alessandro Leogrande
“Uomini e caporali”
Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del sud.
Mondadori Editore

domenica 23 novembre 2008

Gli assassini della memoria

La vicenda del professor Roberto Valvo, sospeso dall’Ufficio scolastico del Lazio per le sue affermazioni negazioniste, invita a riprendere in mano un vecchio testo di Pierre Vidal-Naquet (“Gli Assassini della memoria”, ora riproposto dalle edizioni Viella con un’introduzione di Giovanni Miccoli).“Curiosi storici, in verità questi che invece di impegnarsi a ‘conoscere lo sviluppo preciso degli avvenimenti’ si ergono a giudici delle ‘prove di colpevolezza’ in un processo che ha luogo soltanto perché essi negano l’esistenza della materia del contendere e che, al momento del verdetto, saranno dunque necessariamente portati a dichiarare false tutte le prove contrarie all’a-priori da cui non recedono”.

David Bidussa
storico sociale delle idee

sabato 22 novembre 2008

Socialismo liberale


“La collana da me diretta è dedicata esclusivamente a esaminare i problemi che oggi nel nostro Paese pone la Chiesa come forza politica. La collana si rivolge più che agli studiosi, ai lettori dei settimanali e ha carattere polemico. Vuole essere uno strumento di lotta politica”. Così Ernesto Rossi a Roberto Mrozzo della Rocca in una lettera del 24 dicembre 1959 dove chiariva obiettivi e scopi della collana “Stato e Chiesa”, curata (gratuitamente) per l’editore Parenti. Un impegno cominciato nel 1957 e che si conclude nel 1962. Inizialmente Rossi avrebbe voluto “sfornare un libretto” ogni tre mesi, per assicurare “continuità” alla collana: “volumetti di non più di duecento pagine, dal tono polemico e incalzante anche nel ritmo di uscita, dal punto di vista economico le pubblicazioni dovevano essere alla portata di tutti: nel febbraio 1957 Rossi non avrebbe voluto un prezzo di copertina superiore alle 500 lire a volume cosa di difficile realizzazione…”. Il bel volume, di Simonetta Michelotti, “Stato e Chiesa: Ernesto Rossi contro il clericalismo” (Rubbettino editore) è fonte di preziose informazioni. “Anche se non tutti i volumi della collana ebbero i crismi dell’originalità, ciò non implica una mancanza di interesse nelle attività editoriali di Rossi, poiché riveste un’importanza fondamentale anche il divulgare e il riproporre opere che andrebbero altrimenti perdute (è il caso de “Il Sillabo”) ovvero soffrono delle difficoltà di reperimento (è il caso dei testi in “La Conciliazione”). Completano la rosa dei volumi in cui furono riproposti documenti o scritti del passato “Clericali e laici”, “Lo stato catechista”, “L’Azione Cattolica e il regime”, anche se quest’ultima opera fu pubblicata fuori collana. Altri volumi si differenziano da questo modello solo perché la riproposta dei documenti o degli scritti è collegata al periodo 1957-1962, come il “Processo al Vescovo di Prato”, “A trent’anni dal “Concordato”, e in parte anche “Il manganello e l’aspersorio”, poiché già anticipato sulle colonne de “Il Mondo”. Opere originali invece “Risorgimento scomunicato”, “I preti in cattedra”, “Gli spretati”, “Socialisti anticlericali”, “Papalini in città libera” e “Matrimonio concordatario”, anche se quest’ultimo contiene un repertorio documentale.
“Preti in cattedra” , quarto volume della collana, veniva così presentato: “La scuola moderna ha come suo fine fondamentale la formazione della personalità, intesa nel senso più ampio della parola: deve, cioè, insegnare quali sono e come vanno usati gli strumenti della conoscenza per la ricerca della verità; informare sui fatti, e sulle teorie che spiegano i fatti, senza reticenze e deformazioni; abituare all’esame critico dei diversi punti di vista; educare gli uomini di carattere, consapevoli dei loro doveri e capaci di rivendicare i loro diritti. Questa scuola è l’antitesi della scuola confessionale, che sostiene la verità rivelata contro la verità di ragione; che professa l’insegnamento catechistico invece della libera ricerca individuale; che educa ad obbedire docilmente alle autorità costituite, qualunque esse siano, purché vadano d’accordo col Papa. Per demolire quanto i migliori uomini del nostro Risorgimento avevano costruito in questo campo, il regime fascista già aveva ristabilito l’insegnamento della religione nella scuola pubblica, aveva dato il riconoscimento legale alle scuole confessionali, aveva stipulato il Concordato, per il quale l’insegnamento della dottrina cattolica costituisce il “fondamento” e il “coronamento” di tutta la pubblica istruzione. Dopo la guerra i governi vicari della S.Sede hanno continuato nell’opera di demolizione facendo mancare alla scuola pubblica i mezzi finanziari indispensabili, permeandola di principi pedagogici sostenuti dalle encicliche pontificie, ed avvilendola in tutti i modi, a vantaggio della scuola dipendente della gerarchia ecclesiastica. Luigi Rodelli, ordinario di lettere italiane e latine nei licei dello Stato, offre, in questo libro un quadro completo della situazione nei diversi ordini di studi, e ne trae le conseguenze sulla base della sua diretta esperienza di insegnante “laico”. Impostando il problema della pubblica istruzione in Italia nei suoi termini storici, giuridici, morali, questo libro è insieme una fonte di informazione e un invito all’azione per tutti coloro che non sono disposti a lasciare la scuola in balia dei preti o a farla cadere sotto il loro dominio, come era da noi prima dell’unificazione, e come è ancora oggi in Spagna, paese perciò additato come modello ideale dai gesuiti e dalla Curia romana.

L’angelo custode.

Entriamo in una scuola elementare. Non sempre si tratta di un edificio costruito ad hoc, né di un edificio convenientemente adattato a questo scopo; a volte non si tratta neppure di un edificio, o di una casa, ma di una baracca, di una grotta o di una stalla dove i fanciulli si danno il turno con le bestie sull’impiantito di terra e portan con sé il banco. Anche nelle città più ricche, dove non si vedono questi spettacoli che sono frequenti soprattutto nelle province del Mezzogiorno, gli edifici scolastici sono così insufficienti che spesso vi si alternano due o tre turni di diverse scolaresche in un giorno. Dal canto loro le statistiche dicono che nel 1952 mancavano 63.848 aule, pari al 40 per cento del fabbisogno total, e che ve ne erano 27.280 allogate nel modo che s’è detto. Una relazione ufficiale aggiunge ai sostantivi la particella ex: “ex conventi, ex caserme, ex stalle, ex soffitte, ex magazzini, ex grotte, ex osterie”. Anche con le nuove leggi del 9 agosto 1954 e del 19 marzo 1955 “passeranno alcuni decenni prima che ci siano sufficienti aule sufficienti per la istruzione elementare di tutti i bambini italiani”, soprattutto quelli del Mezzogiorno e delle isole, perché, come è avvenuto in passato, anche questa volta il complicato sistema dei mutui e delle sovvenzioni ai comuni va a svantaggio dei comuni più poveri e delle frazioni di comuni.

Per la costruzione di nuove chiese e case canoniche il governo italiano ha già stanziato direttamente, in virtù della legge 18 dicembre 1952, 14 miliardi nei primi quattro anni, oltre ai 30 spesi per le ricostruzioni, e continua a iscrivere nel bilancio annuale dello Stato una spesa la cui entità può variare ogni anno senza limiti. Nel solo anno 1956 lo Stato ha ripristinato a sue spese 11.228 campane. Nel varcare la soglia di una scuola elementare queste cifre ci tornano alla mente per averle lette nei giornali.

Considerazioni di tutt’altra natura prevalgono intanto nell’animo nostro. Trovandoci di fronte ad una realtà umana che ci avvince e vuol essere capita nell’ambito del suo essere attuale, hic et nunc, mettiamo da parte principi ed idee generali e ci immergiamo in ciò che ci circonda. La prima impressione – quella di trovarci di fronte a un mondo su scala ridotta – ci riporta alla nostra personale esperienza della scuola elementare. Là dove il nostro ricordo è sbiadito si sovrappone la visione retorico-sentimentale ispirata ai racconti del De Amicis, che abbiamo sistemato “dopo” nella nostra coscienza riflessa. Così come abbiamo scoperto “dopo” il senso di certe parole astratte, di certe intonazioni che ora riaffiorano di colpo dentro di noi. Quel tanto che v’era nell’aria di solidarietà umana, di pari dignità del lavoro e di giustizia sociale ed era il frutto (già contrastato) di una grande passione che aveva animato molti maestri italiani, formatisi alla scuola del positivismo e del socialismo. La scuola elementare aveva ricevuto allora il primo impulso a trasformarsi da sgabello della scuola media, per la quale forniva le nozioni elementari (donde il nome) a scuola primaria di tutto il popolo. Anche nei libri di testo, l’emancipazione dell’uomo dalla schiavitù dell’ignoranza e della superstizione (se non della miseria), la formazione della coscienza morale erano gli ideali che avevano preso il posto del vuoto formalismo (il galateo) e del compassato moralismo ipocrita dei tempi di Giannetto e Giannettino. I piccoli protagonisti di una falsa letteratura per l’infanzia, contro la quale nel 1871 aveva alzato la sua voce Francesco De Sanctis dalla cattedra dell’università di Napoli.


di Luigi Rodelli

venerdì 21 novembre 2008

Qualcuno con cui correre


"Qualcuno con cui correre" è il titolo di un film israeliano, tratto dall'omonimo libro di David Grosman, che è stato presentato ieri sera a Roma con doppiaggio in lingua italiana al festival del cinema israeliano organizzato dal Pitigliani e che da domani sarà proiettato nel circuito comune. Per chi immagina Israele, e la sua capitale Gerusalemme, come la terra del latte e del miele, dove si realizzano i sogni e gli ideali virtuosi, il film è uno schock con la sua presentazione di adolescenti disperati e tossici, di sfruttatori, di bande fasciste, di violenze di ogni tipo. La realtà di Israele non è quella dell'ideale, e in questo si può dire che si sia realizzato il sogno sionista di rendere gli ebrei un popolo "normale", con la sua brava percentuale di delinquenti e problemi sociali. Il film-parabola finisce però con un happy end, come le antiche favole. Se fossimo del tutto un popolo "normale", oggi la realtà e la letteratura non lascerebbero spazio all'ottimismo. Probabilmente c'è ancora un piccolo spazio per la nostra "anormalità", che si esprime, malgrado tutto, con qualcosa di diverso; in questo caso èsemplicemente la speranza.


RiccardoDi Segni, rabbino capo di Roma

martedì 18 novembre 2008

Rispetto, silenzio e solitudine


Eluana, e suo padre. Difficile esprimersi. Terribilmente difficile. Ho solo un presentimento: siamo abituati a pensare che quando qualcuno soffre la presenza degli altri sia qualcosa di indispensabile. Si porgono le con-doglianze. Come se il dolore non ammettesse la solitudine. La tradizione ebraica invita a non giudicare una persona nel momento del dolore. Sulla lunga distanza del tempo e dello spazio, provo a immaginare che forse, in questa storia di dolore che vede un padre e una figlia insieme, attraverso la vita e la morte, forse lasciare spazio a un poco di solitudine sarebbe stato un atto di rispetto. Invece di inveire contro una sentenza, in loro nome. Invece di gridare all'assassinio, in loro nome. Invece di mettersi nei loro panni, come se fosse la cosa più facile di questo mondo.

Elena Loewenthal, scrittrice

venerdì 14 novembre 2008

Conversione versus conversazione

Una delle piaghe del nostro tempo è di parlare troppo e troppo spesso di Dio.
Troppo poco e poco spesso con Dio.


Vittorio Dan Segre, pensionato

martedì 11 novembre 2008

Omicidi

Secondo il potere Vaticano rispettare le volontà di fine vita di Eluana Englaro, è omicidio. Vogliono regalarle la naturalità della morte. Dicono proprio così. Lo trovo a dir poco ributtante. Questi sono gli stessi che hanno regalato a Giordano Bruno il rogo sul quale lo hanno arso vivo. Sono passati poco meno di 408 anni. Ma per questo potere nulla è cambiato, permane la violenza, ora solo verbale ma certo non meno pericolosa, e l'odio per ogni forma di libero arbitrio. Vi chiedete se è lo stesso potere che ritiene Pio XII un santo? Risposta esatta.

domenica 9 novembre 2008

Espulsioni mirate



Medici Senza Frontiere costretta a lasciare Lampedusa: interrogazione dei parlamentari radicali


Roma, 6 novembre 2008

Medici Senza Frontiere, l'Ong umanitaria che svolge la sua attività di assistenza sanitaria in diversi paesi del mondo, è stata costretta a chiudere, lo scorso 31 ottobre, le sue attività sull'isola di Lampedusa a causa del mancato rinnovo del Protocollo di intesa con il Ministero degli Interni. I deputati radicali Rita Bernardini e Matteo Mecacci e i senatori radicali Donatella Poretti e Marco Perduca, hanno oggi depositato la seguente interrogazione parlamentare:
Al Ministero degli Interni
Per sapere – premesso che:
- l'ong di assistenza e aiuto sanitario, Medici Senza Frontiere (MSF), conosciuta in tutto il mondo per il suo impegno umanitario, il 31 ottobre 2008 scorso è stata costretta a chiudere le sue attività sull'Isola di Lampedusa, dopo sei anni, a causa del diniego del Ministero degli Interni a firmare un nuovo Protocollo d'Intesa e a non rilasciare il permesso necessario affinghè MSF continui ad operare adeguatamente;
- MSF ha garantito dal 2002 visite mediche d'emergenza gratuite per i migranti che arrivano sull'isola dopo aver attraversato un drammatico viaggio in mare. Dal 2005 fino ad oggi il team di MSF ha visitato 4.550 migranti, 1.420 solo fra gennaio e ottobre del 2008;
- l'assistenza sanitaria e di primo intervento di MSF ha consentito in questi anni un supporto importante, necessario e utile al servizio sanitario regionale che non riesce, viste le continue gravi emergenze, a far fronte autonomamente all'assistenza di migliaia di persone che necessitano di primo soccorso; nei primi dieci mesi del 2008 le persone sbarcate sulle coste dell'Isola di Lampedusa sono state più di 25.000;
- negli ultimi anni tra i migranti sbarcati a Lampedusa vi sono stati incrementi di patologie dovute alle condizioni dei viaggi in mare (traumi, ipotermia, ustioni etc.).
- rispetto agli anni scorsi è cambiata la popolazione migrante, dal momento che sempre più persone provengono da zone di guerra o paesi colpiti da carestie, come Somalia, Eritrea, Sudan ed Etiopia (30%). Un dato rilevante è l'incremento del numero delle donne (12%) e dei minori (8%), con un aumento delle donne in gravidanza (151 dall'inizio
dell'anno).
Per sapere:
- quali sono i motivi del mancato rinnovo del Protocollo di intesa e quindi delle autorizzazioni ad operare sull'Isola di Lampedusa da parte della Ong internazionale Medici Senza Frontiere;
- se non ritenga il Ministro che tale decisione sia in netto contrasto con le varie disposizioni nazionali e internazioni sul rispetto dei diritti umani sottoscritte dall'Italia;
- quali studi e analisi sono stati fatti dal Governo italiano riguardo le garanzie di assistenza sanitaria che senza l'apporto del MSF potranno essere assicurati a migliaia di migranti d'ora in poi;
- quali sono le Ong che attualmente operano sull'Isola di Lampedusa e quali sono i criteri che consentono la firma di Protocolli di intesa con le stesse.
Deputati:
Rita Bernardini
Marco Beltrandi
Matteo Mecacci

Senatori:
Donatella Poretti
Marco Perduca-->
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sabato 8 novembre 2008

Futuro remoto


Le società umane vivono se investono sul futuro, se formano giovani capaci di affrontare le sfide del loro tempo. In Italia non sembra un principio che interessi a qualcuno. Il modo per valutarlo è fare i conti a chi quel futuro dovrebbe costruirlo e, allo stesso tempo, chiedersi perché sia più interessante “salvare l’Alitalia” e mettere tutti d’accordo, ma non intervenire sulla scuola seguendo lo stesso principio. Non ci va un discorso complicato.Un ricercatore universitario – quella figura su cui tutti piangono se va via, ma su cui nessuno investe - percepisce in media uno stipendio di 1480 euro al mese. Detto in altri termini: giovani scienziati da cui ci aspettiamo la cura del cancro, la scoperta di fonti di energia rinnovabile o, anche la nuova cultura che ci consenta di interpretare e capire il nostro tempo, guadagnano meno dell’idraulico che ci ripara il lavandino. Non dipende dal fatto che un idraulico guadagna molte volte di più perché ha meno concorrenti sul mercato. Il mercato non c’entra nulla. C’entra, e molto, se noi pensiamo di avere un futuro e quanto vogliamo investirvi.La scuola (e ancor più la ricerca) è pensata come un peso e non come un luogo in cui si scommette sul futuro. Infatti, se lo fosse solleciterebbe una ricerca di mediazione simile a quella che ha interessato l’Alitalia. Segno evidente del “tempo corto” che ci caratterizza e del fatto che al di là dei discorsi solenni di molti, il futuro non ci riguarda. La scuola infatti non produce reddito, anzi è un costo; non dà riscontri immediati (e dunque è in netto contrasto con una cultura del “tutto e subito”); richiede che si rinunci a qualcosa (principio estraneo all’etica pubblica corrente). E che tutto questo ne valga la pena. Un dato che dice che l’Italia non è un paese per giovani.
David Bidussa, storico sociale delle idee

lunedì 3 novembre 2008

Faccio porto


Sono fuori per qualche giorno ci rileggiamo,

un caro saluto a tutti voi,

a presto.

domenica 2 novembre 2008

Microchip insanguinati




Ci viene raccontato di guerre tribali ed etniche, di hutu contro tutsi, di Ruanda contro Congo, di ribelli contro governativi. Una fatale continuazione di anni di odio, di massacri, uccisioni, stupri, devastazione, saccheggi con milioni di morti e rifugiati. Ci viene raccontata l’impotenza dell’ ONU e delle sue truppe dislocate sul posto. Ci viene raccontata l’ennesima emergenza umanitaria. Ci viene detto che ci sono responsabilità da entrambi i fronti, magari più dall’uno che dall’altro.
Tutto questo ha la durata di 24 ore poco più, i TG non hanno spazio sufficiente per tutte le tragedie e devono gettarsi sulla cronaca nera, guardando dal buco della serratura le dolorose vicende delle persone coinvolte. I giornali non sono da meno e la notizia scivola nelle brevi sino a scomparire.
Peccato perché avendo un po’ più di tempo e di voglia si potrebbe spedire qualche inviato speciale nel nord kivu, per visitare le miniere dove vengono estratti minerali di non poco valore tra cui il coltan utilizzato nella produzione dei microchip che ritroviamo nei nostri cellulari. Magari si riuscirebbe a capire chi sono le aziende che pur di acquistare le materie prime di cui sopra, rendono la zona tra le prime al mondo in termini di corruzione e che al contempo finanziano, di fatto, l’acquisto di armi da parte dei delinquenti assassini che poi imperversano nella regione. E magari i nostri governi, sotto pressione, invece di girare la testa dall’altra parte inviando di tanto in tanto qualche spicciolo per mettersi la coscienza a posto, sarebbero costretti ad intervenire per fermare questo commercio criminogeno e criminale che alimenta il genocidio in corso. E magari alla fine si riuscirebbe a riportare un po’ di pace e ad organizzare un intervento umanitario che non assomigli a una foglia di fico che copre la nostra vergogna.


Magari!

sabato 1 novembre 2008

Alleanza vincente


Negli Usa è rispuntato il Ku-Klux-Klan con gli stessi personaggi degli anni '70, un po' invecchiati, e lo stesso odio verso i neri, i diversi, gli ebrei, con la stessa voglia di supremazia bianca. Negli anni '60 gli ebrei furono alleati dei neri contro il Ku-Klux-Klan e per i diritti civili. Sfilarono insieme, e combatterono insieme. Poi, purtroppo, questa alleanza si ruppe. Ora, se Obama sarà eletto presidente, sarà con i voti dei neri e degli ebrei, di nuovo insieme. E questa anche non è cosa da poco.

Anna Foa, storica

giovedì 30 ottobre 2008

Gli opposti


Perché tutti parlano della morte come fosse l'opposto della vita.

La morte è piuttosto l'opposto della nascita.

Vittorio Dan Segre, pensionato

mercoledì 29 ottobre 2008

Resistenza


Tornano in aula dopo 70 anni i ragazzi della scuola del coraggio


Settant’anni dopo sono tornati nelle aule che li avevano visti bambini e ragazzi negli anni bui delle leggi razziali. Gli alunni che frequentarono la scuola ebraica di Trieste fra il 1938 e l’estate del 1943 si sono dati appuntamento domenica 26/10 in un incontro organizzato dalla Comunità ebraica e da un gruppo di ex allievi per ricordare i 70 anni della fondazione della scuola media ebraica che vide la luce proprio per accogliere i ragazzi espulsi dagli istituti pubblici (quella elementare era in funzione già da fine Settecento).In sala, insieme a figli e nipoti, si sono ritrovati oltre un centinaio di studenti e insegnanti d’allora. Uomini e donne tra i 70 e i 95 anni, molti da tempo residenti in Israele, sorretti da una tempra e un’energia invidiabili. Testimoni di un’epoca drammatica che mai hanno cessato di piangere le loro famiglie perite nella Shoah. Ma che rifiutano di ripiegarsi nel lamento o nella recriminazione per rivendicare invece la stringente attualità della loro memoria e la bellezza, quasi incredibile, dei loro anni di scuola.


“Negli anni della discriminazione razziale la scuola ebraica è stata per gli alunni un’isola di serenità e di spensieratezza – spiega Mauro Tabor assessore alla cultura della Comunità ebraica di Trieste – Attraverso l’educazione e lo studio la Comunità ha cercato di proteggere i suoi giovani e ha tentato di dare loro una speranza proprio nel momento in cui la società gliela stava togliendo e si preparava la tragedia della Shoah”. Il futuro aveva in serbo per quei bambini vicende di fuga, di persecuzione e di morte. Ma tra le mura dell’antico edificio di via del Monte, l’erta ripida cantata dal poeta Umberto Saba, la storia sembra per qualche anno vivere una straordinaria battuta d’arresto.Le fotografie di allora, affisse in sala e proposte qualche anno fa in una bella mostra intitolata “L’educazione spezzata” realizzata dalla Comunità triestina, parlano infatti di recite in costume, di riunioni festose, di gite d’istruzione. Il clima minaccioso dei tempi non rimane inavvertito. Alcuni ex alunni ricordano infatti il bidello Israel che li accompagnava a casa dopo le lezioni per evitare le aggressioni fasciste. Qualcun altro racconta di visite ministeriali che richiedevano l’obbligo della divisa da figlio della lupa e della preoccupazione crescente dei genitori davanti alla discriminazione. Ma nel ricordo di tutti prevale la gioia della giovinezza e di quel tempo trascorso con i compagni.


“L’atmosfera era bellissima – racconta Claudia Volli, classe 1925 – La scuola ebraica era come una famiglia, sono stati anni sereni. Durante gli intervalli ci incontravamo e dopo la scuola andavamo in gita, organizzavamo feste, c’erano flirt e coppiette”. “La cacciata dalle scuole pubbliche minacciò di toglierci il futuro – dice Bruna Schreiber - La scuola ebraica in parte riuscì a restituircelo attraverso la routine quotidiana dei compiti, delle interrogazioni, dello studio”.A questo clima contribuirono in maniera decisiva l’impegno e il carisma degli insegnanti (due di loro, il professor Giulio Levi Castellini e il professor Fabio Suadi) hanno preso parte all’incontro. Anch’essi allontanati dagli istituti pubblici, si dedicarono infatti al loro lavoro con professionalità ed estrema dedizione. I loro alunni serbano ancora nel cuore le loro parole e il loro insegnamento. “Prima delle leggi razziali – racconta Sergio Sacerdoti, 77 anni – frequentavo la prima elementare nella scuola pubblica. Dalla seconda sono dovuto passare alla scuola ebraica. Allora non capivo bene che differenza ci fosse. Poi mi sono reso conto di quanto ha contribuito a radicarmi dentro l’ebraismo”.La cultura, lo studio, i libri. Sono parole che tornano in modo quasi ossessivo nel racconto dei ragazzi che allora che vissero sulla propria pelle l’esclusione dalla società civile.


“Con l’espulsione dalle scuole le leggi razziali toccavano un punto esiziale – dice Enzio Volli – Si proibiva l’educazione dei ragazzi ebrei e la loro possibilità di essere eguali agli altri cittadini. Ma il popolo che attraverso il libro ha preservato la sua identità, la tradizione, la lingua, non poteva non reagire a quest’esclusione”. “Per questo – continua - la Comunità ebraica di Trieste volle farsi carico della scuola: perché solo attraverso l’educazione si poteva crescere e trasmettere il testimone dall’una all’altra generazione. Così è stato. E questo è molto più importante del ricordo e della testimonianza”.“Basta piangere sul passato, mi disse Elie Wiesel anni fa, dobbiamo incontrare i giovani e a dialogare con loro”, racconta Claudia Volli. Ma non per piangere, non per lamentarsi: per parlare del futuro che, concordano gli ex ragazzi che si videro privati del diritto all’educazione, anche oggi può passare solo attraverso lo studio, l’istruzione, la crescita culturale.


“Settant’anni fa i nostri padri e i nostri nonni risposero alla barbarie delle leggi razziali con l’apertura della scuola ebraica che accolse tutti gli allievi espulsi dalle scuole pubbliche – conclude Andrea Mariani, presidente della Comunità ebraica di Trieste - Alla discriminazione e all’esclusione sancita dal fascismo vollero così opporre i valori ebraici della cultura, dello studio, dell’educazione dei più giovani. Proprio quest’insegnamento deve oggi essere per noi un monito e un’indicazione sulla via da percorrere. Solo ripensando e approfondendo costantemente quei valori potremo infatti vivere un ebraismo più autentico e formare le nuove generazioni”.


Daniela Gross

Barbarie


Somalia: lapidata adultera, un parente la aiuta e nel conflitto a fuoco muore bimbo


Sentenza eseguita dalle Corti islamiche. Ma per i familiari non ha ricevuto un processo coranico equo


CHISIMAIO (SOMALIA) - Miliziani somali fedeli alle deposte Corti islamiche hanno giustiziato in pubblico una giovane donna accusata di adulterio, ricorrendo all'arcaico e macabro metodo della lapidazione: lo hanno denunciato testimoni oculari, secondo cui l'esecuzione è avvenuta nella tarda serata di lunedì a Chisimaio, città portuale situata circa 520 chilometri a sud-ovest di Mogadiscio, davanti a centinaia di spettatori, molti dei quali costretti ad assistervi, parenti della vittima compresi.
LA VITTIMA - La ragazza si chiamava Asha Ibrahim Dhuhulow e aveva 23 anni; tradizionale velo verde sul capo, il volto coperto da un panno nero, è stata condotta sul luogo del supplizio a bordo di un furgone per poi essere massacrata. Ai presenti è stato detto che lei stessa aveva riconosciuto la propria colpa, e accettato il suo crudele destino: ma, al momento di essere trucidata, si è messa a urlare e a divincolarsi, mentre i carnefici la immobilizzavano legandole mani e piedi. A quel punto un congiunto le è corso incontro, tentando di aiutarla, ma gli integralisti di guardia hanno aperto il fuoco per fermarlo, e hanno ucciso un bambino. Secondo i familiari, Asha non ha ricevuto un processo coranico equo: «L'Islam», ha ricordato uno di loro, «non permette che una donna sia messa a morte per adulterio se non sono presentati pubblicamente l'uomo con cui ha avuto rapporti sessuali e quattro testimoni del fatto». I giudici fondamentalisti si sono però limitati a replicare che puniranno in maniera adeguata la guardia responsabile della morte del bimbo. È il primo episodio del genere di cui si abbia notizia in Somalia da due anni: da prima cioè che, alla fine del 2006, le truppe del governo transitorio di Mogadiscio sconfiggessero le Corti islamiche con il determinante appoggio militare dell'Etiopia. I ribelli hanno però intrapreso una guerriglia difficile da contrastare, e lo scorso agosto si sono reimpadroniti di Chisimaio, reimponendovi leggi ispirate alla più vieta concezione dell'Islam; in città, per esempio, è proibita qualsiasi forma di svago perchè considerata blasfema.
28 ottobre 2008
(Fonte: Corriere della Sera)

martedì 28 ottobre 2008

Il coraggio di vivere, il coraggio di lottare


Niger: ex schiava vince la causa contro il governo



Hadijatu Mani, 24 anni, ex schiava ed ora eroina di migliaia di persone. Potrebbe essere presentata così la giovane Hadijatu Mani che è ruscita in una storica impresa: vincere una causa sulla schiavitù contro il suo governo, quello del Niger
Nonostante la schiavitù in tutto il bacino dell'Africa occidentale rappresenti un reato da oramai molto tempo, secondo i dati delle Ong contro la schiavitù, sono oltre 40.000 gli schiavi solo nel territorio del Niger. E fino a poco tempo fa Mani era una di loro. Venduta a dodici anni per 500 dollari, Hadijatu Mani è stata stuprata più volte e costretta a lavori domestici e agricoli per oltre dieci anni. Poi la decisione di denuciare il Governo del proprio paese.Sostenuta dalle Organizzazioni non Governative la ventiquattrenne ha puntato il dito contro lo stato del Niger accusandolo di non averla protetta dalla schiavitù. La richiesta di Hadijatu Mani era di 50 milioni di franchi Cfa, cioè 77.242 euro. La sentenza emessa pochi giorni fa da parte del Ecowas, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale parla chiaro: Mani è stata riconosciuta "vittima di schiavitù" mentre il governo del Niger è stato condannato come "responsabile dell'inerzia dei suoi servizi amministrativi e giudiziari." Insomma, condannato per essersene stato con le mani in mano. Il risarcimento che spetterà dunque a Hadijatu Manisarà è "solo" di 10 milioni (15.448 euro) e la sentenza avrà valore vincolante per tutti gli stati membri dell'Ecowas (Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Libia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo).

lunedì 27 ottobre 2008

Nazisti in erba


Due skinheads volevano uccidere Obama

Complotto sventato da agenti federali

Lo rivela la Fox: bloccato dagli agenti federali un piano a sfondo razziale.

«Due neonazisti di 18 e 20 anni volevano sparargli o decapitarlo»

WASHINGTON - Un complotto per assassinare il candidato presidente degli Stati Uniti Barack Obama e uccidere (sparando o anche decapitandoli) afroamericani in Tennessee, messo a punto da due presunti neo-Nazisti «skinheads», è stato sventato da investigatori federali americani. Ne dà notizia il network televisivo FoxNews.


IL COMPLOTTO - Il piano dei neonazisti, secondo le informazioni diffuse da alcuni media americani, sarebbe stato scoperto in un'inchiesta in Tennessee e Arkansas della Atf, l'agenzia federale americana che si occupa di lotta a traffici di armi, esplosivo, alcol e tabacco, una divisione del dipartimento americano di Giustizia che ha il compito di prevenire reati federali commessi con armi da fuoco o esplosivi e combatte il contrabbando di alcol e tabacco. Nel mirino ci sarebbero stati studenti neri, ma il massacro doveva estendersi poi su scala nazionale e raggiungere, come obiettivo finale, il candidato dei democratici alla Casa Bianca.


GLI ARRESTATI - Si tratta di due ragazzi del Tennessee, Daniel Cowart di 20 anni e Paul Schlesselman di 18. Sono stati arrestati con l’accusa di possesso illegale di fucili a canne mozze. Ma in mente avevano un reato ben più grave: volevano uccidere il candidato alla Casa Bianca Barack Obama, sparandogli o decapitandolo nel corso di un comizio in una scuola nei pressi di Memphis. I due sospetti, entrambi skinhead e neonazisti, avrebbero aperto il fuoco anche contro gli studenti della scuola, frequentata soprattutto da ragazzi afroamericani.


IL PIANO - I due neonaziati, secondo documenti processuali, avrebbero voluto uccidere 102 afroamericani, in una riedizione del massacro di Columbine, ma questa volta con marcato sfondo razzista. I sospetti avrebbero voluto uccidere 88 afroamericani a colpi di arma da fuoco e decapitarne altri 14. I numeri 88 e 14 hanno una valenza simbolica per i fautori della supremazia della razza bianca. Gli agenti non hanno indicato in quale scuola superiore sarebbe dovuto avvenire il massacro, ma hanno indicato che l’obiettivo finale dei ragazzi sarebbe stato Obama.


PER PROCURATORE ACCUSE SERIE - Le accuse contro i due giovani arrestati con l'accusa di aver complottato per uccidere il candidato presidente Barack Obama «sono serie e saranno trattate come tali»: lo afferma il procuratore distrettuale del Tennessee occidentale Lawrence Laurenzi, in un comunicato con il quale le autorità americane hanno confermato le indiscrezioni dei media sugli arresti. I due arrestati, Daniel Cowart e Paul Schlesselman, secondo gli investigatori erano entrati in contatto tra loro via Internet attraverso una conoscenza comune e risultano avere «una forte convinzione riguardo alla filosofia del «Potere Bianco» e «Skinhead». La loro intenzione, secondo l'accusa, era di compiere una raffica di omicidi - dopo aver svaligiato un negozio d'armi - che doveva concludersi con l'uccisione di Obama, un gesto per cui «hanno dichiarato che erano pronti a morire».


27 ottobre 2008
(Fonte: http://www.corriere.it/ )

(Nella foto: Daniel Cowart)

Lo spirito dei tempi


Quei nani contro il gigante Kundera



di BERNARD-HENRI LÉVY

27-10-2008


N on m'importa sapere se Milan Kundera è il giovane che, il 14 marzo 1950, si è presentato in un commissariato di Praga per denunciare un compagno d'università. Intanto, non ci credo. Francamente, non immagino l'autore di Amori ridicoli, se pur in un'altra vita, se pur nella sua preistoria, nel ruolo di delatore. Del resto tutto, in questa vicenda, ha il pessimo odore di una manipolazione grossolana: l'autenticità del documento esibito, che non è stata per niente accertata; il fatto che tale documento abbia tranquillamente dormito negli archivi della polizia cèca fino alla vigilia, guarda caso, dell'attribuzione del premio Nobel; lo strano atteggiamento, dunque, di una polizia che si sarebbe privata, quand'era onnipotente, di utilizzare questa terribile arma contro uno dei suoi avversari più visibili, e più imbarazzanti. In realtà, il problema non è questo. Non si tratta, non dovrebbe trattarsi, di disquisire su quei deficienti ai quali è bastato che si sventolasse sotto il loro naso un pezzo di carta con i caratteri tipografici «dell'epoca » perché se ne impadronissero e lo considerassero vangelo. Il problema è nella sollecitudine. Nell'agitazione febbrile dei giornali che, in tutto il mondo, si sono precipitati sulla magnifica occasione di andare a cercare uno scrittore che, molto spesso, non avevano trovato il tempo di leggere davvero; di prenderlo per il bavero e, al termine di un processo sommario, di addossargli una di quelle imputazioni retroattive che hanno sempre avuto la virtù di riempirli di gioia. Il problema, quello vero, è la loro gioia, l'entusiasmo, il compiacimento nella calunnia. Il problema è il piacere voluttuoso che si è percepito nella penna di tanti cronisti alla sola idea che uno dei più grandi scrittori viventi sia potuto essere, anche lui, un miserabile, un delatore, un imbroglione. Il problema è l'esultanza, ancora più oscena, che si è percepita nelle rare persone che di lui comunque avevano letto qualcosa e che hanno avuto la sensazione, all'improvviso, di aver trovato la chiave che faceva loro difetto, il pezzo mancante del puzzle, la ragione ultima e per forza decisiva perché nascosta, di quel testo di gioventù, di quella pagina rimasta enigmatica di un romanzo della maturità o, meglio, di certe particolarità biografiche che le innervosivano da così tanto tempo e che bruscamente trovavano la loro umana, troppo umana, spiegazione: il suo esilio, per esempio, la sua reticenza ad aderire, dopo l'esilio, a una qualsiasi parola d'ordine, comprese quelle della dissidenza… la scelta sospetta di scrivere in francese… il modo, quando tornava nel proprio Paese, di presentarsi in albergo sotto falso nome… il suo rifiuto delle interviste… Insomma, avrebbe dovuto dare l'allarme questo suo rifiuto di abbandonarsi anima e corpo alla curiosità, all'esigenza di verità e di trasparenza, alla volontà d'indiscrezione, che sono diventati il principio di quella che, al giorno d'oggi, viene chiamata intervista allo scrittore… e avrebbe dovuto mettere in guardia la sua mania, quando alla fine concedeva un'intervista, di riscriverla completamente, da cima a fondo, parola per parola: ma per cancellare cosa, santo cielo? Per neutralizzare quale oscuro, quale tenebroso segreto? Ebbene, ecco… adesso sappiamo… abbiamo capito, finalmente. Ah, che uomo malvagio! Che farabutto brillante! Grazie mille agli archivi della nobile polizia staliniana che ci hanno aiutato a veder chiaro… Un grande applauso al paziente lavoro della polizia del pensiero che ha saputo stanare la preziosa prova del reato, la lettera scarlatta, il processo verbale in cui nessuno sperava più… tutto accade… basta essere pazienti… si respira. Penso a Milan Kundera. Penso, sebbene non lo conosca molto, alla prostrazione che deve provare un gigante delle Lettere che vede spuntare, al tramonto della propria vita, una muta di nani carichi d'odio che pretendono di strappargli la maschera per potergli meglio sputare in faccia. Penso alla collera fredda ma impotente, alle parole che non servono a niente, ai comunicati stampa che bisogna pur fare, ma che, lo si sente, servono solo a darsi la zappa sui piedi. Penso al balletto ben noto della guerra letteraria dove si sa in anticipo che non ci sarà un secondo colpo, mai, e che, quando una rivista — che per una supplementare ironia della sorte ha la faccia tosta di chiamarsi Respekt — ha deciso di saldare un conto con te e di distruggerti, non hai altra risorsa se non quella di incassare, chiuderti in te stesso e decidere di vivere, per il resto dei tuoi giorni, con un'ombra infame che nemmeno è la tua. Ma penso anche all' epoca, stavolta la nostra, che rende possibili simili imprese. Osservo quest'epoca abietta che del «divieto di ammirare» ha fatto il proprio slogan più sonoro e dove regnano spirito di vendetta, risentimento, odio infantile verso gli scrittori e, al di là, verso tutto ciò che è grande. E mi dico che il nostro spirito del tempo è ben triste se si vanta della sua attitudine a criminalizzare, squalificare, sporcare quello che non capisce e lo sorpassa. Per fortuna, ci sono i libri, che sopravvivono — è un'altra legge — agli scorpioni della delazione generalizzata. (traduzione di Daniela Maggioni

(Fonte: Corriere della Sera)

domenica 26 ottobre 2008

Bucarest, profanato il cimitero ebraico


Bucarest, 24 ottobre 2008


Almeno 131 pietre tombali sono state divelte tra mercoledì e venerdì notte nel cimitero ebraico di Bucarest. La notizia arriva dalla Federazione delle comunità ebraiche di Romania e dalla Comunità degli ebrei di Romania secondo cui i danni ammonterebbero a 2 milioni e mezzo di lei (circa 700.000 euro). Oltre a distruggere le tombe i vandali hanno devastato anche gli uffici amministrativi. Le due organizzazioni ebraiche hanno espresso "amarezza e indignazione che simili fatti accadono oggi, in una Romania democratica rinata dopo la rivoluzione del dicembre 1989". La polizia ha avviato un'indagine mentre il Ministero della giustizia ha condannato le manifestazioni antisemite, xenofobe e razziste.


( Nella foto: Alcune lapidi profanate del cimitero ebraico di Bucarest)

venerdì 24 ottobre 2008

Dimensione etica



"Falso che non esista una 'dimensione etica' nella e della scienza". Una risposta a Benedetto XVI
Un documento dei professori Gilberto Corbellini, Giulio Cossu, Piergiorgio Strata e altri 44 professori universitari

Relativamente alle affermazioni di Benedetto XVI sulla scienza del 16 ottobre 2008 (riportate in fondo a questo comunicato), i professori Gilberto Corbellini, Piergiorgio Strata e Giulio Cossu anche come dirigenti dell'Associazione Luca Coscioni hanno rilasciato la seguente dichiarazione sottoscritta, in poche ore, da altri 44 professori:

"E' falso che non esista una "dimensione etica" nella e della scienza. Come diceva Jacques Monod, esiste un'etica della conoscenza scientifica che, da Galileo in poi, coincide con il rispetto del postulato dell'oggettività. Gli scienziati comunicano sulla base di questa norma, a differenza del Vaticano che basa una serie di questioni cosiddette "eticamente rilevanti" su dogmi imposti per fede anche a chi detta fede non abbraccia.

Non solo. La ricerca scientifica, oltre ad essere portatrice di un'etica di libertà, responsabilità e conoscenza e ad essere responsabile del triplicarsi delle aspettative di vita media, ci aiuta oggi a capire meglio perché siamo "persone morali", cioè quali ragioni e fenomeni siano alla base, ad esempio, dell'altruismo e dell'empatia, oppure in quali condizioni siamo più disponibili a fornire solidarietà al prossimo. Tutto quanto di nuovo i ricercatori stanno scoprendo su questo fronte fa riferimento diretto a una teoria scientifica sulla quale è di nuovo il Vaticano e il suo Magistero a manifestare perplessità e resistenze: la teoria darwiniana dell'evoluzione.

Quanto poi al riferimento dei facili guadagni sarebbe utile che il Vaticano prendesse accurata visione dei salari dei dottorati di ricerca italiani che spingono sulla soglia della povertà chi decide di scegliere la scienza come proprio lavoro".

Gilberto Corbellini, co-Presidente dell'Associazione Luca Coscioni, Professore ordinario di Storia della Medicina, Università di Roma La SapienzaPiergiorgio Strata, co-Presidente dell'Associazione Luca Coscioni, Professore ordinario di Neurologia, Università di TorinoGiulio Cossu, consigliere generale dell'Associazione Luca Coscioni, Professore ordinario di Embriologia e Istologia medica, Università di Milano

Hanno sottoscritto la dichiarazione
1. Anna Laura Baldini, Ricercatore di Chimica generale e inorganica, Università di Milano
2. Giovanni Berlucchi, Professore Ordinario di Fisiologia, Università di Verona
3. Elena Brambilla, Professoressa Ordinaria di Storia moderna, Univeristà di Milano
4. Paola Bruni, Professore ordinario di Biochimica, Università di Firenze
5. Antonio Cardone, Professore Ordinario di Economia, Università di Salerno
6. Elena Cattaneo, Professore Ordinario e Direttore del Centro Ricerche sulle Cellule
Staminali, Università di Milano
7. Diego Centoze, Ricercatore di Neurologia, Università di Roma Tor Vergata
8. Orio Ciferri, Professore emerito, Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali,
Università di Pavia
9. Giorgio Coen, Professore associato di Nefrologia, Università di Roma la sapienza
10. Paolo S. D'Aquila, Ricercatore di Farmacologia, Dipartimento di Scienze del Farmaco,
università di Sassari
11. Roberto Defez, Ricercatore biotecnologico, Istituto di Genetica e Biofisica "A. Buzzati
Traverso"
12. Antonio De Flora, Professore Ordinario di biochimica, Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
13. Michele De Luca, Professore Ordinario di biochimica, Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
14. Dino Di Berardino, Professore Ordinario di SCienze dell'Ambiete, Università di Napoli
Federico II
15. Antonio Forabosco, Professore Ordinario dio Genetica medica, Università degli Studi di
Modena
16. Andrea Francioni, Professore associato di Storia delle relazioni internazionale, Università
di Siena
17. Alessandro Gringeri, Professore Associato di Medicina Internazionale, Università di
Milano
18. Angelo Gilio, Professore ordinario di Probabilità e statistica matematica, Università di
Roma La Sapienza
19. Massimo Grossi, Professore associato di Analisi Matematica, Università di Roma La
Sapienza
20. Yuri Guaiana, Ricercatore di Storia contemporanea, Università di Milano
21. Massimo Libonati, Professore Ordinario di Biochimica, Università di Verona
22. Demetrio Neri, Membro del comitato scientifico del periodico "Bioetica. Rivista
interdisciplinare", Professore ordinario di Storia della Filosofia, Università di Messina
23. Alessandro Missale, Professore ordinario di Economia Politica all'Università di Milano
24. Romano Scozzafava, Professore ordinario di Calcolo delle Probabilità, Università di Roma
La Sapienza
25. Massimo Pandolfo, Chef de Service de Neurologie Hôpital Erasme, Université Libre de
Bruxelles
26. Domenico Passafiume, Professore Associato di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica,
Università degli Sudi dell'Aquila
27. Paola Patrignani, Professore ordinario di Farmacologia, Università di Chieti
28. Anna Pintore, Professore ordinario di Filosofia del diritto, Università di Cagliari
29. Pocchiari Maurizio, Dirigente di Ricerca, Istituto Superiore di Sanità
30. Silvano Presciuttini, Ricercatore di Genetica, Università di Pisa
31. Marco Schaerf, Professore ordinario di Ingegneria Informatica, Università di Roma La
Sapienza
32. Stefano Schiaffino, Professore ordinario, Dip. di Scienze Biomediche Sperimentali,
Università di Padova
33. Pierpaolo Righetti, Professore ordinario di Chimica Organica , Università di Pavia
34. Antonio Scalamonti, Professore ordinario di Istituzione di sociologia, Università di Roma
La Sapienza
35. Giulia Simi, Vice-Segretario dell'Associazione Luca Coscioni, Ricercatrice di Matematica,
Università di Siena
36. Gianpiero Sironi, ProRettore alla ricerca, Università di Milano
37. Fabrizio Starace, Professore di Epidemiologia psichiatrica dell'Università di Napoli
38. Roberto Strom, Professore ordinario di Biochimica Sistematica Umana, Università di
Roma La Sapienza
39. Alberto Turco, Professore Associato di Genetica Medica
40. Renza Vento, Professoressa ordinaria di Chimica Biologica, Università di Palermo
41. Mino Vianello, Professore ordinario di Sociologia Economica, Università di Roma La
Sapienza
42. Emma Villa, Ricercatore di Patologia Sperimentale, Università di Pisa
43. Paolo Villani, Professore ordinario di Ingegneria Civile, Università di Napoli L'Orientale
44. Marcello Crivellini, Professore Associato di Bioingegneria della riabilitazione e protesi,
Politecnico di Milano

giovedì 23 ottobre 2008

Vittorio Foa e l'identità ebraica


Tre giorni fa, il giorno di Oshaana Rabba, Vittorio Foa ha finito la sua lunga e operosa vita terrena di militante antifascista, deputato alla Costituente, leader sindacale, grande saggio della sinistra, che sono stati ben ricordati in questi giorni. Vorrei aggiungere un altro aspetto. Il nonno di Vittorio Foa era stato a fine ottocento il capo rabbino di Torino. Foa non ha mai fatto mistero delle sue origini ebraiche, sottolineando anzi che le origini non sono una cosa da poco. Quando lo scorso anno gli è stata offerta l'iscrizione onoraria alla Comunità ebraica di Roma la ha accettata con piacere e soddisfazione. Con la scomparsa di Foa si chiude simbolicamente e di fatto un periodo di storia degli ebrei italiani, durato quasi un secolo e mezzo. E' il periodo nel quale grandi personaggi nati nell'ebraismo e più o meno coscientemente condizionati dalla sua diversità e dalla passione di giustizia si sono lanciati con entusiasmo ed eccezionali competenze nella vita pubblica italiana, incidendovi sensibilmente. Oggi le condizioni storiche e sociali sono notevolmente cambiate e questo tipo di vocazioni e biografie eccezionali non sembrano esistere più. Ma il loro modello propone interrogativi difficilmente solubili: sono quelli dell'identità ebraica in rapporto al mondo circostante, divisa tra la scelta della totale immersione all'esterno con un tenue, ma onorato, ricordo delle origini (come hanno fatto Foa e altri), o la scelta di rimanere attivi all'interno, profondendovi tutte le energie possibili (ma degli altri non dobbiamo occuparci?). Una terza via, di forte identità ebraica e di contestuale forte impegno politico, sarà mai auspicabile o possibile?Alla figlia Anna, che onora con la sua firma anche questa testata, le affettuose condoglianze.

Riccardo Di Segni
rabbino capo di Roma


(Fonte: L’ Unione informa - UCEI - Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

mercoledì 22 ottobre 2008

Vittorio Foa


Come ricordare Vittorio Foa? Ad esempio leggendo e rileggendo l’intervento riportato di seguito, tratto da Notizie Radicali. Illuminante.



Utilizziamo tutte le possibilità costituzionali per mettere il potere in contraddizione


di Vittorio Foa


Vorrei chiedere una cosa ai ragazzi, di non vedere tutto come un dramma, di non prestare fede a chi vede catastrofi dappertutto. Se possibile usate l’ironia e l’autoironia: esse ci consentono di essere coinvolti e distaccati, di capire e di partecipare”.


Così Vittorio Foa, nella nota che introduce un bellissimo libro, la raccolta delle lettere che Foa scrisse dal carcere dal 1935 al 1943 (Einaudi, 1998, pagg.1134). Un epistolario, annota la curatrice Federica Montevecchi, “che può essere letto, in una sua gran parte, come un lungo quaderno di appunti, un diario intellettuale sistematico anche se costretto quasi all’espressione impersonale, determinata dall’opportunità, ovvia, di concedere spazio ai sentimenti più intimi e dal rifiuto di abbandonarsi alla rassegnazione, alla passività e anche alla contemplazione. Un rifiuto che emerge con ancora più forza in contrasto all’immobilità che il carcere rappresenta e alla finalità che esso persegue: eliminare alcuni individui dalla memoria del mondo o sublimarli, per chi ad essi è legato affettivamente, in ricordi. Scrivere la lettera settimanale diventa allora anche l’unico modo di affermare il proprio esserci, l’unico strumento per contrastare l’annullamento, imposto dal carcere, della possibilità di essere partecipi della vita degli altri”.


E’ in carcere, che il giovanissimo Foa, arrestato dal regime fascista in quanto aderente a “Giustizia e Libertà”, che approfondisce la sua formazione, soprattutto attraverso lo studio con uomini come Riccardo Bauer ed Ernesto Rossi. Ed è paradossale che in quegli anni, la sola libertà di giudizio venga dal fondo di una cella di carcere.
Ricordiamo Vittorio Foa riproponendo un intervento che risale al 1974. I radicali erano impegnati nella campagna per la raccolta delle firme per “otto referendum contro il regime”. Anche Foa aderì a quella campagna, l’intervento venne pubblicato su “Liberazione”, che allora era un quotidiano radicale diretto da Marco Pannella.
Oltre alle “Lettere”, Foa ci lascia altri libri, altrettanto belli e densi: “Il Cavallo e la Torre”, e “Questo Novecento”. Leggerli è un modo perché Foa resti vivo (Va.Ve.).


Credo sia giusto utilizzare, come voi vi proponete di fare, tutte le possibilità legali e costituzionali per mettere il potere in contraddizione coi suoi stessi enunciati democratici, per mobilitare - con i referendum - il massimo di forze in una denuncia degli strumenti di organizzazione del regime. Sono anche convinto che il maggior risultato della vostra campagna non potrà essere quello di convincere il regime a non essere se stesso, ma quello di mettere in luce la vera natura delle istituzioni vigenti e il loro meccanismo di funzionamento, gli scopi effettivi cui serve l'organizzazione repressiva dello stato e della società.
Ogni giorno che passa è sempre più chiaro che il capitalismo italiano nel suo complesso ha un bisogno indomabile e crescente di strumenti repressivi nei confronti della classe operaia, e non solo per spiegarne le proteste e la resistenza, ma anche per far pagare ai lavoratori il costo della riunificazione del fronte capitalistico profondamente lacerato e in crisi. Anche se apparentemente remota dai problemi della condizione operaia la codificazione dei diritti civili li coinvolge direttamente, non solo perché ogni istituto reazionario ha una attuazione differenziata a seconda delle classi sociali (si pensi all'aborto), ma anche perché l'insieme delle istituzioni ha una funzione intimidatrice, di restaurazione ininterrotta del principio di autorità che le lotte sociali di per se stesse tendono a rifiutare.
Vi è oggi nelle lotte operaie una presa di coscienza sempre più chiara del nesso che esiste fra problemi economici e istituzioni sociali e statali. Nonostante le predicazioni politiche sulla neutralità dello stato, sull'indipendenza della magistratura, sul ruolo nazionale dell'esercito, sulla obiettività della scuola ecc. ecc., l'apparato repressivo o proibitivo si manifesta ogni volta che c'è da dare una mano ai padroni contro gli operai. Una lotta coerente per cambiare le istituzioni non può essere come proiezione delle lotte operaie. Se non vi sarà una stretta connessione fra lotte nella sovrastruttura e lotte nella struttura la conseguenza (il Cile insegna) sarà che saranno i capitalisti stessi a cambiare le istituzioni, a liberarsi della contraddizione fra programma democratico e applicazione reazionaria rendendo tutto coerentemente reazionario, liquidando insieme libertà civili e libertà politiche. Il problema reale non è tanto di introdurre delle modificazioni in questo assetto quanto di cambiare l'assetto stesso. Sembra a me che tutto l'assetto istituzionale definito dopo la seconda guerra mondiale sia in Italia in crisi profonda, che non si ponga per noi il problema di applicare la Costituzione del 1947, bensì quello di costruire, con le lotte di ogni giorno, il dopo.

martedì 21 ottobre 2008

Tarantoxic


Un bambino di 13 anni, che non ha mai fumato, con il cancro da fumatore: adenocarcinoma della rinofaringe. Mamme il cui latte risulta contaminato dalla diossina, persone che scoprono di avere il livello di diossina più alto del mondo. In dieci anni leucemie, mielomi e linfomi aumentati del 30-40%.
Questi e altri dati ancora si possono leggere nell’articolo di Carlo Vulpio, sul Corriere della Sera. Si parla della città più inquinata dell’Europa occidentale, dove la presenza di diossina è il triplo di Seveso, e la diossina è una sola delle sette sostanze cancerogene e teratogene presenti. Questa città è Taranto, dove il 93% dell’inquinamento è di origine industriale. Si può fare qualcosa? La risposta è sì, nell’articolo è citato il positivo esempio delle acciaierie “Lucchini” a Servola, Trieste.
Le autorità locali dove sono? E cosa fanno? E il ministro per l’ambiente Stefania Prestigiacomo oltre che polemizzare con il commissario europeo all’ambiente Stavros Dimas riguardo il piano europeo sul clima, pensa di fare qualcosa?
Se siete interessati a emissioni industriali, rischio cancerogeno, mutageno, teratogeno e neurotossico consultate la mappa dell'Italia inquinata: controllando a che posto della graduatoria è la vostra provincia, questo su Peacelink.

lunedì 20 ottobre 2008

Distanze stellari


Veltroni molla Di Pietro in quanto distante anni luce “ dall’alfabeto democratico del centrosinistra”. Allo studio l’adozione dell’alfabeto mandaloriano, nella foto.

domenica 19 ottobre 2008

Religioso silenzio


Allo Yad Vashem c'è una didascalia che descrive l'operato di Pio XII, "... Nel 1933, quando era Segretario di Stato, si spese per il Concordato con il regime tedesco per proteggere gli interessi della Chiesa in Germania, anche se questo significava riconoscere il regime razzista dei nazisti. Eletto papa nel 1939, mise da parte una lettera contro l'antisemitismo e il razzismo preparata dal suo predecessoere. Anche quando i resoconti sulle stragi degli ebrei raggiunsero il Vaticano, non reagì con proteste scritte o verbali. Nel 1942, non si associò alla condanna espressa dagli Alleati per l'uccisione degli ebrei. Quando vennero deportati da Roma ad Auschwitz, Pio XII non intervenne..."

Padre Peter Gumpel postulatore della causa di beatificazione di papa Pacelli afferma che la didascalia che descrivere l'operato di Pio XII è la causa del mancato viaggio del papa in Israele, nonchè del ritardo nella conclusione della casusa di beatificazione. Seguono smentite, che solo in parte smentiscono, da parte del portavoce vaticano Padre Federico Lombardi.

Seguono polemiche, varie prese di posizione. Nulla potrà cancellare il silenzio colpevole di molti, anche tra gli alleati, rispetto allo sterminio degli ebrei. La posizione di Pio XII è ben descritta nella didascalia di cui sopra e non fa onore a lui nè alla chiesa cattolica, nè tanto meno a quelli che continuano a difenderlo e peggio che mai a coloro che lo vorrebbero santo.

venerdì 17 ottobre 2008

Cieli fuori controllo


Vi segnalo un'inchiesta giornalistica di Fabrizio Gatti pubblicata sul numero dell'espresso da oggi nelle edicole, dal titolo "Cieli fuori controllo"- "Scuole di volo irregolari. Ispettori impreparati. Verifiche non effettuate. Carenze, omissioni e silenzi dell'Enac. L'ente pubblico che dovrebbe vigilare sulla sicurezza dei nostri aerei".

giovedì 16 ottobre 2008

Apartheid


S’iniziò con l’istituzione di classi separate per i bambini stranieri nella scuola dell’obbligo. Naturalmente per meglio inserirli e integrarli nella nostra società, e poiché non parlavano perfettamente l’italiano la cosa migliore fu tenerli separati dai coetanei durante le lezioni, questo di certo lì fece sentire ben accetti e amati.

Più tardi si pensò che anche l’attività fisica in comune potesse ingenerare delle situazioni conflittuali, si pensò quindi di utilizzare a turno gli spazi disponibili per tale attività. Purtroppo data l’esiguità degli spazi sopra citati si dovette seppur di mala voglia vietare ogni tipo di attività agli ultimi arrivati in ordine di colore e area geografica.

Il divieto di utilizzo dei medesimi bagni suscitò all’inizio molto clamore, ma una volta spiegato che la misura si era resa necessaria dato che le zone di provenienza dei bambini non garantivano dal punto di vista sanitario degli standard di sicurezza accettabili, il tutto rientrò.

Il passo successivo fu quello degli autobus separati, una misura necessaria in linea con i provvedimenti di cui sopra, testimonianza di una visione coerente. Estendere questi provvedimenti anche ai genitori venne da sé.

Al fine di provvedere alla risoluzione dell’annoso problema casa, vennero istituiti in ogni città dei quartieri, rigidamente separati dai quartieri degli indigeni, in cui ciascun gruppo di non italiani aveva la libertà di insediarsi. Il controllo dei quartieri venne assegnato a dei gruppi organizzati che avevano offerto il loro contributo di tempo e d’impegno per meglio mantenere l’ordine, il tutto nel più totale anonimato dato che come benefattori non intendevano comparire, preferivano rimanere nell’ombra magari in più d’uno.

Anche per quanto riguarda il lavoro si riuscì a risolvere brillantemente il problema dell’impiego per i soggetti sopra citati. Continuarono a svolgere tutti quei lavori che gli indigeni non avevano più voglia di fare retribuiti della metà e per i più fortunati si arrivò fino al 25% del normale compenso. Peccato che la qualità della produzione fosse davvero bassa. Alle volte visto i luoghi di provenienza di questi prestatori d’opera, per farsi capire bisognava intervenire energicamente.

In questi giorni è stata approvata una mozione presentata dalla Lega Nord in cui si propone l’istituzione di classi separate per gli stranieri. Un primo passo. Sta a noi tutti che i restanti passi, non si realizzino.
Alla domanda: “Sono nostri fratelli?” La risposta non può che essere SI.
NON MOLLARE.
(Nella foto: Un cartello dell'epoca dell'apartheid)

mercoledì 15 ottobre 2008

Pena di morte


Secondo un nuovo rapporto diffuso oggi da Amnesty International, le autorità dell'Arabia Saudita mettono a morte, in media, più di due persone a settimana. Quasi la metà delle esecuzioni (e si tratta di una percentuale sproporzionata in rapporto alla popolazione locale) riguarda cittadini stranieri provenienti da paesi poveri e in via di sviluppo.
"Avevamo auspicato che le iniziative in materia di diritti umani che il governo saudita si era vantato di avere introdotto negli ultimi anni, avrebbero potuto mettere fine a tutto questo o almeno determinare una significativa riduzione nell'uso della pena di morte. Invece, abbiamo assistito a un forte aumento delle esecuzioni, che hanno luogo al termine di processi segreti e ampiamente iniqui. Una moratoria sulle esecuzioni è più urgente che mai" - ha dichiarato Malcolm Smart, Direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
Nel 2007 le esecuzioni sono state almeno 158, contro le 39 registrate da Amnesty International l'anno prima. Per quanto riguarda il 2008, al 31 agosto il totale era arrivato già a 71. Si teme una nuova ondata di esecuzioni nelle prossime settimane, dopo la fine del mese sacro del Ramadan.
"Il continuo ricorso alla pena di morte da parte delle autorità saudite, si pone in contrasto con la crescente tendenza mondiale verso l'abolizione" - ha proseguito Smart. "Per di più, la pena di morte in Arabia Saudita è applicata in modo sproporzionato e discriminatorio nei confronti di persone povere, tanto lavoratori stranieri quanto cittadini sauditi che non hanno relazioni familiari o altre conoscenze che potrebbero salvarli dall'esecuzione".
Troppo spesso gli imputati, soprattutto lavoratori migranti provenienti da paesi in via di sviluppo dell'Africa e dell'Asia, non hanno un avvocato e non sono in grado di seguire i procedimenti giudiziari che si svolgono in lingua araba. Sia loro che i sauditi messi a morte non hanno denaro né rapporti con persone influenti che potrebbero intervenire in loro favore, come autorità di governo e capi tribù, circostanze entrambe decisive per ottenere la grazia.
"Le procedure al termine delle quali viene inflitta una condanna a morte sono assai dure, quasi completamente segrete e ampiamente inique. I giudici, tutti uomini, hanno un vasto potere discrezionale e possono emettere una sentenza capitale anche per reati non violenti definiti in modo del tutto generico nelle leggi. Alcuni lavoratori migranti sono rimasti all'oscuro della propria condanna a morte fino alla mattina stessa dell'esecuzione" - ha sottolineato Smart.
Le esecuzioni avvengono generalmente in pubblico, mediante decapitazione. In caso di rapina con omicidio della vittima, il corpo del condannato viene crocifisso dopo l'esecuzione.
L'Arabia Saudita è uno dei pochi paesi del mondo a mantenere un alto tasso di esecuzione di donne e a mettere a morte, in violazione del diritto internazionale, persone minorenni al momento del reato.
"È davvero giunto il momento che l'Arabia Saudita affronti il problema della pena di morte e rispetti gli obblighi derivanti dal diritto internazionale. Come membro eletto del Consiglio Onu dei diritti umani, il governo deve fare marcia indietro e rendere conformi agli standard internazionali le proprie procedure legali e giudiziarie, vietare la pena di morte per i minorenni, garantire processi equi, prendere misure per porre fine alla discriminazione e ridimensionare i poteri discrezionali dei giudici nell'uso di questa pena crudele, inumana e degradante" - ha concluso Smart.

(Nella foto: un condannato a morte decapitato a Riad)