domenica 28 febbraio 2010

DISSIDENTI, GOVERNO UCCIDE PER METTERE PAURA


Nel 2009 le esecuzioni capitali in Iran sono state 402, il 20% in piu' rispetto all'anno precedente, secondo il Rapporto 2009 del network internazionale Iran Human Rights.
Il documento è stato presentato a Bari da Mahmood Amiry-Moghaddam, portavoce di IHR, nell'ambito di 'Primavera dei diritti', evento culturale su diritti civili e umani nel mondo organizzata da Regione Puglia e Teatro pubblico pugliese.
Le 402 esecuzioni dello scorso anno, quasi tutte mediante impiccagione mentre si sa per certo della lapidazione di un uomo, sono l'apice di un crescendo iniziato nel 2007, quando le esecuzioni erano state 317. Tra i giustiziati ci sono 13 donne e almeno cinque giovani di età inferiore ai 18 anni al momento dell’esecuzione o del reato. Come Delara, accusata a 17 anni di omicidio e sempre proclamatasi innocente, che sei anni dopo e' stata prelevata da casa, all'insaputa di familiari e avvocati, e giustiziata.
'Stanno per uccidermi' le uniche parole che e' riuscita a dire al telefono alla madre prima di essere portata via.
Le esecuzioni capitali, ha riferito Amiry-Moghaddam, ufficialmente hanno riguardato 140 persone condannate per traffico di droga, 56 per omicidio, 31 per 'moharebeh' (guerra contro Dio), due per atti contro la morale.
Tra i giustiziati ci sono presunti innocenti (come Behnoud, condannato per un delitto che ha sempre detto di non aver commesso e la cui esecuzione è stata rinviata cinque volte) e dissidenti (Kouhyar, 26 anni, era studente del Politecnico di Teheran prima di essere espulso dall'Universita', arrestato e impiccato perche' scriveva contro il regime e la pena di morte su Facebook).
'Esecuzioni arbitrarie - ha detto Amiry-Moghaddam - effettuate per procurare terrore'.
Le esecuzioni infatti hanno avuto un picco a ridosso delle elezioni iraniane del giugno scorso (50 esecuzioni a maggio, 94 a luglio, delle quali 50 nella sola Teheran), inoltre, nonostante una ordinanza governativa del 31 gennaio 2008 sostanzialmente le vietasse, le impiccagioni in pubblico l'anno scorso sono state nove.
Quando la folla di dissidenti, com'e' accaduto il 22 dicembre, e' riuscita a liberare due condannati a morte, questi sono stati catturati poco dopo dalla polizia e impiccati in carcere.

mercoledì 24 febbraio 2010

India, importante sentenza a favore dell’accesso ai farmaci essenziali

L'Alta Corte di Delhi, con una sentenza che favorisce l’accesso ai farmaci essenziali, ha respinto il ricorso presentato dalla società farmaceutica tedesca Bayer nei confronti di un’ordinanza emessa nell’agosto del 2009 con cui, la stessa Alta Corte, aveva respinto la richiesta presentata dalla Bayer Corporation, che cercava di impedire al Drug Controller General of India (DCGI) di concedere l'approvazione alla messa in commercio di una versione generica di un farmaco antitumorale brevettato dalla Bayer.

“Siamo soddisfatti di questa decisione, al momento in India ci sono diverse case farmaceutiche multinazionali che cercano di limitare la competizione dei farmaci generici adendo le vie legali”, ha dichiarato il dottor Tido von Schoen-Angerer della Campagna per l’Accesso ai Farmaci Essenziali di Medici Senza Frontiere. “Respingendo i tentativi della Bayer introdurre un legame tra la registrazione del farmaco e il brevetto, le corti indiane hanno garantito che i sistemi di salvaguardia della salute pubblica come le licenze obbligatorie possano essere utilizzate per introdurre la produzione di versioni generiche di farmaci salvavita, inclusi i farmaci antiretrovirali, per milioni di persone in India e nel resto del mondo. Speriamo che questo precedente di salvaguardia della salute pubblica nelle dispute sui brevetti continui a valere mentre altri casi come questo, tra cui il caso Novartis, stanno giungendo al vaglio della Corte Suprema”.

Anval Grover, dell’associazione Cancer Patients Aid Association, ha aggiunto: “In India il sistema dei brevetti e il sistema di regolamentazione dei farmaci sono due meccanismi distinti e indipendenti, e questo è l'intento del Parlamento. Ci auguriamo che la Bayer e altre società farmaceutiche rispettino questa impostazione. Il titolare di un brevetto non può utilizzare il DCGI, un organismo governativo, per far valere i suoi diritti privati. Questo è stato un tentativo di introdurre un requisito TRIPS-plus in India, che è stato rifiutato”.

(Fonte: Medici senza frontiere)

sabato 20 febbraio 2010

Dal corpo dei malati al cuore della politica




Quattro anni fa, il 20 febbraio 2006, moriva Luca Coscioni. Quel giorno, secondo Marco Pannella, Luca nasce all´Italia: i messaggi di cordoglio del mondo politico lo battezzano eroe, testimone di speranza. In vita però è stato personaggio scomodo. Scomodissimo. E sul suo nome sono pesati troppi veti, da parte di quella stessa politica che lo saluta commossa. Quasi uno scandalo quel corpo malato che Luca ha messo in gioco per dare speranza a chi di speranza non ne ha più: a tutti quei malati che ancora oggi non sono riconosciuti come persone.

L’ultimo numero di “Agenda Coscioni”, la rivista dell’Associazione Luca Coscioni, pubblica una lunga conversazione con Maria Antonietta Farina Coscioni e Marco Pannella appunto sul “Maratoneta”, a quattro anni dalla sua scomparsa. Eccola

La deputata Paola Binetti un anno fa, mettendo in guardia Veltroni dai Radicali, li ha definiti cellule staminali embrionali: da uno, ha sottolineato, si rigenera tutto il partito. Quanto sarebbe piaciuto a Luca questo paragone?
Marco Pannella: In fondo ha ragione, è quello che accade normalmente nella storia radicale. Avrebbe potuto usareanche la parola virus.

In realtà poi ci ha paragonato a metastasi, ma è stata una cosa poco elegante, che preferivo non ricordare
M.P.: Questo riguarda lei!
Maria Antonietta Farina Coscioni: Penso che la collega Binetti abbia utilizzato un termine vicino a Luca. Chi ha avuto la fortuna di incontrarlo, sia prima che durante la malattia, rimaneva affascinato dalla sua personalità: era molto rigoroso e pretendeva moltissimo dalle persone che voleva accanto a sé. Questo l'ha fatto con me, ma anche e soprattutto con i compagni radicali, in particolare quando la sua facoltà di agire si è limitata. Anche da chi doveva mandargli un fax o gestire la posta elettronica pretendeva il massimo della precisione e della competenza. Questo rigore che pretendeva negli affetti e nei sentimenti ha affascinato le persone che lo hanno incontrato durante tutta la sua vita.

Luca è stato un maratoneta e un grande sportivo. Quanto di questa determinazione gli è venuta dallo sport, da lui praticato con lo stesso rigore con il quale è entrato nella politica, nell’università, in tutto quello che ha fatto
M.A.F.C.: Aver corso la maratona è stata la sua fortuna, amava gli sport che lo impegnavano in prima persona. Non amava gli sport di squadra. Il suo carattere di leader si manifestava anche nell’essere protagonista dello sport che praticava. Amava la natura e la maratona è quella disciplina che ti permette il contatto con l'ambiente esterno. Luca cercava il senso di giustizia in quello che faceva, tanto è vero che da consigliere di minoranza al comune di Orvieto, quello che lo infastidiva era proprio il non rispetto delle regole. Leggiamo ne “Il Maratoneta”: “È stata una fortuna averla percorsa”, perché quei 42 chilometri sono una distanza davvero lunga per chi da solo con le proprie gambe, con il proprio respiro deve, passo dopo passo, affrontare questo percorso. Noi abbiamo capito che è stata veramente una fortuna solo dopo aver percorso un altro spazio, un altro tempo: quello di dieci anni di una malattia che non ti dà scampo: ogni giorno ti devi inventare anche da solo il modo di gestire i limiti alla libertà personale che la sclerosi laterale amiotrofica ti sottrae.
M.P.: La caratteristica di Luca è sempre stata quella di avere un grande amore per la vita e un grande impegno nel e per vivere. La maratona ha la caratteristica di essere una manifestazione quasi di massa, corale e così, io credo, che qui come negli altri sport, lui mettesse in atto quel che nel linguaggio radicale aveva ritrovato: il dar corpo, dar voce, dar volto il dar mano. Basta pensare alla mano e al dito con i quali lui parlava e si esprimeva, e al fatto di dar volto ad una malattia, vissuta come occasione di lotta per la vita sua e degli altri. Nel suo impegno sportivo c’era proprio questo dar corpo, nel senso di dar corpo a qualcosa, all'animo, alle convinzioni. Ma in lui, torno a dire, si ritrovano passione e amore per la vita. Amore nel senso che i momenti della passione possono essere quelli della felicità nello sport, nel momento ludico, ma questo è solo passione che è meno dell'amore: in lui c'era forte questo l’amore con cui ha sempre coltivato il sé e gli altri.

A proposito di amore Luca scrive: “Non private mai un uomo dell’amore e della speranza quest’uomo cammina ma in realtà è morto”.
M.P.: Se la cara e povera Binetti avesse avuto maggiori connotati di credente e non di cattolica faziosa e settaria, da cattolica avrebbe potuto ricordarsi di spes contra spem (la speranza al di là di ogni speranza, “San Paolo, Lettera ai Romani” n.d.r.) che poi noi abbiamo tradotto: quando non hai speranza bisogna esserlo per gli altri ed é quello che manifesta il credente nella vita nella libertà, nella responsabilità e nella possibilità di essere speranza lì dove c’è antropologicamente spesso solo disperazione.

La speranza dunque come motore. Speranza che Luca inseguiva non solo per se stesso, perché sapeva bene di non avere tempo sufficiente per utilizzare eventuali risultati positivi ottenuti dalla ricerca scientifica, ma anche per gli altri
M.P.: Questa è la caratteristica che colse Saramago che appare come un comunista preistorico e quindi abbastanza eterno, utopista e dice: basta che compaia in un momento un uomo come questo nella storia perché tutto l’orizzonte diventi diverso per ciascuno

Sì, Saramago scrive: “Attendevamo da molto tempo che si facesse giorno, eravamo sfiancati dall’attesa, ma ad un tratto il coraggio di un uomo reso muto da una malattia terribile ci ha restituito una nuova forza. Grazie, per questo”.
M.P.: Il comunismo era l’utopia di ricreare l’umanità e l’uomo con i metodi che poi si sono trovati. In realtà il nostro premio Nobel scopre questo radicale che gli da quello che Saramago stesso ha smesso di sperare e cioè che il comunismo creasse una nuova umanità e vede però in Luca questa possibilità: l’ha incontrata, l’attendeva da molto e l’ha salutata

Quando hai capito che stavi di fronte anche ad un leader politico
M.P.: Ho tratto le conseguenze dal fatto che Luca è stato eletto. Luca si è candidato nelle lista Bonino nel 2000 prima ancora che noi lo conoscessimo. Esprimendosi in modo che io non sono mai riuscito, io non so ancora mettere il dito su un pc, però lui ha parlato a me e a tutti attraverso il pc. Per noi non è stato un fatto pietistico di dire quello è malato tiriamolo dentro: sono state le convinzioni che lui esprimeva ad averci convinto. Così partiva la nostra massima “dal corpo dei malati al cuore della politica”.

L’accusa ai radicali di strumentalizzare/sfruttare i malati è saltata fuori anche con Piergiorgio Welby
M.P.: Ma è quello che ogni radicale può dire! Quello che viene fatto può apparire come una rotella dell'ingranaggio radicale, ma poi in realtà si diventa azionisti della realtà radicale: siamo tutti strumenti per ottenere determinati obiettivi senza distinzione tra sani e malati

Si ha l’impressione che l’alternativa proposta ad una supposta strumentalizzazione sia la rimozione del corpo malato.
M.P.: Si rimuove con il pretesto della discrezione, del pudore. Tutto questo ridurre all’anonimato le masse di sofferenti distrugge la personalità della sofferenza. Si tratta invece di un dar corpo a questo modo di guardare all’essere umano, di vivere la persona come elemento costitutivo stesso della specie umana e come contributo infinitesimale e assolutamente essenziale e questo è necessario affinché la specie umana progredisca anziché regredire. Ecco perché sempre la povera e cara Binetti e dintorni, ma non le faccio l’offesa di paragonarla alla Roccella anche perché sono cose assolutamente diverse, pensa alle staminali e capisce qualcosa

La malattia dunque non cancella la persona, il malato non è una cosa. Luca si arrabbiava moltissimo quando le persone non si rivolgevano direttamente a lui. Scrive: “Io esisto guardami negli occhi e parlami”.
M.A.F.C.: Il concetto di rimozione Luca lo vive in prima persona. Quando andando in giro, soprattutto durante le manifestazioni e l’impegno politico, si accorge che, avendo lui una posizione più bassa, perché è seduto su una sedia a rotelle, le persone che incontra non si rivolgono direttamente a lui ma a chi lo accompagna. Nella prima riunione del comitato di coordinamento a Chianciano, quando è stato eletto tra i membri on-line, dopo che con la “sua” voce metallica ha fatto il suo intervento e ha anche un po’ stupito la platea radicale, Pannella dalla presidenza arriva verso Luca e non guarda dall’alto verso il basso, ma Marco si siede sulle sue gambe.
M.P.: Altrimenti mi avrebbe menato, io lì sono prudente...
M.A.F.C.: Marco e Luca hanno iniziato a dialogare viso a viso, alla stessa altezza. Questa è stata la rassicurazione e il riconoscimento. Marco gli consegna il numero di telefono e dice fanne quello che vuoi, chiama quando vuoi. Il fatto che si sia chinato e abbia guardato gli occhi di Luca ha fatto in modo che iniziasse quella comunicazione che poi è durata tantissimi anni. È il primo segnale che dall’esterno, dalle persone il malato percepisce.
M.P.: In quel momento io mi chinavo perché era l’eletto dei nostri compagni.

Una sorta di Namasté (dal sanscrito “mi inchino a te”, saluto che indica il riconoscimento della sacralità dell’individuo).
M.P.: Esattamente. Tra noi poi è stato un rapporto d’amore. Quando stavamo insieme tutti e tre si parlava, si rideva, io dicevo che doveva parlare di più, gli rompevo i coglioni, anche io ero esigente. Luca diceva non ce la faccio. E io, se tenti sempre ce la fai, altrimenti no. Quando il suo fisico ha iniziato progressivamente a peggiorare, lui mi ha voluto subito dimostrare che dava corpo a questo, e allora si scopre che dovevo mettere le mani tra le sue ginocchia, perché lui premeva fortissimo, era il modo di abbracciarsi, baciarsi di dar corpo insieme al nostro dialogo. Allora appena lo incontravo gli mettevo le mani tra le ginocchia e lui serrava.

Il corpo del malato arriva nel cuore di una politica che troppo spesso lo stritola.
M.P.: Io non avevo molto voglia che lui andasse a Torino a sottoporsi alla sperimentazione con autotrapianto di cellulle staminali. Luca poneva il problema del trasporto che gli dava fastidio, era un modo per non mettere al centro quello che in realtà stava per fare: la cavia. Io rimango convinto che andando lì lui ha perso qualche semestre di vita. Avremmo anche voluto che lui accettasse di fare la tracheotomia, ma lui niente. Mi fa pensare un po’ a Piergiorgio Welby, quando lui era imbufalito perché la lettera che aveva mandato al presidente della Repubblica “io voglio l’eutanasia e dai miei compagni voglio l’eutanasia” non otteneva la risposta sperata. A un certo punto si incazzava e diceva “stanno passando i mesi”. E io dicevo “stanno passando i mesi grazie ai quali Piergiorgio vive e vivrà”. Con Luca di questo non c’era bisogno, ha posto lui un limite, ma il limite è stato molto ampio, collettivo, da guida politica, da leader, da compagno che vuole dare un esempio e non vuole portarlo oltre.

Luca ha capito che la bioetica può diventare uno strumento pericolosissimo in mano alla religione e alla politica ed è un po’ quello che noi stiamo vedendo in questi giorni.
M.P.: Mi rifiuto di usare il termine religione, direi piuttosto nelle mani dei potenti, grazie allo sfruttamento della religione, ai loro feticismi. Per questo papa lo zigote è già persona. Con Englaro è successa la stessa cosa. La Englaro come lo zigote non può peccare, non può pensare, è l’ideale di persona per loro, esente da peccato. Il demonio non può fargli nulla. La Englaro era in condizioni di vita vegetativa e non di vita umana con una sofferenza, una sua personalità. Per loro la libertà e la responsabilità sono il regno del demonio. E’ un contributo che ha dato Luca molto profetico, pertinente, colto.
M.A.F.C.: Ha detto bene Marco, quello è l’ideale di persona che vogliono: una coscienza e una mente non pensante, il malato oggetto. Io ho cercato sempre di rispettare fino a farmi male la volontà di Luca.

E forse la cosa più difficile per te è stato proprio rinunciare alla tracheotomia: rispettarlo fino in fondo tanto da accettare questa sua scelta.
M.A.F.C.: Sì, appunto. Nella discussione sul testamento biologico, ad esempio quello che viene a mancare è proprio il rispetto della volontà del malato che poi interagisce con il medico e con la famiglia. Bisogna convincersi che l’ascolto e il rispetto, soprattutto quando hai a che fare con persone consapevoli e coscienti di quello che stanno vivendo, devono essere vincolanti e questo a prescindere da ciò che ognuno di noi pensa.

La parola autodeterminazione è un pò fredda fa dimenticare che dietro c’è una persona
M.A.F.C.: C’è la volontà di una persona. Quando hai a che fare con un malato completamente immobile, sei la sua voce, senza interpretarla, sei solo una semplice traduttrice, sei la sua mano e quindi devi essere l’esecutore della sua volontà. Se fossi sano potrei agire liberamente, determinare il mio comportamento.
M.P.: perché, se non ottenessimo immediatamente il rientro nella legalità politica ed elettorale della Repubblica Italiana, dovrei chiedere di rinunciare alla cittadinanza italiana:Luca diceva il cammino della scienza è quello che può salvare ed è ancora quello. Ha voluto dare anche il contributo della cavia, con Torino. Fa la cavia per aiutare la scienza anche se lui in quel modo metteva un termine, probabilmente anticipato, alla sua attività.
M.A.F.C.: E’ stato un intervento difficile, soprattutto nelle sue condizioni, perché da sveglio c’è stato un prelievo dal midollo delle sue cellule. L’ambiente della sala operatoria, lui poteva soffrire a tal punto da non aver più possibilità di uscirne … e poi dopo un mese quando sono state iniettate di nuovo le sue cellule, poteva rimanere intubato per sempre. Nonostante la sua paura di sottoporsi ad un intervento è andato avanti, anche per specificare che se non si dà corpo alla sperimentazione, alla libertà della ricerca, non si può progredire.
M.P.: Se non hai il topo o non hai te stesso che la nutri non si esercita: Torino aveva bisogno di questo esperimento. E’ una delle cose più forti che lui ha fatto. Per questo io ci torno. Capivo che per lui aveva organizzato il movimento in modo che continuasse anche nel momento in cui lui era presente nella memoria e diveniva presente perché le strutture per questo erano organizzate.

La libertà di ricerca sta proprio nella possibilità di non pensare solo al raggiungimento del risultato, perché se non avessimo questa libertà non otterremmo risultato.
M.P.: Per questo io torno sul concetto di cavia. Non poteva sapere se quello era l’esperimento che lo avrebbe riscattato. Per la tracheotomia io ho insistito, ma ho capito. Aveva organizzato il movimento perché continuasse nel momento in cui lui era presente solo nella memoria; era presente perché le strutture erano ormai organizzate.

Luca, dunque era un politico nella sua capacità di prevedere e di costruire.
M.P.: Sì, costruire quello che ieri era impossibile e che mentre lo fai diventa il nuovo possibile. Il politico, come dice Max Weber che Luca conosceva, non è quello che continua a raschiare il vecchio fondo della botte del possibile, ma è colui che crea il nuovo possibile.

lunedì 15 febbraio 2010

Primavera dei diritti


La Puglia a Febbraio si trasforma in un laboratorio di buone pratiche per la difesa culturale e giuridica dei diritti individuali, per la crescita collettiva del paese. Dal 18 a Bari, presso il Teatro Kursaal, prende il via la "Primavera dei diritti", una maratona culturale (18-28 febbraio) che animerà il capoluogo e la regione. Il progetto, cofinanziato con fondi europei, è promosso dalla Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo, attuato dal Teatro Pubblico Pugliese, e patrocinato da diverse associazioni, tra cui Nessuno tocchi Caino.
La “Primavera dei diritti” si propone di sollevare discussioni, suscitare il confronto tra idee, stimolare un processo di crescita sociale e di consolidamento dei valori di democrazia, libertà e solidarietà.
Una rassegna multidisciplinare ideata con l’obiettivo di raccontare, attraverso i molteplici linguaggi dell’arte e della cultura, lo stato attuale dei diritti civili e le loro possibili evoluzioni nel nostro Paese e nel mondo. Oltre 100 eventi di teatro, danza, musica, un ciclo di conferenze internazionali, meeting con le maggiori ONG, performances, mostre, videoinstallazioni, “azioni teatrali”. “Primavera dei diritti” è allo stesso tempo un racconto ed un esperimento. Ricerca, sperimentazione e confronto tra culture, la celebrazione della diversità in una terra che ha nella “convivialità delle differenze” la traccia della propria storia.
L’iniziativa è stata pensata per mettere la forza poderosa dell’arte, della danza, del teatro e della musica, a servizio della cultura dei diritti civili, affiancando ai grandi nomi di artisti, nazionali ed internazionali, giuristi ed esperti in tema di migrazioni, omosessualità, pari opportunità, sicurezza e cooperazione. Sette le sezioni della Primavera: show (concerti, teatro e danza), performance, lezioni sui diritti, meeting, video, gastronomia e mostre. Contributi dei maggiori esperti mondiali: economisti, sociologi e docenti di prestigiose università europee e statunitensi.
Per visualizzare il programma potete andare al sito: http://www.primaveradeidiritti.it/page/programma/

(Fonte: Nessuno tocchi Caino)

domenica 7 febbraio 2010

Memorie

Mercoledì prossimo sarà il Giorno del ricordo, ovvero il giorno, come recita la legge 92 del 30 marzo 2004, istituito “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Il fatto però è che nella pratica noi non ricordiamo mai (o almeno non l’abbiamo fatto finora, mercoledì chissà?) le altre vittime, gli sloveni per esempio, ovvero i “nemici del popolo” che finirono nelle foibe allora e che c’erano già finiti, prima di allora, spinti anche da molti “bravi italiani”, come invece ricorda con fermezza Boris Pahor nel suo libro “Tre volte no” (Rizzoli). Il problema non è come si fa a conservare la memoria di qualcosa, ma smontare quella macchina mentale e culturale che fa di tutto per non averla di qualcos’altro.

(Fonte: David Bidussa, storico sociale delle idee)

mercoledì 3 febbraio 2010

Ancora emergenza Amianto


di Michele Minorita

Ulderico Pesce è un autore teatrale, autore di “A come amianto”. E’ promotore di un’iniziativa che merita di essere sostenuta: per la forma, e per la sostanza. La forma è quella dell’iniziativa nonviolenta, in questo caso la denuncia e la sensibilizzazione. La sostanza è costituita da una emergenza ambientale, quella dell’amianto disseminato un po’ ovunque in Italia, di cui abbiamo già parlato e che i parlamentari radicali hanno sollevato parecchie volte. Il racconto di Pesce nell’intervento che pubblichiamo su “Notizie Radicali” di oggi.

In sintesi, si chiede che il governo bonifichi i siti considerati a rischio; che si forniscano garanzie circa l’adozione di sistemi di smaltimento sicuri e definitivi dell’amianto; che si garantisca la massima trasparenza nella localizzazione e realizzazione degli impianti di smaltimento; che siano finalmente sbloccati i 50 milioni di euro stanziati dal governo Prodi ancora oggi bloccati, per costituire un fondo a favore dei malati e delle loro famiglie.

I numeri di questa emergenza sono terrificanti: ogni anno muoiono dalle 2 alle 4mila persone per l’esposizione all’amianto; 3.738.550 sono le tonnellate di amianto grezzo prodotto nel nostro paese dal dopoguerra in poi; altre 50mila tonnellate sono state importate; almeno 32 milioni di tonnellate di materiale contenente amianto sono presenti in Italia. Solo a Casalmonferrato sono 74mila gli ettari che sono stati contaminati. La bonifica è a buon punto, ma dove non è ancora partita è a Bolangero, vicino Torino; a Emarese, vicino Aosta; a Broni, vicino Pavia; a Bari e a Siracusa. Un amaro paradosso: l’Italia è il paese europeo con il più alto numero di brevetti sui processi industriali di inertizzazione dell’amianto, ma gli impianti ci sono solo sulla carta.

martedì 2 febbraio 2010

Se la Lombardia è fuorilegge. Senza piano sanitario


di Maria Antonietta Farina Coscioni

La domanda è semplice, ma evidentemente la risposta imbarazza: non si spiega altrimenti il persistente silenzio alle nostre denunce, che malamente cela una inerzia colpevole. Da ben tredici mesi la regione Lombardia è senza Piano Sanitario, di fatto, dunque, tecnicamente, è fuorilegge. Ho presentato al riguardo un’interrogazione urgente: chiedo che il Governo nomini un commissario ad acta per l’approvazione del Piano Sanitario Regionale. A suo tempo il governo Berlusconi è prontamente intervenuto, e ha commissariato il governo della Sanità della regione Lazio. Non discuto l’opportunità e la necessità di farlo. Mi chiedo tuttavia perché analoga prontezza e solerzia non vi sia per la Lombardia. Perché in questo caso non si fa nulla? Eppure quello che è finora accaduto è letteralmente scandaloso; occorre interrompere quella che è – a tutti gli effetti – una clamorosa violazione delle leggi e delle norme esistenti, e tornare nei binari della legalità.

La situazione è questa: solo per sei dei quindi anni del “governo” Formigoni in Lombardia, si è avuta l’approvazione del piano sanitario regionale, nel triennio che va dal 2002 al 2004, e poi dal 2007 al 2009; una palese violazione di tutte le norme nazionali e regionali.

L’assenza di questo piano di fatto impedisce anche di capire a che punto sia il debito della regione, che – giova ricordarlo – nel 2008 si attestava oltre i trecento milioni di euro. Quello che per esempio non siamo in condizione di sapere è se oltre al generoso intervento previsto dalla Legge Finanziaria da parte del Governo, a parziale copertura del buco, ci siano stati altre analoghe azioni, e di che portata, per ripianare il disavanzo. La giunta regionale, in assenza del piano sanitario regionale procede a colpi di delibere e circolari, e può così eludere tutte le fasi di discussione, confronto, dibattito e controllo in consiglio regionale. Non è cosa irrilevante, se si tiene conto che la Sanità copre circa l’80 per cento delle spese del bilancio regionale, e fra qualche settimana si sarà chiamati a votare 8e dunque giudicare) chi ha governato la Regione, e decidere se merita o meno la nostra fiducia.


Si potrà obiettare che non si tratta di un caso isolato, e infatti nella mia interpellanza chiedo al Governo di attivarsi per accertare quali altre regioni siano inadempienti e “fuorilegge” come la Lombardia; e di provvedere con urgenza. Ma il caso lombardo è comunque emblematico e grave. La regione, dal punto di vista economico, è tra le più importanti; Milano è stata anche la “capitale” della regione “europea” per eccellenza: laica, aperta, tollerante. Oggi è teatro di una delle più aberranti politiche clericali: boicottaggio dell'aborto e della fecondazione assistita, seppellimento dei feti…la Lombardia di Formigoni ha regalato e continua a regalare all’Italia il peggio dell'ideologia proibizionista. Una vera e propria Vandea. Da fermare, finché si è in tempo.

(Fonte: Notizie Radicali)