lunedì 31 agosto 2009

UNICITA' E CONFRONTO

Ci può piacere o non piacere, ma l’uso della Shoah come metafora del Male è un dato di fatto. Dietro questa metafora c’è la consapevolezza della Shoah come Male assoluto, il massimo a cui si può giungere nel confronto. Un superlativo di per sè. Il messaggio che si dà, finisce per essere un messaggio semplificato: “questo è come la Shoah”. In realtà, spesso si voleva dire diversamente, significare ad esempio che l’indifferenza degli esseri umani di fronte ad altri esseri umani mandati alla morte è la stessa. Un confronto, credo, più che legittimo. Ritengo che, paradossalmente, sia proprio l’insistenza sull’unicità assoluta della Shoah a trasformarla in una metafora: se un evento è singolare e unico, e per questo inconfrontabile, è anche un simbolo, e tutti i simboli hanno un uso pubblico, che prevede il confronto indiscriminato. Anche per questo, diffido del dogma dell’unicità, e sono d’accordo con gli studiosi che portano avanti le comparazioni, che analizzano somiglianze e differenze. Parlo delle comparazioni fra i genocidi, non fra eventi di peso incommensurabilmente diverso, naturalmente. Il confronto, solo quello, può aiutare a rendere perspicuo il linguaggio, chiare le definizioni. Ma nel nostro mondo mediatico, l’uso della metafora equivale all’irrompere improvviso di un’immagine: il linguaggio diventa messaggio visivo, non esiste più in quanto espressione chiara e distinta del pensiero.

Anna Foa, storica

martedì 25 agosto 2009

CONTINUIAMO A SORVOLARE ?

Le Frecce Tricolori voleranno sul cimitero del mar Mediterraneo

di Pierluigi Di Piazza

Cerco di mantenere fede all’impegno assunto pubblicamente di una riflessione articolata riguardo alle dichiarazioni da me rilasciate all’emittente diocesana Radio Spazio 103, giovedì 13 agosto e ripresa su questo giornale venerdì 14 agosto di contrarietà all’esibizione delle Frecce Tricolori sulle coste della Libia il 1° settembre prossimo.

Mi sento ancora maggiormente sollecitato dal dolore per l’ennesima strage di donne, di uomini, probabilmente di bambini, nelle acque del Mediterraneo segno di disperazione e di ricerca di speranza da una parte, segno di inciviltà e disumanità dalla nostra parte, davvero una crudeltà inammissibile di cui è un segno inqualificabile, perché dire vergognoso è troppo poco, l’e liminazione delle barche degli immigrati che si avvicinano alle coste italiane che avviene per gioco sulla pagina ufficiale della Lega Nord nel social net work. Un disumanità crescente che deve tutti interrogarci.

Demagogia, populismo, strumentalizzazione dei problemi a proprio vantaggio non possano certo coprire la realtà: un miliardo e 200 milioni di persone affamate nel mondo, 100 milioni in più del 2008. Di esse 265 milioni sono nell’Africa subsahariana, 42 milioni nel vicino Oriente e nell’Africa del Nord. E le decisioni politiche del nostro paese? Taglio ai fondi per la cooperazione, respingimenti delle persone e totale disinteresse per il loro futuro.

E le Frecce Tricolori? Esprimo il mio rispetto umano per i piloti e le migliaia di spettatori che si aggregano per ammirarle ed applaudirle. Sinceramente nessuna ostilità, ma un modo, di sentire diverso, di dissentire.

La mia personale e poi pubblica riflessione riguardo alla presenza della pattuglia acrobatica e alle sue esibizioni è stata sollecitata dalla tragedia di Ramstein, 28 agosto nel 1988, da quei 67 morti, oltre a tre piloti, dai tanti feriti. Ho cercato allora e anche successivamente di rapportare alcune dimensioni per poter leggere e decodificare un fenomeno: l’addestramento e l’abilità dei piloti, lo spettacolo, il simbolismo della Pattuglia considerando che si tratta di aerei dell’aeronautica militare; la valenza “ patriottica” della Pan, fino ad essere considerata un’immagine promozionale dell’Italia, nella stessa Italia e nel mondo, anche con accostamenti a messaggi e iniziative di solidarietà.

Il consenso e il successo così ampi sembrano minimizzare fino all’i rrilevanza le proteste che da anni sollevano le popolazioni che vivono in un vasto territorio attorno alla base di Rivolto, soprattutto per i danni acustici ed ambientali, uniti ai costi; ed egualmente sembrano minimizzare, fino all’irrilevanza, la sensibilità ed i pensieri di dissenso: ricordo, ad esempio, una veglia di riflessione davanti alla base alla vigilia di un air- show; eravamo in trenta persone, fra cui anche pre Toni Bellina, a confronto con le decine di migliaia che si sarebbero riunite il giorno dopo. Ma proprio per questo ritengo molto importante continuare ad esprimere la propria opinione, anche ora nel silenzio pressoché totale, per quanto riguarda la presenzia della Pan in Libia. Gli aerei nei cieli suscitano attenzione e ammirazione.

È così vero che mai dimenticherò, la prima giornata dei bombardamenti sulle regioni della ex – Jugoslavia quando nei prati attorno alla base Usaf di Aviano dalla quale decollavano due a due i cacciabombardieri, si contavano 25 mila persone. Gli studiosi di questi fenomeni indagando le dinamiche psicologiche parlavano allora di “turismo di guerra”. Non intendo certo accostare a quella situazione terribile le Frecce Tricolori, ma evidenziare come qualsiasi spettacolo che pretenda di essere tale o che le persone ritengano tale, rischia di far dimenticare tutti gli aspetti, anche eticamente discutibili o condannabili che li compongono.

Non si può dimenticare che la Pan è una pattuglia dell’Aeronautica Militare; i suoi spettacoli possono favorire l’accettazione dell’a pparato industriale – tecnologico – militare; gli investimenti per produrlo e utilizzarlo, ad esempio anche per realizzare il centinaio di cacciabombardieri F35, anch’essi poi da ammirare, quando magari,come spesso è già avvenuto per altri aerei da combattimento come gli F16, qualche esemplare si esibirà in certi air – show, anche con le Frecce Tricolori.
È più facile dopo l’ammirazione e gli applausi accettare lo stanziamento, che già troppe persone subiscono passivamente, di 14 miliardi di euro per la loro realizzazione, senza riflettere a quel punto quali opere in Italia e in qualche parte del mondo si potrebbero realizzare con quell’investimento. Riguardo alla rappresentatività nazionale perché non riferirsi molto di più a operai, scienziati, ricercatori, insegnanti, medici, infermieri, donne e uomini delle forze dell’ordine, volontari che ogni giorno rendono umano questo Paese, nonostante, a volte proprio a dispetto di prepotenze, falsità corruzioni, banalità, grossolanità?

Vorrei incontrare i piloti a dialogare con loro su questi aspetti, magari in un incontro pubblico nella sala del nostro Centro Balducci. E da rettificare quella la posizione di impossibile neutralità che mi è stata attribuita nell’articolo del 13 agosto. Non riesco a condividere questo spettacolo né il simbolismo che pretende di esprimere. Sono da considerare anche i luoghi delle esibizioni perché non sono neutrali rispetto alla dignità delle persone e ai diritti umani. E allora se non applaudo alle esibizioni sono ancor più contrario a quella del 1° settembre sui cieli della Libia.

Chiediamoci sinceramente, pur da posizioni diverse: chi ha chiesto la presenza della Pan a Tripoli? O prima ancora chi la invia? E quali sono le motivazioni e i fini veri? Chi guarderà lo spettacolo e con quali effetti? Le Frecce Tricolori non diventano forse uno strumento in mano agli stessi protagonisti più che discutibile della visita di Gheddafi a Roma? Quali invece le ricadute economiche e per chi in particolare? Quali sarebbero gli impegni bilaterali se continuano queste stragi nel mar Mediterraneo?

Il mare che le Frecce Tricolori attraverseranno per raggiungere la Libia è diventato in questi anni un enorme cimitero con le ultime vittime di questi giorni coprendo con le sue acque circa 13 mila vittime negli ultimi 10 anni: donne, bambini, uomini; partite proprio, dentro al traffico degli esseri umani, dalle coste della Libia. Verso quella costa si è attuata una delle decisioni politiche più crudeli di questi ultimi anni, con il respingimento di due barche piene di disperati in cerca della salvezza, propagandato in modo demagogico e indegno come decisione di fermezza nel contrasto all’immigrazione irregolare.

Dalla testimonianza diretta anche delle ospiti e degli ospiti del Centro Balducci si sa con certezza che in Libia si attua una violazione sistematica dei diritti umani, con incarcerazioni, pestaggi, violenza sulle donne, continua richiesta di denaro. Gli spettacoli non possono mai coprire le ingiustizie e le violenze, dovunque siano esibiti,meno ancora in situazioni di violazione dei diritti umani, di ingiustizia e di morte. Abbiamo bisogno di idealità, di dedizione, di impegno, di decisioni politiche serie per costruire giustizia e pace nelle nostre comunità locali e in quelle di tutto il Pianeta.

(Fonte: Messaggero Veneto)

lunedì 24 agosto 2009

23 AGOSTO 1939


Ricorrevano ieri, 23 agosto, i settant’anni dalla firma del patto Molotov-Ribbentrop. In quel giorno, infatti, Stalin, con un netto voltafaccia, firmò un trattato di non belligeranza con il nazismo. La Cecoslovacchia era già stata occupata da Hitler, dopo il cedimento vergognoso delle democrazie occidentali a Monaco. Il primo settembre, le truppe naziste invadevano la Polonia, il 3 settembre le democrazie occidentali entravano in guerra. Il 17 dello stesso mese le truppe sovietiche si univano a quelle tedesche nell’invasione della Polonia. Per i militanti antifascisti di quegli anni, per i comunisti che si battevano contro il fascismo e il nazismo, questa alleanza fu un tradimento terribile. Per l’Europa fu la catastrofe. La memoria dell’alleanza fra Unione Sovietica e Germania nazista è stata per molti decenni rimossa dalla coscienza europea, per chiari motivi politici ma in parte anche perché offuscata dal contributo dato dall’URSS alla vittoria sul nazismo. L’URSS non esiste più da molto tempo, è ora di ripensare anche a questa storia. Una proposta di risoluzione al Parlamento Europeo chiede che il 23 agosto sia considerata in Europa una giornata comune della coscienza europea e il totalitarismo. Può essere un’occasione per riflettere finalmente senza reticenze e senza pregiudizi su tutti i totalitarismi del nostro terribile Novecento.

Anna Foa, storica

venerdì 21 agosto 2009

SPERANZA


E così, alla fine, gli afgani sono andati in molti a votare, nonostante le minacce dei talebani e gli attentati. In particolare le donne, le più minacciate. Le vediamo nelle foto, donne in burka e donne coperte solo dal velo, con il viso completamente scoperto, tutte insieme in fila ai seggi. Donne che esibiscono alto davanti al fotografo il dito macchiato di inchiostro indelebile, lo stesso dito che i talebani hanno minacciato di tagliare a quanti fossero andati a votare. Donne a viso scoperto dallo sguardo diretto e orgoglioso, o coperte dal burka, che copre loro il volto e lo sguardo ma non l’orgoglio del gesto. Nell’Afghanistan martoriato e tribale, ci vorrà forse molto tempo, ma alla fine la salvezza verrà dalle donne, da queste o dalle loro figlie e nipoti.

Anna Foa, storica

sabato 15 agosto 2009

AUNG SAN SUU KYI


MOBILITAZIONE

questi sono gli indirizzi mail di tutte le ambasciate del Myanmar in giro per il mondo:

voici les adresse mail de toutes les ambassade du Myanmar dans le monde:

these are the mail adress of the ambassy of Myanmar around the world:

euompta@yanemb.sa.net
mepretoria@lantic.net
emb.my.berlin@t-online.de
memblondon@asl.com
Mecanberra@bigpond.com
mynembdk@dhaka.net
mynembdk@siriusbb.com
mynembdk@dhaka.net
mebrsl@brnet.com.br
myanmar@brunet.bn
meott@magma.ca
meott@rogers.com
M.E.PHNOMPENH@bigpond.com.kh
Myanmare@ppp.kornet.net
me-paris@wanadoo.fr
myancghk@biznetvigator.com
Myandeli@nda.vsnl.net.in
myanmar@cbn.net.id
teltaman@aquanet.co.il
meroma@tiscalinet.it
contact@myanmar-embassy-tokyo.net
mev@loxinfo.co.th
mekl@tm.net.my
emb@myanmar.wlink.com.np
meisb@isb.comsats.net.pk
memnl@mindgate.net
ambassador@mesingapore.con.sg
mmembcmb@eureka.lk
mebkk@asianet.co.th
myan.emb@fpt.vn
mebel@eunet.yu
mebel@sezampro.yu
thuriya@aol.com








questo è il testo:


ça, c'est le texte:


this is the text:

Messieurs,

des quelques façon d'imager un pays, certaines lui apporte propérité et font rayonner le nom de leurs dirigeants. D'autres encore passent sans faire de bruit et défient l'immobilisme.

Et puis, il y a vous, Le Myanmar, dont le nom glisse dangereusement dans les tiroirs de la honte, dont les dirigeants risquent de subir l'affront de l'opprobre de leur nom.

Votre ex-Birmanie ne peut se cacher.

Libre à vous de n'avoir que cette ambition, mais une femme d'exception chez nous aura dit :"Le tombeau des héros est dans le coeur des vivants"

L'inverse est vraie en votre cas, car pour Aung San Suu Kyi, la lumière lui est promise, nous semble t-il.

De grands dirigeants ont su s'amender, qu'en sera t-il de vous ?

En libérant Aung San Suu Kyi, une marche en avant pour permettre de faire du Myanmar autre chose qu'une tache grise sur la carte des enfants sages...

Cordialement


Freedom for Aung San Suu Kyi !

(Fonte:il dito nell'occhio ... il naso nell'orecchio ... la polvere sotto il tappeto)

ADNAN HAJIZADE and EMIN MILLI ABDULLAYEV


In carcere da oltre due mesi accusati dal Presidente Ilham Aliyev di "teppismo" senza la possibilità di incontrare i familiari. Adnan Hajizade e Emil Milli Abdullayev video-blogger detenuti in attesa di processo in Azerbaijan si sono visti respingere la richiesta di appello contro la violazione della presunzione d'innocenza. La seduta del tribunale è avvenuta a porte chiuse.
Una sentenza già scritta?

venerdì 14 agosto 2009

DIRITTI VIOLATI

Ritratti di donne: Aung San Suu Kyi, il premio Nobel per la pace, condannata in Birmania a 18 mesi, il bel volto affilato sui manifesti di mezzo mondo. L’attivista di una ONG, Zarema Sadulayeva, assassinata con il marito a Grozny. Clotilde Reiss, giovane studiosa francese innamorata della cultura iraniana, “confessa” in aula le sue colpe, nel più perfetto stile sovietico, il volto pallido stretto nel foulard. E non dimentichiamoci la ragazza sedicenne assassinata dallo zio in Giordania perché, violentata dai cugini, era ormai “disonorata”. Di lei, i giornali non riportano il volto, quasi a sottolineare che è solo una tra tante. Donne in guerra, guerre dichiarate o non dichiarate.

Anna Foa, storica

martedì 11 agosto 2009

ASSASSINATI


A meno di un mese dal rapimento e dall’uccisione di Natalja Estemirova, collaboratrice dell’ong russa Memorial, altri due attivisti per i diritti umani sono stati assassinati in Cecenia

Due attivisti per i diritti umani rapiti il 10 agosto scorso in Cecenia sono stati trovati uccisi ad un giorno dalla scomparsa, alla periferia della capitale Grozny dentro il bagagliaio della loro auto.

Si tratta di Zarema Sadulayeva e suo marito Alik Djibralov, impegnati da anni nell'organizzazione non governativa “Let’s save the Generation”.

Aleksandr Cerkasov, dirigente della ong Memorial, cui apparteneva anche la giornalista Natalja Estemirova rapita e uccisa anch'essa in Cecenia il 15 luglio scorso, ha dichiarato che uomini armati, tre dei quali in divisa nera, hanno fatto irruzione alle 14.00 nella sede dell'organizzazione "Let’s save the Generation" e costretto Sadulayeva e il marito a seguirli. Dopo un po' sono tornati prendendo il loro telefono cellulare e la macchina.

Il ministero degli Affari Interni della Cecenia ha fatto sapere che i corpi di Zarema Sadulayeva e di suo marito Djibralov sono stati ritrovati con diverse ferite da arma da fuoco presso il villaggio di Cernorece alla periferia della capitale cecena.

Secondo un funzionario di polizia, “la ragione degli omicidi è da ricercare tra chi ha interesse a destabilizzare e screditare la leadership della Repubblica e delle forze di polizia, così come è stato per l'omicidio della collaboratrice di Memorial, Natalja Estemirova”.

Per alcuni attivisti impegnati nelle attività umanitarie delle ONG che operano in Cecenia questi omicidi sono un grave segnale di come la situazione dei diritti umani nel paese si stia rapidamente deteriorando.

Sulle pagine di Caucasian Knot, centro di informazione sostenuto dall'organizzazione internazionale per i diritti umani Memorial, trovano spazio diverse interpretazioni per l'aumento della tensione nella regione: osservatori locali ritengono che “dietro a questi omicidi possa esserci effettivamente una forza che ha interesse a screditare il presidente ceceno Ramzan Kadyrov”.

Secondo un'altra prospettiva invece, Zarema Sadulaeva e suo marito, così come precedentemente Natalja Estemirova, sono state le vittime di apparati autoritari e scopo di questi omicidi è intimidire le organizzazioni per i diritti umani e la società civile, dissuadendo dalle possibili denunce rispetto a ciò che accade nel paese.

L'organizzazione “Let’s save the Generation” per cui lavoravano Zarema e il marito, nata nel 2001, ha come principale obiettivo quello di aiutare i bambini disabili, orfani e appartenenti a famiglie povere. La maggior parte dei bambini assistiti sono vittime di mine e altri ordigni esplosivi. “Let’s save the Generation” ha lavorato con Amnesty International e con l'Unicef.

Proprio Zarema Sadulaeva aveva collaborato con Landmine Monitor per i report sulla drammatica situazione delle vittime di mine in Cecenia.

(Fonte: Osservatorio Caucaso)

domenica 2 agosto 2009

Ru486


Cappato: "brutta notizia per i fanatici dell'aborto chirurgico"

Da una quarantina d'anni i Radicali sono riusciti a governare il problema aborto attraverso la strada della legalizzazione e del controllo. Quello che ancora rimane da fare riguarda l'informazione sessuale e la contraccezione, oltre alla lotta contro l'imposizione di coscienza praticata dai falsi obiettori in giro per la penisola.

La possibilità di utilizzare anche in Italia la pillola RU486 arriva dopo anni di lotta del ginecologo radicale Silvio Viale, e rappresenta finalmente l'equiparazione delle donne italiane a quelli dei Paesi civili nei quali la pillola RU486 è utilizzata da molti anni. L'atto dovuto con il quale l'AIFA dà il via libera al farmaco sarà certamente boicottato dal regime clericale che detta legge in molti ospedali italiani. Come Radicali dell'associazione Luca Coscioni vigileremo denunciando ogni scorrettezza che ci sarà segnalata. Certamente oggi è una brutta notizia per i fanatici dell'aborto chirurgico, quelli che preferiscono l'intervento perché "non banalizzante", ben felici di farne pagare il prezzo alle donne che hanno deciso di abortire.

Dichiarazione di Marco Cappato, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni